sabato 4 novembre 2023

Il potenziamento navale giapponese

Articolo pubblicato dalla rivista "Panorama Difesa". Cfr. Cristiano Martorella, Il potenziamento navale giapponese, in "Panorama Difesa", n. 434, anno XLI, novembre 2023, pp. 70-75.  

 

Il potenziamento navale giapponese 

L'importanza del potenziamento navale del Giappone e la crescita del suo arsenale missilistico non è stata ancora ben compresa, tuttavia ciò comporta delle implicazioni enormi che non possono essere ignorate ed è giusto conoscere. 

di Cristiano Martorella 


Quando nel 2012 si infiammò la disputa per le Senkaku, cinque minuscole isole controllate dal Giappone, ma rivendicate dalla Cina sulla base di risibili motivazioni, la stampa e gli altri media italiani sposarono acriticamente le ricostruzioni della propaganda di Pechino, attribuendo essenzialmente le cause dello scontro all'eccessivo e fanatico nazionalismo giapponese, come se l'integrità territoriale del proprio paese non fosse una legittima preoccupazione. Dopo qualche tempo, come accade spesso, la superficialità della comunicazione dei media portò a dimenticare molto presto la questione, che invece aveva assunto uno spazio rilevante nella politica e nell'opinione pubblica in Giappone. Il governo nipponico infatti prese in considerazione molto seriamente la situazione, e attuò provvedimenti drastici per impedire qualsiasi appropriazione illecita dei propri territori. Sull'isola di Ishigaki, che dista soltanto 150 km dalle contese Senkaku, è stata costruita una base militare che ha il compito di ospitare la 303rd Surface-to-Ship Missile Company (Dai 303 chitaikan misairu chutai) dotata dei potenti missili antinave Mitsubishi Type 12 in grado di colpire un bersaglio a 250 km. Ciò significa che il mare intorno alle isole Senkaku è stato completamente precluso all'attività delle navi da guerra cinesi, e così si impedisce che venga effettuata qualsiasi operazione navale ostile contro il paese del Sol Levante. Inoltre sono state rafforzate le difese sulle isole dell'arcipelago delle Ryukyu, piazzando batterie di missili antiaerei Type 03 Chu-SAM e antinave Type 12, in particolare a Miyako, Ishigaki e Amami Oshima, creando una poderosa A2/AD (Anti-Access/Area Denial) per impedirne l'accesso e precludere l'area. Se ciò non bastasse è stata formata una Brigata Anfibia, ufficialmente denominata Amphibious Rapid Deployment Brigade (in giapponese Suirikukidodan) composta da tre reggimenti, cinque battaglioni specializzati, e una compagnia per le comunicazioni, equipaggiati adeguatamente con mezzi efficienti come i veicoli anfibi AAV7A1 (Assault Amphibious Vehicle) e armi potenti e polivalenti come i missili Chu-MMP (Middle range Multi-Purpose Missile). Queste realizzazioni costituiscono un cambiamento paradigmatico degli equilibri in Asia, perché il Giappone passa così da una difesa statica, limitata a una Basic Defense Force (Kibanteki boei ryoku), a una difesa dinamica integrata fondata sul concetto di Dynamic Joint Force (Togo kido boei ryoku), che rappresenta una rivoluzione nella postura della sicurezza dell'arcipelago. Geograficamente il Giappone impedisce alla Cina l'accesso all'Oceano Pacifico, in maniera fisica ineludibile, e ciò determina la frustrazione di Pechino che non potrà mai realizzare i suoi sogni di egemonia finché la situazione rimarrà condizionata in tal guisa. 


Il modello sbagliato

Spesso si compiono gli errori più gravi perché si possiede una visione non adeguata e non corrispondente alla realtà che si intende analizzare, e ciò avviene molto più frequentemente di quanto si creda. Questa difficoltà riguarda anche la Cina che è un paese distante, non soltanto fisicamente, ma soprattutto culturalmente. Recentemente si è affermato un modello che propone un dualismo fra Cina e Stati Uniti, in una rivalità e contrapposizione bipolare che ricorda molto precisamente la Guerra Fredda (1947-1991), e lo scontro con il blocco guidato dall'Unione Sovietica. L'autore che ha meglio interpretato questa visione è stato il politologo Graham Allison che ha coniato l'espressione "trappola di Tucidide" per descrivere l'inevitabile sontro fra Cina e Stati Uniti. Nell'antichità una nuova potenza emergente, rappresentata da Atene, minacciò l'esistenza di una potenza egemone già consolidata, la città di Sparta, cercando di sostituirla. La paura degli spartani che temevano di essere superati e battuti condusse appunto alla Guerra del Peloponneso, così come ci narra lo storico Tucidide. Il difetto del modello dualistico di Graham Allison risiede nell'aver delimitato e ristretto in maniera semplicistica la questione. La Cina non può essere considerata una potenza egemone perché non solo non lo è nel mondo, nonostante le sue ambizioni, ma non lo è nemmeno in Estremo Oriente dove viene contrastata e contenuta da altre potenze, fra le quali spiccano il Giappone e l'India. Prima di potersi confrontare con gli Stati Uniti, la Cina dovrebbe sbarazzarsi dei suoi rivali in Asia, ma è ben lontana dal poterlo fare. Non c'è dubbio inoltre che ci sia un'eccessiva sottovalutazione delle potenzialità del Giappone da parte degli analisti, nonostante sia risaputo che il paese del Sol Levante è tuttora la terza potenza economica mondiale, e nel ranking delle potenze militari è ormai classificato al quinto posto. Tuttavia chi ha dimestichezza dell'argomento non si sorprende di ciò, perché si può tranquillamente dire che la sottovalutazione del Giappone è un luogo comune divenuto classico. Infatti, ritornando indietro nel tempo, ricordiamo come dopo l'attacco proditorio a Pearl Harbor, l'intelligence americana si affrettò nel denunciare l'errore di aver sottovalutato le capacità industriali e militari del Giappone, e produsse perfino alcuni interessanti documentari per correggere questo punto di vista. Dunque, questo pregiudizio è davvero molto diffuso, ed è storicamente riconosciuto, come abbiamo appena evidenziato. Per spiegare questo atteggiamento bisogna conoscere adeguatamente la cultura giapponese che è davvero ricchissima con una produzione artistica straordinaria e un vivace mondo dell'intrattenimento. Si tende perciò a confondere questo apparente "paese dei balocchi" con il mondo più vasto della nazione ignorandone la realtà piuù complessa e sfaccettata, senza conoscere materie e discipline tediose, ma comunque importanti, come la politica e l'economia, e ovviamente la difesa. 


La potenza marittima 

Nel suo discorso al XVIII Congresso del Partito Comunista Cinese, l'8 novembre 2012, l'allora segretario Hu Jintao affermò che la potenza militare cinese avrebbe dovuto diventare egemonica, tanto da controllare anche i mari, e trasformando la Cina in una potenza marittima. Ciò corrispondeva pienamente alle ambizioni che da tempo erano maturate negli ambienti militari e politici, e che erano state ben espresse dall'ammiraglio Liu Huaqing (1916-2011), un fiero sostenitore dell'espansionismo cinese. Secondo Liu Huaqing entro il 2010 la Cina avrebbe dovuto ottenere il controllo della prima catena di isole, formate da Giappone, l'arcipelago delle Ryukyu, Taiwan, le Filippine e il Borneo, ed entro il 2020 della seconda catena di isole composte da Bonin, Marianne, Guam e Palau. Come risulta evidente questo piano non è stato realizzato nei tempi previsti, e ci sono delle ragioni precise che ci indicano come potrebbe non essere mai concretizzato. La questione fondamentale è però che non si diviene una potenza marittima semplicemente costruendo tante navi, come invece crede la leadership cinese, ma serve una dottrina, le capacità operative, l'addestramento, e soprattutto esperienza e tradizione. In tal senso in Estremo Oriente esiste già una potenza marittima che vanta una storia di grande rilievo, ed è il Giappone. Le origini della potenza marittima del paese del Sol Levante risalgono al XIX secolo, quando i feudi di Satsuma e Choshu furono i promotori e artefici della Restaurazione Imperiale (1868), e fautori della formazione delle Forze Armate. Choshu fu responsabile dell'organizzazione dell'Esercito Imperiale nel 1871, mentre Satsuma nel 1872 formò la Marina Imperiale, e ciò provocò una divisione e rivalità che consisteva anche in diverse visioni politiche e strategie opposte. La storia della Marina Imperiale è interessante, e risale addirittura alla metà del XIX secolo, quando fu stretta un'alleanza militare con il Regno Unito. Si tratta di una storia interessante e curiosa, che rivela anche alcuni aspetti tipici della mentalità giapponese, e merita perciò un doveroso approfondimento in proposito. Nel 1862 accadde un grave avvenimento, noto come incidente di Namamugi, che vide coinvolti quattro cittadini britannici colpevoli di aver mancato di rispetto al reggente del signore del feudo di Satsuma. Nello scontro morì un mercante londinese, Charles Richardson, e ciò provocò la richiesta di un risarcimento danni che fu accolto dal governo giapponese (bakufu), ma rifiutata dal feudo di Satsuma. Come ritorsione, il 15-17 agosto 1863, la flotta inglese guidata dall'ammiraglio Augustus Leopold Kuper bombardò la città fortezza di Kagoshima. Sorprendentemente dopo lo scontro, che si concluse con un accordo sulla somma da pagare, gli inglesi e il feudo di Satsuma iniziarono a collaborare. Infatti, durante la battaglia emerse la notevole preparazione dei giapponesi nell'uso delle batterie di cannoni, evidenziando come i rapporti con l'Occidente avessero permesso di impossessarsi dell'avanzata tecnologia delle armi da fuoco. Nel corso della guerra di Boshin (1868-1869), che oppose le forze fedeli allo shogun a quelle a sostegno dell'imperatore, gli inglesi appoggiarono apertamente il feudo di Satsuma, che era schierato a favore della Restaurazione Imperiale. Questa situazione portò successivamente a un più forte avvicinamento fra i due paesi, che il 30 gennaio 1902 firmarono a Londra il trattato di Alleanza anglo-giapponese (Nichiei domei), rinnovato nel 1905 e nel 1911, e decaduto soltanto nel 1923, che ebbe notevoli conseguenze dal punto di vista politico e militare. Fino dal periodo della collaborazione con il feudo di Satsuma, gli inglesi addestrarono i giapponesi alle tecniche di combattimento navale più moderne e avanzate, e i risultati si videro molto presto. Il Giappone vinse due guerre grazie alle formidabili vittorie sul mare, infatti con la battaglia dello Yalu si aggiudicò il successo nella Prima guerra sino-giapponese (1894-1895), e con la battaglia di Tsushima sconfisse la Russia zarista nella Guerra russo-giapponese (1905-1905). Gli inglesi introdussero in Giappone anche le tecnologie militari più rivoluzionarie, come le navi da battaglia del tipo dreadnought, i nuovi modelli di cacciatorpediniere, il siluro e l'aeroplano, e soprattutto le innovative portaerei. I giapponesi divennero maestri in queste tecnologie, tanto da nutrire enormi ambizioni e arrivare all'impressionante espansionismo militare che portò all'occupazione di gran parte dell'Asia Orientale, e fu fermato soltanto dalla forza degli Stati Uniti. 


Il potenziamento della flotta

Tuttavia ciò che più ci interessa non è il glorioso passato della Marina giapponese, piuttosto è quanto sta realizzando attualmente nonostante una certa indifferenza e sottovalutazione della reale portata di questo riarmo. In verità i programmi di potenziamento della flotta nipponica sono davvero impressionanti, e continuamente aggiornati e rivisti, con nuove iniziative che rilanciano e rinvigoriscono i piani di riarmamento. Un esempio clamoroso è fornito dalla recente decisione di investire ulteriormente sul rafforzamento del programma 30FFM, costituito dalle avanzatissime fregate di nuova generazione della classe Mogami. Il 25 gennaio 2023 il governo ha annunciato che le previste 22 navi della classe Mogami sarebbero state ridotte a 12, e le restanti sostituite da un nuovo modello di fregata più grande chiamata "Shingata FFM" (Nuovo modello di FFM). Il 31 agosto è sta comunicata la decisione di aumentare il numero di queste nuove unità a 12, portando il numero totale di fregate a 24. Le Shingata FFM avranno un dislocamento standard di 4.880 tonnellate, e una lunghezza di 142 metri, ossia 1.000 tonnellate e 9 metri in più rispetto alle Mogami, e saranno decisamente più simili ai cacciatorpediniere per potenza di fuoco e dislocamento. Si prevede che l'ingrandimento permetterà di alloggiare un maggior numero di celle del lanciatore verticale, comprendendo fra le armi imbarcate anche la nuova tipologia di missili sviluppata dal Giappone, fra cui il cosiddetto "Seino kojo gata" (Modello con capacità superiori), un missile completamente nuovo derivato dal Type 12 con caratteristiche innovative e gittata fra 900 e 1.500 km, con la capacità di colpire navi e bersagli terrestri indifferentemente. Altre importanti novità provengono dal Defense Build-up Program, documento approvato il 16 dicembre 2022, che costituisce una pietra miliare nella storia del Giappone, prevedendo una crescita degli armamenti senza precedenti e programmi decisamente ambiziosi. Una dettagliata analisi mostra aspetti che erano inizialmente sfuggiti, come la decisione di costruire altri 2 cacciatorpediniere Aegis simili alla classe Maya, oltre alle 2 navi chiamate Aegis System Equipped Vessel (ASEV), e ciò porterà a un totale di ben 12 navi Aegis operative. I cacciatorpediniere lanciamissili (DDG) avranno un dislocamento di circa 10.000 tonnellate, e riprenderanno le soluzioni ingegneristiche delle precedenti navi. Invece gli Aegis System Equipped Vessel (in giapponese Aegis System tosai kan) saranno simili a incrociatori, con un dislocamento di 20.000 tonnellate, lunghezza di 210 metri, e larghezza di 40 metri, quindi in grado di ospitare una gran quantità di armi.Nonostante la definizione di BMD Ship (Ballistic Missile Defense Ship), queste navi non avranno soltanto funzioni difensive, grazie ai missili SM-6 e SM-3 Block IIA, ma spiccheranno per le capacità offensive potendo imbarcare missili cruise, come gli RGM-109 Tomahawk e il nuovo missile giapponese "Seino kojo gata" derivato dal Type 12, e altri armamenti che non sono stati ancora rivelati. Per quanto riguarda le fregate Mogami e le successive unità potenziate, avranno un ruolo fondamentale nella flotta, potendo svolgere missioni HK/SAG (Hunter-Killer/Surface Action Group), ossia la caccia ai sottomarini e il contrasto alle unità navali in superficie. Inoltre, grazie al nuovo missile Type 17 (SSM-2), dotato di guida satellitare GPS e capace quindi di colpire con precisione anche obiettivi terrestri, queste fregate possono compiere azioni di strike e attaccare bersagli posti sulla terra. Una capacità che prima era preclusa alla JMSDF (Japan Maritime Self-Defense Force), ma che adesso non è più un tabù a causa delle crescenti tensioni nella regione dell'Indo-Pacifico. Sorprendente è infine il potenziamento delle portaerei della classe Izumo, che sono da tempo sottoposte a lavori di trasformazione, con l'ingrandimento del ponte di volo e altre modifiche che ne faranno unità decisamente efficienti e poderose. Infatti, la possibilità di imbarcare i cacciabombardieri stealth Lockheed Martin F-35B costituisce un punto di forza difficilmente uguagliabile, se si considerano le capacità di questi avanzatissimi velivoli. Insieme a questo atout, c'è anche il miglioramento delle funzionalità degli elicotteri antisom, con la nuova versione Mitsubishi SH-60L dotata di un multistatic sonar che combina i dati ricevuti da diverse fonti, e l'impiego dei nuovi siluri Type 12 ancora più micidiali.  


Le capacità offensive

L'altro aspetto cruciale che rende il Giappone determinante in questo scenario, è il mutato atteggiamento che ormai non si basa più su una politica puramente difensiva (senshu boei), ma sul concetto di "capacità di contrattacco" (hangeki noriki), e "attacco alla base nemica" (teki kichi kogeki). Per realizzare questa strategia offensiva sono necessarie armi capaci di colpire in profondità il territorio nemico, e valutando che gli avversari presi in considerazione sono la Cina e la Corea del Nord, è evidente che i missili cruise hanno una gittata sufficiente per questo scopo, vantando inoltre una notevole flessibilità di impiego e versatilità. Il Ministero della Difesa giapponese intende perciò realizzare una serie di missili cruise di produzione nazionale, ma siccome ciò richiede un certo tempo e si intende rispondere alle minacce immediatamente, si è stabilito di acquistare missili cruise già disponibili sul mercato e di schierarli al più presto sui mezzi esistenti. La scelta è caduta sul missile RGM-109 Tomahawk nella versione Block VB, che dovrebbe essere schierato già a partire dal 2026, prevedendo di installarli sugli 8 cacciatorpediniere Aegis (classi Kongo, Atago, Maya) già in servizio, e sui 2 futuri incrociatori Aegis programmati. L'acquisto dovrebbe aggirarsi intorno a un numero di crica 400-500 missili, e parte dei finanziamenti sono stati già erogati nel budget per la Difesa del 2023. 

Per quanto riguarda invece i missili cruise di produzione nazionale, la situazione è molto articolata e considera una notevole varietà di progetti. Innanzitutto, come si è giàà detto, si prevede di ottenere un missile da crociera migliorando il missile antinave Mitsubishi Type 12, realizzando così un missile dual-use in grado di colpire sia obiettivi terrestri che navali, con capacità di lancio da lanciatori mobili, aerei, navi, e sottomarini. Attualmente questo missile è identificato semplicemente con il nome di "Modello con capacità superiori" (Seino kojo gata), e fra le sue caratteristiche ci sarà un design stealth per sfuggire ai radar e ali estensibili per prolungarne l'autonomia che dovrebbe raggiungere nella versione finale circa 1.500 km. Mitsubishi Heavy Industries ha indicato la fase di sviluppo dal 2021 al 2025, e una possibile entrata in servizio soltanto dopo il 2026. Anche Kawasaki Heavy Industries avrebbe presentato un'offerta per un altro missile cruise con gittata di 2.000 km, ma al momento il progetto non si è ancora concretizzato e rimane soltanto al livello di proposta. Ancora più interessanti sono i progetti dei missili ipersonici giapponesi che risultano davvero originali e sofisticati. Nel 2020 il Ministero della Difesa ha reso noto ufficialmente lo sviluppo di alcune armi ipersoniche a cui lavorava segretamente da tempo, e ciò ha suscitato un certo scalpore perché si ignoravano completamente questi progetti così ambiziosi. L'ATLA (Acquisition, Technology & Logistics Agency), l'agenzia del Ministero della Difesa che si occupa di acquisizioni e sviluppo tecnologico, ha comunicato che gli ingegneri nipponci sono al lavoro per la realizzazione di due modelli di missili ipersonici, chiamati rispettivamente Hypersonic Cruise Missile (HCM) e Hyper Velocity Gliding Projectile (HVGP). L'HCM è simile a un missile tradizionale, ma è dotato di propulsione basata su uno scramjet che permette elevate velocità ipersoniche e una gittata a lungo raggio. Invece, l'HVGP è fornito di un motore a razzo a combustibile solido, che poi si separa sganciandolo ad alta quota, e possiede sistemi di controllo basati su propulsori di manovra e una piccola deriva. Entrambe le armi potranno utilizzare due modelli di testate: una variante antinave chiamata Sea Buster, composta da due stadi di detonazione (carica cava anti-corazza e carica perforante principale), e una testata del tipo penetrante multipla o Multiple Explosively Formed Penetrator (MEFP), ad alta densità, costituita da una carica sagomata formata da proiettili autoforgianti che al momento dell'esplosione creano uno sciame di frammenti che colpiscono diversi obiettivi. Secondo le informazioni più recenti pubblicate dall'agenzia di stampa Kyodo News, il missile ipersonico HCM dovrebbe avere una gittata di ben 3.000 km , mentre il missile planante HVGP avrebbe un raggio d'azione di 2.000 km. Si stima che i prototipi saranno realizzati fra il 2024 e 2028, così che questi missili possano entrare in servizio nel 2030.


La politica e l'ideologia

Un altro aspetto estremamente sottovalutato è costituito dal fatto che il Giappone si oppone alla Cina non soltanto come potenza militare, ma anche ideologicamente e politicamente criticando il regime di Pechino sotto ogni punto di vista. Forse è bene ricordare che il Giappone è una democrazia liberale che mal sopporta il sistema politico cinese ispirato alle più retrive forme di comunismo autoritario, espressione antitetica di tutti i valori occidentali. La scelta politica del Giappone proviene da lontano, ed è stata maturata attraverso la riflessione filosofica ponderata e approfondita di intellettuali come Yukichi Fukuzawa, che hanno indicato le istituzioni liberali come le migliori per lo sviluppo di un paese. Il Giappone, attuando un vasto programma di riforme, è divenuto la prima democrazia in Asia, con un parlamento chiamato Dieta in vigore dal 1889, e il suffragio universale maschile adottato nel nel 1925. Come l'Italia e la Germania ha conosciuto una svolta autoritaria negli anni '30 e '40 del XX secolo, ma il superamento di questo periodo ha rafforzato la convinzione che il sistema democratico e le garanzie di diritti e libertà siano indispensabili per una società evoluta. A questo punto nessuno vuole riununciare a tutto questo per acconsentire alle manie di grandezza di qualche autocrate. Le ben radicate convinzioni pacifiste non costituiscono più un freno alle richieste di maggiore sicurezza, ed è evidente che soltanto una capacità militare adeguata alla minaccia può impedire l'aggressione al paese. Si percepisce chiaramente che ciò che viene messo in discussione non è soltanto il controllo di alcuni territori, ma l'intero ordine mondiale scaturito alla fine del conflitto mondiale, e con esso le regole che dovrebbero stabilire i rapporti fra nazioni. Il cosiddetto "nuovo ordine mondiale", proposto dalle autocrazie, si fonderebbe semplicemente sulla "legge del piuù forte", e le potenze più grandi detterebbero le loro condizioni, imponendo la loro volontà. La strategia del Giappone si basa quindi sulla cooperazione con gli altri paesi democratici, con una visione postitva del multilateralismo, ma anche sulla crescita militare indispensabile come risposta a queste minaccia.