sabato 26 agosto 2023

Il rinnovato concetto di potere navale in Asia

Articolo pubblicato dalla rivista "Panorama Difesa". Cfr. Cristiano Martorella, Il rinnovato concetto di potere navale in Asia, in "Panorama Difesa", n. 400, anno XXXVIII, ottobre 2020, pp.42-53.  



Il rinnovato concetto di potere navale in Asia 

Le potenze marittime, in particolare Stati Uniti, India e Giappone, stanno cambiando le loro strategie nell'ambito del controllo dell'Oceano Pacifico, sempre più minacciato dalle ambizioni egemoniche cinesi. 

di Cristiano Martorella 


Il 24 maggio 2020, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi dichiarò che Stati Uniti e Cina si trovavano ormai nella fase di una nuova Guerra Fredda a causa dell'escalation di tensioni fra i due paesi, e probabilmente questo deterioramento dei rapporti è destinato anche a peggiorare in futuro. Una affermazione così netta e chiara, da parte di un esponente politico e istituzionale tanto importante, sancisce in modo inequivocabile ciò che da tempo analisti e politologi ripetono. Lo scontro fra Pechino e Washington sembra inevitabile, e coinvolge tutte le dimensioni, incluse quelle politiche, sociali, culturali, economiche e militari, e non meno cruciale, se non addirittura fondamentale, il controllo dei mezzi di informazione. In questo contesto, il politologo che per primo ha cercato di definire la situazione è stato Graham Allison, che nel libro Destinati alla guerra del 2017 descrisse con preoccupazione il rischio di un possibile conflitto fra Stati Uniti e Cina. Graham Allison raffigurava brillantemente il dilemma coniando l'espressione "trappola di Tucidide", con la quale si indica la tendenza di una potenza dominante a ricorrere alla forza per contenere una potenza emergente (nell'esempio storico Atene e Sparta). La situazione descritta dal politologo americano è però rapidamente degenerata, e in questi anni si sta assistendo a un'accelerazione impressionante con modalità impreviste. Ovviamente se questo conflitto dovesse concretizzarsi materialmente, il luogo dove avverrebbe il confronto sarebbe innanzitutto l'Oceano Pacifico dove si fronteggiano le maggiori forze dei due contendenti, Stati uniti e Cina, con la presenza di altri attori regionali di grande importanza come India e Giappone, che svolgerebbero un ruolo di primissimo piano. Ma considerando il complesso quadro geografico, ci sarebbe anche un ampio coinvolgimento degli altri paesi dell'area, che non potrebbero essere esclusi dal conflitto a causa dei contenziosi territoriali avanzati dalla Cina, che riguardano quasi tutti i vicini, come Vietnam, Filippine, Taiwan, Brunei, Malaysia e Indonesia, e nemmeno si può escludere la parteciapazione dell'Australia che ha chiari interessi nella regione. Queste rivendicazioni sono alla base delle gravissime tensioni nell'Oceano Pacifico, provocate dalla pretesa di Pechino di porre sotto la propria sovranità il 90% del Mar Cinese Meridionale, secondo la cosiddetta "nine-dash line" (linea dei nove punti) che demarca, in maniera assolutamente arbitraria, un immenso tratto di mare che risulta essere all'interno delle acque territoriali di altri paesi. L'ampiezza dei contenziosi è così davvero impressionate per il numero dei paesi coinvolti e l'estensione di mare, ed è perciò utile una breve analisi in dettaglio dei punti caldi: la Repubblica Popolare Cinese pretende il possesso delle Paracel contese al Vietnam, le isole Spratly alle Filippine, il Vietnam, Taiwan, la Malaysia e il Brunei, le isole Pratas a Taiwan, lo Scarborough Shoal alle Filippine, e le isole Natuna all'Indonesia. Questi sono i contenziosi nel Mar Cinese Meridionale, ma non soddisfatta Pechino ha anche altre rivendicazioni, e così è in conflitto con la Corea del Sud per il Socotra Rick (in coreano Ieodo) nel Mar Giallo, e con il Giappone per le isole Senkaku nel Mar Cinese Orientale. Inoltre è sempre più esasperata la questione di Taiwan, che è de facto uno stato indipendente (le cui origini risalgono alla Repubblica Cinese, nota anche come Cina Nazionalista, proclamata nel 1912), ma viene considerata da Pechino come un territorio che deve ritornare sotto la propria sovranità, anche con l'uso della forza. Anche le tensioni sul continente sono gravi, perché vedono la Cina contendere all'India il Ladakh, parte del Kashmir, e l'Arunachal Pradesh, con esplicite richieste di immensi territori rivendicati come proprie regioni. Anche il Bhutan è coinvolto in un contenzioso con la Cina per il Doklam, e più in generale nella regione indiana del Sikkim. Questo quadro ci fa capire quanto sia sbagliato considerare il confronto fra Cina e Stati Uniti in maniera esclusiva, perché i paesi coinvolti sono molto di più, e costituiscono una situazione davvero difficile da comprendere perché estremamente intricata. La complessità di questo quadro viene putroppo molto semplificata da alcuni analisti con spiegazioni superficiali e lacunose che non colgono il punto cruciale della situazione, ovvero la molteplicità dei contenziosi fra la Cina e i suoi numerosi rivali. Ciò che sfugge. troppo spesso, è il fatto non trascurabile che nei mari rivendicati dalla Cina vivono milioni di persone che si vedono defraudate delle proprie risorse naturali, e non sarà certamente la prepotenza di chi si sente più forte a porre fine alla contesa, anzi ciò esaspererà la situazione fino a degenerare in maniera irreversibile. 

Questo fenomeno cognitivo che impedisce di vedere correttamente la complessità non è imputabile a una semplice carenza degli analisti, bensì è un processo sensoriale noto in psicologia come "change blindness" (la cecità al cambiamento), che avviene quando si è talmente concentrati su un unico aspetto da non vedere ciò che avviene intorno, anche quando è un grosso cambiamento. Nel nostro caso gli analisti sono così concentrati sullo scontro fra Stati Uniti e Cina, da dimenticare completamente gli altri paesi, e non vedere il loro costante e consistente riarmo, tanto da cambiare concretamente gli equilibri fra potenze. 


La rinascita dell'aeronavale giapponese

Lo scorso aprile sono cominciati i lavori di ristrutturazione della portaeromobili  Izumo presso i cantieri navali della Japan Marine United (JMU) a Isogo presso Yokohama. Come previsto la conversione in portaerei per imbarcare gli F-35B era iniziata nella primavera del 2020, ma la stampa ha pubblicato le prime immagini soltanto a giugno, mostrando le fotografie delle impalcature intorno alla torre, e lo smontaggio di alcune componenti come CIWS (Close-In Weapon System) e apparati elettronici che saranno cambiati, modificati e spostati. Queste immagini hanno un elevato valore simbolico perché mostrano il ritorno con forza della capacità aeronavale giapponese, e il crollo definitivo del tabù sul possesso delle portaerei. Insieme a queste fotografie sono apparse in precedenza le immagini dell'ottavo cacciatorpediniere Aegis, lo Haguro, partito da Yokohama il 23 giugno, e impegnato nelle prove in mare. Invece l'entrata in servizio del capoclasse Maya è avvenuta il 19 marzo 2020, ed è stato un evento altrettanto significativo, mostrando il pieno successo nella realizzazione dei cacciatorpediniere più potenti della JMSDF (Japan Maritime Self-Defense Force). Questi eventi dovrebbero dare un'idea della crescente forza della Marina del Sol Levante, ma ciò è solo la parte più appariscente di una flotta che sta conoscendo un incremento e potenziamento senza precedenti. A ciò si aggiunge la notizia del cambio di strategia del Ministero della Difesa (Boeisho), che ha rinunciato alle postazioni terrestri del sistema Aegis Ashore, e starebbe considerando un ulteriore aumento dei cacciatorpediniere Aegis, con un passaggio dagli 8 attualmente costruiti, ad almeno 10, e forse anche di più. Inoltre è prevista la realizzazione entro cinque anni di 10 fregate di nuova generazione chiamate 30FFM, e le prime due saranno varate alla fine del 2020. Entro il 2032 si prevede di costruire ben 22 fregate di questo modello, contribuendo alla sostituzione delle unità più piccole e anziane, come gli Abukuma e gli Asagiri. 

Un'analisi dettagliata e approfondita dei numeri di questa crescita della Marina nipponica fornisce un quadro impressionante che merita certamente grande attenzione. All'inizio del 2020 la JMSDF disponeva di 48 cacciatorpediniere, genericamente indicati col termine goeikan (nave scorta), e precisamente 4 portaelicotteri (DDH), 8 lanciamissili (DDG), 30 multiruolo (DD), e 6 di scorta (DE). Le portaelicotteri sono rappresentate dagli Hyuga e Izumo, i lanciamissili dagli Hatakaze, Kongo, Atago e Maya, i multiruolo dagli Hatsuyuki, Asagiri, Murasame, Takanami, Akizuki e Asahi, e i cacciatorpediniere di scorta dagli Abukuma. A queste unità vanno aggiunti i cacciatorpediniere utilizzati come nave scuola, che però conservano l'intero armamento e sono a tutti gli effetti navi da combattimento, e infatti vengono impiegati per il pattugliamento e le esercitazioni. Questi cacciatorpediniere sono inquadrati nel Training Squadron (Renshu kantai) con sede nella base navale di Kure, a cui si è recentemente aggiunto il 19 marzo 2020, anche lo Hatakaze, sostituito dal Maya nella Escort Flotilla 1 (Dai ichi goei taigun). Il Training Squadron è quindi composto dal cacciatorpediniere lanciamissili Hatakaze, dai multiruolo Shimayuki e Setoyuki, e la nave scuola Kashima. Contando anche queste navi, la JMSDF dispone quindi di 51 cacciatorpediniere, fra i quali molti sono di nuova generazione come gli Akizuki e Asahi, e gli Aegis delle classi Atago e Maya, ma anche gli altri hanno ottime prestazioni, come i moderni Murasame e Takanami. In proposito, i cacciatorpediniere multiruolo Murasame, Takanami, Akizuki e Asahi, sono armati con i missili superficie-aria RIM-162 Evolved Sea Sparrow (ESSM) che costituiscono un'eccellente difesa contro i missili antinave supersonici, raggiungendo una velociatà di oltre Mach 4, ed essendo perciò perfettamente in grado di intercettare questo tipo di minaccia. Inoltre, la nuova generazione di cacciatorpediniere Akizuki e Asahi sono dotati di sistemi radar FCS-3A, che sono potenti radar AESA (Active Electronically Scanned Array) al nitruro di gallio, capaci di fornire prestazioni impressionati. Si consideri che questo sistema è superiore all'Aegis per quanto riguarda la scoperta e l'identificazione dei bersagli, la quantità di dati elaborati e la potenza di calcolo, e il numero di missili che possono essere guidati contemporaneamente contro i bersagli. Le caratteristiche dello FCS-3A indicano che il suo raggio d'azione è di 220 km, e ha una capacità di inseguire più di 380 bersagli e di attaccarne contemporaneamente circa 60. I nuovi cacciatorpediniere lanciamissili Maya sono invece dotati dei missili RIM-174 ERAM (Extended Range Active Missile), meglio noti come SM-6, ultima evoluzione della famiglia Standard, realizzati per abbattere i missili balistici a medio raggio come i cinesi DF-21D e DF-26. Le unità della JMSDF hanno quindi una dotazione particolare di armi idonee a controllare lo spazio aereo, e grazie a radar particolarmente avanzati, sono decisamente capaci nell'interdire il cielo ai velivoli nemici, garantendo contemporaneamente anche la protezione dagli attacchi missilistici. Queste caratteristiche sono molto importanti nel contesto della strategia elaborata, come vedremo più avanti, ma c'è anche da segnalare nell'ambito dell'aeronavale, come la JMSDF disponga di una dotazione ragguardevole di aeroplani, idrovolanti ed elicotteri, che la rende certamente molto prestante nel controllo, non soltanto del mare, ma anche del cielo. Un caso particolare riguarda gli aerei da pattugliamento marittimo (in giapponese Taisenshokaiki, in inglese Maritime Patrol Aircraft) da sempre un'eccellenza della JMSDF, che svolgono oltre alle normali funzioni di ricognizione e lotta ai sottamarini, anche un ulteriore ruolo, avendo notevoli capacità di attacco in superficie con i missili antinave, aria-terra, e le bombe guidate. In quest'ultimo caso, sui giornali giapponesi si è molto discusso circa le qualità di bombardiere del nuovo pattugliatore Kawasaki P-1, arrivando addirittura a paragonarlo al bombardiere medio Mitsubishi G3M Nell, noto per le sue imprese durante l'ultima guerra, soprattutto per le sue doti straordinarie di lunga autonomia e buona capacità di carico. In effetti il Kawasaki P-1 ha caratteristiche che ne fanno un ottimo bombardiere, innanzitutto perché è dotato di sensori che permettono di identificare perfettamente il bersaglio, come il radar multifunzione Toshiba HPS-108 (lo stesso adottato sui cacciatorpediniere Asahi), con una portata di 370 km, e il sensore elettro-ottico Fujitsu HAQ-2 FLIR (Forward Looking Infra-Red). L'autonomia è di circa 8.000 km, con un raggio di combattimento di 2.500 km in configurazione armata, e un carico utile massimo di 9.000 kg, che comprende bombe a guida GPS, laser e infrarossa, missili aria-terra AGM-65 Maverick, missili antinave AGM-84 Harpoon e Mitsubishi ASM-1C. Inoltre è in fase di realizzazione un missile antinave specifico per il P-1, ricavato dal mitsubishi Type 17, con una gittata di oltre 300 km. 

Importantissimo è il ruolo che questa flotta aerea di pattugliatori marittimi svolge all'interno della strategia adottata dalla JMSDF, perché riprendendo il concetto della Air-Sea Battle elaborato dagli Stati Uniti, si intendono integrare le capacità di ricognizione, raccolta di informazioni, discriminazione dei bersagli, e controllo del tiro, in modo che i dati siano condivisi da piattaforme diverse e gli attacchi possano provenire da fonti differenti che comunicano fra loro. Questo sistema è chiamato Cooperative Engagement Capability (CEC), in giapponese Kyodokosennoryoku, ed è basato sul controllo di tiro integrato attraverso l'impiego di un sofisticato network-centric warfare, realizzato attraverso l'impiego di mezzi dotati di di sensori e apparati per l'elaborazione dei dati. Il Kawasaki P-1 è dotato di Link 16 e collegamento tattico MIDS-LVT (Multifunctional Information Distribution System- Low Volume Terminal) che permette lo scambio di informazioni con i caccia F-15J ed F-35, e gli aerei radar E-767, e di collaborare con le nuove unità navali fornite di CEC, come i cacciatorpediniere Atago e Maya, e le fregate 30FFM. Un esempio concreto può far comprendere l'utilità e l'effetto di moltiplicatore di forze del CEC. Un aereo in ricognizione, come un P-1, può identificare un bersaglio, comunicarne la posizione a un cacciatorpediniere che provvede a lanciare un missile guidato dal data-link, e attraverso le informazioni fornite dal ricognitore, arrivare a colpire il target anche se è fuori dalla portata dei sensori della nave. Ciò diventa estremamente vantaggioso nel caso di navi armate con missili a lungo raggio come gli SM-6, con la possibilità di un uso duale antiaereo e antinave, ma è utile anche con i meno prestanti SM-2, e micidiale con i nuovi missili antinave Type 17 che posseggono una gittata di oltre 300 km. 


Il concetto di Multidimensional Joint Defense Force

Il principio della Cooperative Engagement Capability (CEC), che è il pilastro della Naval Intgrated Fire Control - Counter Air (NIFC-CA) sviluppato dall'US Navy, ha influenzato tantissimo la strategia elaborata dalla JMSDF, ma l'idea di integrazione fra le forze armate sta diventando basilare in questi decenni che hanno visto l'elaborazione di complesse concezioni dell'impiego dello strumento militare. Il passaggio a questa idea nella dottrina è stato graduale, ma recentemente ha subito una drastica accelerazione a causa delle tensioni geopolitiche. 

Le National Defense Program Guidelines del 1976 prevedevano per il Giappone soltanto una Basic Defense Force (Kibanteki boei ryoku), ma nel 2010 l'esecutivo di Naoto Kan introdusse il concetto di Dynamic Defense Force (Doteki boei ryoku), a quel tempo assolutamente rivoluzionario per il paese del Sol Levante. Eppoi, le National Defense Program Guidelines del 2013, elaborate dal governo di Shinzo Abe, svilupparono il concetto ancora più ambizioso di Dynamic Joint Defense Force (Togo kido boei ryoku). Questa dottrina spinge fino all'estremo l'idea di elevata mobilità e azione congiunta tra forze terrestri, navali e aeree. Per la realizzazione di un simile obiettivo sono necesssari nuovi e differenti mezzi militari dotati di prestazioni particolari, e il completo rinnovamento delle procedure operative. Infine nelle National Defense Program Guidelines del 2018 si è ulteriormente elaborato il concetto con l'idea di una Multidimensional Joint Defense Force, ossia un sistema integrato di difesa che considera lo spazio cosmico e la dimensione cibernetica e informatica della rete come parti integranti delle forze di difesa terresti, navali e aeree. Per sostenere concretamente questa prospettiva, decisamente innovativa, si è provveduto alla creazione di un'unità spaziale chiamata Uchu sakusen tai (Space Operations Squadron), operativa dal maggio 2020. Ma il potere di controllo dello spazio non viene esercitato soltanto dalle basi spaziali, dai centri di comando, e dalle postazioni di antenne, ubicati in località sulla terraferma, al contrario, è diventato una pertinenza anche delle navi da combattimento che interagiscono con lo spazio in diversi modi, per esempio con il sistema di comunicazione satellitare, il sistema di navigazione, i sistemi di electronic warfare (EW) ed electronic support (ESM), di signals intelligence (SIGINT) ed electronics intelligence (ELINT), e infine con l'attività missilistica. In quest'ultimo caso, il missile SM-3 impiegato dalle navi Aegis, ha dimostrato di possedere capacità antisatellite quando il 14 febbraio 2008 ha abbattuto il satellite USA-193 che era in avaria. L'ultima versione denominata SM-3 Block IIA è in grado di raggiungere un'altitudine di 1.000 km, e ciò costituisce un dato decisamente impressionate che lo rende, a tutti gli effetti, una cosiddetta "arma spaziale". Ricordiamo inoltre che la JMSDF dispone di una propria rete satellitare chiamata Superbird, costituita da satelliti geostazionari, fra i quali anche il DSN-1 e DSN-2 prodotti da Mitsubishi Electric. Il lancio di questi satelliti è avvenuto utilizzando i vettori europei Ariane 4 e 5, e il giapponese H2A. Quest'ultimo è un ottimo razzo della vasta gamma di vettori nipponici a disposizione del paese, che garantiscono anche una certa autonomia nel settore spaziale. 

Il quadro che abbiamo raffigurato dovrebbe fornire una delucidazione su come le navi siano diventate molto di più che semplici mezzi galleggianti adatti alla navigazione, bensì costituiscano delle avanzate piattaforme mobili dotate delle tecnologie più sofisticate, con sensori e missili all'avanguardia, capaci di esercitare il controllo dello spazio aereo e oltre, arrivando fino all'esosfera (al di sopra dei 500 km). In conclusione, le navi da combattimento attuali hanno davvero realizzato l'integrazione del campo di battaglia, con l'unificazione di terra, mare e cielo, e sono effettivamente concepite per combattere una guerra multidimensionale. 


Strategie e battaglie

I luoghi, dove adesso si minacciano nuove battaglie, sono stati in passato lo scenario delle più cruenti battaglie navali della Seconda Guerra Mondiale, ed è perciò opportuno ricordare quali furono le strategie e gli scontri, perché ciò può fornire utili suggerimenti circa le modalità di un conflitto nell'Oceano Pacifico. Infatti, la Marina Imperiale del Giappone (Dai Nippon Teikoku Kaigun) e l'US Navy, insieme ad altri alleati come la Royal Navy e la Royal Australian Navy, furono impegnate in una complessa guerra che impiegò migliaia di mezzi su un'enorme vastita di mari e oceani, dal nord presso le isole Aleutine al sud fino all'Australia, dall'ovest nell'Oceano Indiano a est spingendosi fino alle coste della California. L'immensità del conflitto, per le difficoltà delle operazioni e la grandiosità degli epici scontri, fa apparire quasi ridicole le scaramucce nel Mar Cinese Meridionale (soprattutto se si considera che i cinesi posseggono soltano due portaerei ). All'inizio della guerra e fino al 1943, i giapponesi condussero operazioni offensive (shinko sakusen), per passare poi, a causa della carenza di mezzi, a operazioni difensive (yogeki sakusen). In questa fase iniziale della guerra, nello Stato maggiore della Marina Imperiale vi erano diverse opinioni sulle modalità con cui si sarebbe dovuto affrontare il nemico. Vi erano infatti due strategie, una ispirata al concetto di "battaglia decisiva fra flotte" (kantai kessen), e l'altra alla "strategia di riduzione graduale" (zengen sakusen). Il termine giapponese kessen è composto dalle parole ketsu (decisivo) e tatakai (combattimento), e indica quindi una battaglia decisiva con la quale si determinao le sorti della guerra. Il caso emblematico è la battaglia di Tsushima (27-28 maggio 1905), che portò alla conclusione della Guerra russo-giapponese. Invece, la zengen sakusen era una strategia con operazioni d'attrito che miravano a indebolire il nemico con la graduale riduzione della sua potenza. Per fare ciò era favorito l'impiego di navi veloci come incrociatori e cacciatorpediniere armati di siluri, in grado di compiere attacchi fulminanti e creare scompiglio, anche a danno delle unità più grandi. Esempi di kantai kessen (battaglia decisiva) furono la battaglia di Midway (4-6 agosto 1942), che doveva portare allo scoperto le portaerei americane, ma vide rovesciarsi rovinosamente l'andamento dello scontro, e la battaglia di Leyte (23-26 ottobre 1944), che doveva stringere in trappola la flotta americana, ma si risolse nell'annientamento totale delle navi giapponesi in quella che fu la più grande battaglia aeronavale della storia. Invece un esempio lampante di zengen sakusen (riduzione graduale) fu la battaglia dell'isola di Savo (8-9 agosto 1942), dove vennero affondati 4 incrociatori alleati senza nessuna perdita da parte giapponese, in uno scontro notturno condotto con grande abilità e perizia. 

Ritornando all'attualità, vediamo come in caso di guerra le navi cinesi vorrebbero impegnare quelle giapponesi in punti diversi per distrarle e impedirle di concentrarsi nelle zone delle operazioni anfibie e di sbarco nelle isole meridionali delle Ryukyu (in particolare le Sakishima), e queste sarebbero le azioni preliminari per un'occupazione stabile. Tuttavia questa dispersione di navi non tiene in considerazione il controllo dello spazio aereo, e come le attività marittime siano fortemente condizionate dalla limitazione della libertà di movimento provocata dalle azioni delle forze aeree avversarie. Se consideriamo inoltre la potente capacità antinave dei velivoli giapponesi, sia della JASDF che della JMSDF, c'è da ritenere inopportuna una penetrazione in profondità nei mari controllati dal Giappone, perché così l'esposizione agli aerei che partono da terra aumenterebbe in modo pericolosissimo. Anche l'idea di poter impegnare un grande numero di navi per piegare l'avversario è altrettanto pericolosa e potenzialmente catastrofica. Quando l'Impero Cinese dominato dai mongoli di Kubilai Khan tentò nel 1281 un'invasione del Giappone, poteva contare su un'immensa flotta davvero impressionante per la grandezza. Questa gigantesca flotta era composta da 4.400 navi e 142.000 uomini, e si trattava di una delle più grandi forze navali di tutti i tempi, organizzata e costruita da abili carpentieri cinesi e coreani. L'invasione però fallì perché lo sbarco e la successiva avanzata terrestre furno bloccati ad Hakata (nella battaglia di Koan, giugno-agosto 1281) dove gli invasori furono sconfitti e fermati. Le navi che dovevano supportare l'occupazione si trovarono in estrema difficoltà perché non potevano procedere e completare gli sbarchi, rimanendo in balìa degli eventi, e subendo il peggioramento delle condizioni meteorologiche affondarono a causa dei tifoni. Fu una catastrofe di immense dimensioni che segnò la storia della Cina per sempre, tanto da impedirle in seguito qualsiasi progetto di occupazione del Giappone. 

Anche attualmente le isole del  Giappone sono presidiate da soldati pronti a respingere un tentativo di invasione, e in particolare sulle Ryukyu si trovano le batterie di missili antinave Mitsubishi Type 12 SSM e antiaerei Mitsubishi Type 03 Chu-SAM, e inoltre ci sono anche batterie antibalistiche PAC-3 Patriot, insieme a migliaia di uomini ben armati e organizzati adeguatamente. Perciò le forze di invasione cinesi rischiano seriamente di rimanere vittime della "strategia di riduzione graduale" (zengen sakusen), perdendo lentamente un gran numero di navi. 


La distributed lethality 

La nuova strategia adottata da US Navy e US Marine Corps per rinsaldare la supremazia sui mari è stata chiamata distributed (letalità distribuita), e intende porre rimedio alle criticità emerse a causa della sempre crescente aggressività cinese nell'Oceano Pacifico. La distributed lethality dovrebbe garantire un aumento del potere marittimo semplicecemente incrementando le capacità offensive di ogni singola unità di superficie, e fornendo armamenti altamente distruttivi oltre che agli incrociatori e ai cacciatorpediniere, anche alle navi da combattimento costiere (Littoral Combat Ship), alle navi anfibie e alle imbarcazioni logistiche. Inoltre le unità formerebbero dei gruppi chiamati SAG (Surface Action Group), che essendo più piccoli e meglio disseminati sarebbero un bersaglio più difficile e arduo da colpire. Fra le novità comportate da questa strategia c'è anche la trasformazione delle navi anfibie in portaerei leggere dotate di una componente aerea costituita da F-35B. L'esempio di questa nuova tipologia di nave è la classe America, di cui fanno parte la capoclasse America e la Tripoli, e di cui è pianificata la costruzione di ben 11 unità. Ciò significa che l'US Navy non disporrà soltanto delle super-carrier della classe Numitz e Gerald Ford, ma avrà anche la possibilità di impiegare portaerei più piccole, ma comunque micidiali grazie alla categoria di aerei imbarcati, ossia i cacciabombardieri stealth di quinta generazione F-35B. Se questa strategia può apparentemente sembrare insufficiente e limitata, si deve però prendere in considerazione la reale capacità operativa della Marina Cinese, mettendo da parte le dichiarazioni propagandistiche del regime. Innanzitutto la composizione della flotta cinese risente ancora di un'organizzazione frettolosa che vede una prevalenza delle meno dotate fregate rispetto ai cacciatorpediniere (che sono soltanto 33), e quest'ultimi con la presenza di molti modelli vecchi e osoleti (fra cui i Sovremenny) o meno evoluti (come i Type 051). Viceversa l'US Navy ha molte più navi grandi e prestanti, tra cui 22 incrociatori Ticonderoga, 67 cacciatorpediniere Arleigh Burke, e 3 Zumwalt. Un aumento delle capacità delle unità più piccole porterebbe quindi a un vantaggio attualmente non ancora sfruttato. Il potenziamento delle LCS (Littoral Combat Ship) potrebbe facilmente permettere di eguagliare le numerose fragate cinesi, liberando così nel contempo i più grandi e potenti cacciatorpediniere. 

Un discorso particolare meritano invece le 2 portaerei denominate Type 001 e Type 001A. La Liaoning è la portaerei Type 001, che non è altro che la vecchia nave sovietica Varyag della classe Kutznetsov, varata nel 1988, e acquistata in Ucraina in maniera rocambolesca da una socieà cinese di copertura. Trasferita in Cina nei cantieri di Dalian nel 2000, ha dovuto subire interventi di riparazione e lavori di completamento, anche e soprattutto a causa delle pessime condizione in cui era giunta, e allla situazione di abbandono che ne aveva provocato il grave deterioramento. Fra i problemi tecnici che affliggono la Liaoning c'è l'apparato propulsivo costituito da 8 vecchie caldaie che generano vapore per 4 turboriduttori, con una soluzione che non è particolarmente efficiente e moderna, e spesso poco affidabile a causa dell'osolescenza degli apparati originali. Le caldai a vapore forniscono comunque una potenza di 200.000 cv, sufficiente per la grossa mole di 53.000 t di dislocamento standard, che raggiunge fra 60.000 e 66.000 t a pieno carico. La portaerei Liaoning può imbarcare 26 caccia Shenyang J-15 e 14 elicotteri, tuttavia il sistema di decollo e appontaggio costituisce un altro problema, essendo uno STOBAR (Short Take-Off But Arrested Recovery) che utilizza un grosso trampolino (ski-jump) posto a prua con un'inclinazione di 14° gradi. La principale carenza riguarda appunto i caccia Shenyang J-15, che hanno caratteristiche e prestazioni decisamente scadenti. Lo Shenyang J-15 è una versione cinese del Sukhoi Su-33, che a causa delle grosse dimensioni, del peso eccessivo, e della scarsa potenza dell'apparato propulsivo, è costretto a gravi limitazioni per consentire il decollo dal trampolino delle portaerei. Ciò significa che per contenere il peso, e favorire quindi il decollo, viene imbarcato poco combustibile e meno armamenti. Questa situazione è chiaramente visibile con l'osservazione dei J-15 che decollano dalle portaerei con pochi missili, che sono veramente ridotti all'essenziale. Secondo alcune fonti locali cinesi, in queste condizioni lo Shenyang J-15 avrebbe un raggio di combattimento limitato a soli 120 km, un valore decisamente basso che ne compromette l'operatività, riducendone al minimo le capacità offensive. 

Ciò significa che la Type 001, e la sua copia Type 001A, sono nettamente inferiori alle navi anfibie della classe America riconfigurate come portaerei leggere, non soltanto perché quest'ultime impiegano caccia stealth di quinta generazione, ma per le prestazioni complessive, l'affidabilità, e l'efficacia di impiego.  Gli F-35Bhanno un raggio di combattimento di 935 km, e un carico utile di armamento di 6.800 kg. Le America possono trasportare da 16 a 20 di questi aerei, e nelle esercitazioni si è visto fino a 13 F-35B schierati contemporaneamente sul ponte di volo. Attualmente la capoclasse America si trova schierata nella base navale di Sasebo, presso Nagasaki, nel sud del Giappone, pronta a contrastare la Liaoning e la Shandong. La strategia della distributed lethality non riguarda solo le navi, ma interesserà anche l'organizzazione delle basi aeree e navali, come sta accadendo a Guam. Infatti, l'isola di Guam non ospiterà più i bombardieri strategici dell'USAF in maniera permanente, ma li sposterà a rotazione fra le basi aeree della regione, e così anche l'isola di Wake si sta adeguando con la costruzione di una nuova pista e il rafforzamento delle infrastrutture. L'idea è di non fornire facili obiettivi concentrando le forze in pochi punti, ma viceversa si persegue lo scopo è di mettere in difficoltà l'avversario costringendolo a scegliere fra numerosi obiettivi, e disperdendo così la sua potenza di fuoco. Forse non è superfluo osservare che parte di questa strategia riprende e rivaluta l'esperienza della sanguionosa Guerra del Pacifico (1941-1945), e ripropone quanto fatto in quel contesto aggiornandolo ai nostri tempi. 


Tradizione e innovazione dell'aeronavale indiano

Non vedere che l'Asia è composta da tanti e diversi paesi sembrebbe, come accennato all'inizio, un disturbo che purtroppo colpisce molti analisti. Per questo motivo considerare lo scontro fra Cina e Stati Uniti in maniera univoca è assolutamente fuorviante, perché ciò che si sta affermando non è un bipolarismo fra superpotenze, ma invece un multipolarismo caotico fra potenze grandi, medie e piccole. L'india, che è indiscutibilmente un gigante dell'Asia, in questo contesto svolge quindi un ruolo fondamentale, e soprattutto per l'importanza della sua forza aeronavale che avrà un ruolo sempre più consistente nei rapporti di potere marittimo.  

Un'eccellenza della forza aeronavale indiana è rappresentata dalla portaerei Vikramaditya, ex Admiral Gorshkov della classe Kiev, venduta dalla Russia nel gennaio 2004, ricostruita e modificata, e poi entrata in servizio il 14 giugno 2014. Con un dislocamento a pieno carico di 45.000 t, lunga 283 m e larga 60 m, può imbarcare fino a un massimo di 35 velivoli, fra cui i caccia Mikoyan-Gurevich MiG-29K Fulcrum e gli elicotteri Kamov Ka-31 e Ka-28. Un'altra portaerei, la nuova Vikrant (da non confondere con una precedente unità con lo stesso nome), è stata varata il 12 agosto 2013, ed entrerà in servizio verso il 2023. Lunga 262 m, con un dislocamento di circa 40.000 t, permetterà di impiegare fino a 40 velivoli. Si parla molto poco delle portaerei indiane, mentre le equivalenti unità cinesi ricevono un'attenzione spesso spropositata dalla stampa, come nel caso della modesta Liaoning. Al contrario, le portaerei indiane presentano soluzioni più moderne, come l'impiego dei MiG-29K, adottati su suggerimento russo, che dovrebbero costituire una valida alternativa al Su-33, essendo molto più leggeri e versatili (ciò permetterebbe il superamento dei problemi al decollo di cui abbiamo parlato a proposito della Liaoning). Le versioni più recenti del MiG-29, come i modelli Mig-29M e MiG-29K, hanno avuto una riprogettazione di quasi un terzo della cellula, e sono così un aereo molto diverso e più prestante, a cui si aggiunge una strumentazione e avionica molto più avanzata.    

La Marina Indiana (Bharatiya Nau Sena) ha anche un'esperienza molto più lunga e una migliore preparazione, potendo vantare l'impiego della Viraat dal 1987 al 2017, con i cacciabombardieri Sea Harrier, e ancora prima con la vecchia e gloriosa Vikrant, entrata in servizio nel 1961 e radiata nel 1997, divenuta famosa durante la guerra con il Pakistan nel 1971, grazie alle operazioni dei suoi caccia Hawker Sea Hawk. Sulla base di questi fatti storici, si può affermare che l'aeronavale indiano non va affatto sottovalutato, anzi rappresenta senza dubbio una spina nel fianco della Marina Cinese, e delle sue pretese espansionistiche. Tuttavia l'aspetto più geniale della politica di potenza navale dell'India è rappresentata da un'alleanza con il Giappone che sta diventando geopoliticamente sempre più importante, soprattutto  perché realizza una tenaglia che stringe ai lati la Cina, che viene così schiacciata a Oriente dal Giappone e a Occidente dall'India. Ricordiamo brevemente in che cosa consiste questa cooperazione militare che ridisegna i rapporti di forza in Asia: il Giappone e l'India hanno stipulato un accordo chiamato Joint Declaration on Security Cooperation between Japan and India, firmato il 22 ottobre 2008 a Tokyo dal primo ministro giapponese Taro Aso e dall'omologo indiano Manmohan Singh. Questo accordo prevede la condivisione di un comune punto di vista sulla politica estera, la cooperazione delle forze militari con esercitazioni congiunte, la collaborazione dell'intelligence con lo scambio di informazioni, e possibilmente il sostegno e la compartecipazione ad attività e programmi nel settore dell'industria militare. Come è stato evidenziato in precedenza, l'aspetto che più interessa all'India riguarda il controllo marittimo con l'opportunità di poter fare affidamento sulla potenza navale giapponese per respingere le ingerenze cinesi, ed è per questa motivazione che sono state notevolmente intensificate le esercitazioni Malabar. Le esercitazioni navali Malabar iniziarono nel 1992, originariamente come attività addestrative soltanto fra India e Stati Uniti. Il Giappone fu invitato a parteciparvi nel 2007, e poi nel 2015 divenne un membro permanente insieme a India e Stati Uniti. Altri partecipanti sono l'Australia e Singapore, ma non hanno ancora lo status di partner permanenti. Il Giappone ha anche cominciato a partecipare da solo alle esercitazioni navali con l'India, e queste attività bilaterali hanno assunto sempre di più un ruolo considerevole. Le esercitazioni navali congiunte fra Giappone e India sono chiamate JIMEX (Japan-India Maritime Exercise), e si svolsero per la prima volta il 9-12 giugno 2012 nella baia di Sagami nella prefettura di Kanagawa, con l'impiego dei cacciatorpediniere giapponesi Ariake e Setogiri, e quattro navi indiane, il cacciatorpediniere Rana, la fregata Shivalik, la corvetta Karmukh e il rifornitore Shakti, inoltre partecipò anche l'aviazione navale nipponica con i pattugliatori P-3C Orion e vari elicotteri. L'esercitazione JIMEX 13 si è svolta l'anno seguente, a Chennai nel golfo del Bengala, il 19-22 dicembre 2013, con la fregata Satpura, il cacciatorpediniere Ranvijay e la corvetta Kuthar. L'esercitazione più recente è stata la JIMEX 18, svoltasi il 7-15 ottobre 2018, a Visakhapatnam, nel sud dell'India, con un dispiegamento di forze notevole che comprendeva la portaeromobili giapponese Kaga, il cacciatorpediniere multiruolo Inazuma, e la fregata indiana Satpura, la corvetta Kadmat e il rifornitore Shakti. Queste operazioni bilaterali sono sempre più frequenti, e l'India sembra aver trovato nel Giappone un ottimo partner che risponde in maniera soddisfacente alle richieste del gigante asiatico, stringendo una collaborazione sempre più fruttuosa e importante. Recentemente si è assistito a un'altra prova concreta di questa collaborazione con l'esercitazione congiunta PASSEX (PASSing EXercise) svoltasi il 27 giugno 2020 presso lo stretto di Malacca, a cui hanno partecipato i cacciatopediniere giapponese Shimayuki e la nave scuola Kashima, e per la parte indiana il cacciatorpediniere Rana e la corvetta Kulish. Questo rappresenta il quindicesimo addestramento congiunto fra i due paesi negli ultimi tre anni, dimostrando un'intensità ormai considerevole. Inoltre, l'esercitazione ha anche costituito un segnale politico chiaro, dopo l'incidente alla frontiera presso la valle di Galwan (15 giugno 2020), con lo scontro fra truppe cinesi e indiane. In proposito il governo giapponese ha espresso ufficialmente la sua solidarietà all'India, e le condoglianze per i 20 soldati indiani morti, con una presa di posizione netta e insolita, che ha ignorato qualsiasi tentativo di mediazione e dialogo diplomatico. Possiamo osservare come ciò sia un atteggiamento tipico della nuova fase da Guerra Fredda in cui ci troviamo, ed è un segnale innegabile del nuovo corso della storia. 


Il controllo del mare e il pensiero strategico

Indubbiamente nell'ultimo decennio la Cina ha introdotto un nuovo concetto di potere navale, trasferendo l'idea di controllo territoriale anche al mare secondo modalità inconsuete, che apparentemente sembrerebbero una palese esibizione di forza, ma che secondo alcuni nasconderebbero una grave inesperienza. In effetti, i cinesi non hanno mai vinto una battaglia navale nella loro straordinaria storia millenaria, anzi hanno subito cocenti sconfitte. Innanzitutto ricordiamo la catastrofica spedizione del 1281, con la perdita di una immensa flotta di 4.400 navi che tentarono l'invasione del Giappone, ma ancora più importante è la Prima guerra sino-giapponese (1894-1895), che vide affrontarsi le flotte dei due paesi. Ciò che mancò ai cinesi in quell'occasione non fu la potenza e il numero di navi, bensì l'addestramento. Al contrario, i giapponesi (in particolare il feudo di Satsuma), avevano appreso dagli inglesi le tecniche più avanzate di combattimento navale, ed erano in grado di applicarle correttamente, ed è ciò che condusse alla vittoria nipponica della battaglia dello Yalu (17 settembre 1894). 

Attualmente la strategia navale cinese sembra ridursi a una politica di potenza basata su un gran numero di navi pesantemente armate. Tuttavia la storia insegna che le battaglie navali non sono necessariamente vinte da chi ha più navi e armamenti, ma da chi li usa meglio. L'esempio classico è ovviamente la sconfitta della Invencible Armada di Filippo II, distrutta nel 1588 dalle meno numerose navi inglesi di Elisabetta I, ma meglio organzizzate e guidate da una strategia precisa. 

In conclusione, se dovessimo chiedere a un esperto militare quale sia la strategia cinese per il controllo del mare, ci verrebbe sicuramente ricordata la militarizzazione delle isole (la cosiddetta "collana di perle"), la creazione della A2/AD (Anti-Access/Area Denial), e lo schieramento dei missili balistici antinave, ma sull'uso delle navi e della strategia navale non saprebbe dirci niente perché i cinesi in realtà considerano le navi soltanto numericamente, stimando la forza come una mera questione di quantità. Per questo motivo la strategia navale gli appare come un inutile orpello del pensiero occidentale, e quest'ultimo è continuamente disprezzato dal regime. Semplicente i cinesi stanno applicando sul mare una strategia continentale, puramente terrestre, basata sull'ampliamento territoriale. Non vi è perciò alcuna concezione e sensibilità nei confronti della strategia navale. Però questa mancanza di pensiero strategico autenticamente marittimo potrebbe rivelarsi fatale, rivelando una carenza esiziale tenuta ben nascosta. 



   

 

Il dominio dello spazio aereo del Giappone

Articolo pubblicato dalla rivista "Panorama Difesa". 

Cfr. Cristiano Martorella, Il dominio dello spazio aereo del Giappone, in "Panorama Difesa", n. 398, anno XXXVIII, luglio 2020, pp. 62-75.   




Il dominio dello spazio aereo del Giappone 

La Forza di Autodifesa Aerea nipponica è proiettata verso un ampio processo di rinnovamento che prevede la formazione di nuovi reparti e l'acquisizione di innovative capacità prima impensabili. 

di Cristiano Martorella 


La questione del dominio dello spazio aereo è un argomento sensibile nel Paese del Sol Levante, essendo risaputo che chi domina i cieli controlla anche il campo di battaglia. Questo principio non sfugge certo neanche allo Stato Maggiore della Forza di Autodifesa Aerea, in giapponese Koku Jieitai, e infatti in questi anni ha sostenuto con decisione il rinnovamento della linea di aerei da combattimento, introducendo contestualmente un cambiamento delle tattiche, delle procedure e dell'impiego dei mezzi. Chiamata più spesso col suo nome in inglese, la JASDF (Japan Air Self-Defense Force) si presenta quindi come una forza armata impegnata in una profonda riorganizzazione, anche concettuale, che sta richiedendo non solo uno sforzo economico considerevole (si pensi all'acquisto degli F-35), ma anche un impegno di vasta portata che implica una riconsiderazione del modus operandi, e l'elaborazione di una dottrina militare all'altezza delle sfide del XXI secolo. 


L'organizzazione della JASDF

Creata il 1° luglio 1954, l'aeronautica militare del Giappone è una delle tre componenti delle Forze di Autodifesa (Jieitai), che in precedenza non esisteva come entità a sé stante, perché l'Esercito e la Marina Imperiale avevano ciascuno una propria aviazione. Attualmente la JASDF conta un numero di 46.936 effettivi, e una dotazione di circa 805 aeromobili. I dodici reparti da caccia, chiamati Tactical Fighter Squadron, sono equipaggiati con 304 aerei che possiamo così elencare in dettaglio: 155 F-15J (di cui 68 F-15J Kai), 45 F-15DJ (di cui 34 F-15DJ Kai), 62 F-2A, 25 F-2B, 17 F-35A (questi dati sono aggiornati al marzo 2020). I 304 caccia giapponesi sono così distribuiti in 7 Air Wing (Kokudan), articolati a loro volta in 12 Tactical Fighter Squadron (Hikotai), a cui si aggiungono altri 2 Air Wing impiegati per l'addestramento. La Northen Air Defense Force è composta dal 2nd Air Wing costituito dal 201st Tactical Figther Squadron e 203rd Tactical Fighter Squadron con gli F-15J/DJ sulla base di Chitose a Hokkaido, e dal 3rd Air Wing con il 301st e 302 nd Tactical Fighter Squadron dotati di F-35A, presso la base di Misawa ad Aomori; la Central Air Defense Force con il 6th Air Wing  composto dal 303rd e 306 Tactical Fighter Squadron di F-15J/DJ a Komatsu nella prefettura di Ishikawa, e dal 7th Air Wing con il 3rd Tactical Fighter Squadron  di F-2A/B a Hyakuri nella prefettura di Ibaraki; la Western Air defense Force è formata dal 5th Air Wing con il solo 305th Tactical Fighter Squadron di F-15J/DJ a Nyutabaru sull'isola di Kyushu, e l'8th Air Wing con il 6th e 8th Tactical Fighter Squadron di F-2A/B a Tsuiki presso Fukuoka; infine la South Western Air Defense Force è rappresentata dal 9th Air Wing con il 204th e 304th Tactical Fighter Squadron di F-15J/DJ a Naha sull'isola di Okinawa. A questi 7 Air Wing dedicati puramente alle attività di intercettazione e interdizione svolte dai caccia, si aggiungono altri 2 Air Wing, precisamente il 1st Air Wing con il 31st e 32nd Training Squadron di T-4 ad Hamamatsu, e il 4th Air Wing con l'11th Squadron "Blue Impulse" (pattuglia acrobatica nazionale) e il 21st Fighter Trainnig Squadron (dotato di caccia F-2B), entrambi a Matsushima nella prefettura di Miyagi. Un caso particolare riguarda invece il 23rd Fighter Trainig Squadron (Dai nisan hikotai) che non fa parte di un Air Wing indicato con un numero, ma del Tactical Fighter Training Group (Hiko kyoku kokutai), ed è dotato di F-15J/DJ operativi sulla base di Nyutabaru nella prefettura di Miyazaki. Un'altra eccezione riguarda anche gli F-15J/DJ dello Hiko kyodogun, un "adversary squadron" che svolge l'attività di Aggressor Group per l'addestramento e lo sviluppo di tattiche di combattimento, che fa parte dell'Air Tactis Development Wing, ed è schierato sulla base aerea di Komatsu. 

La JASDF ha anche una dotazione cospicua di aerei radar, rappresentata da 4 Boeing E-767, 13 Grumman E-2C Hawkeye, e 3 Northrop Grumman E-2D Advanced Hawkeye (l'ordinativo completo prevede un'acquisto di 13 E-2D). L'Airborne Early Warning Group può contare quindi su 3 squadron, ossia il 601st Squadron di Misawa ad Aomori con gli E-2C/D, il 602nd Squadron di Hamamatsu con gli E-767, e il 603rd Squadron di Naha a Okinawa con gli E-2C. 

Per il rifornimento in volo sono disponibili 4 Boeing KC-767, e 2 Lockheed KC-130 Hercules, ma altri 4 esemplari di Boeing KC-46 Pegasus sono stati già ordinati, e saranno presto consegnati. Attualmente i KC-767 sono in servizio nel 404th Tactical Airlift Squadron con base a Komaki nella prefettura di Aichi. 

La JASDF svolge anche un importante servizio di trasporto aereo, divenuto fondamentale con la creazione delle Rapid Deployment Forces istituite dalla JGSDF (Japan Ground Self-Defense Force). Per questi compiti esistono il 1st/2nd/3rd Tactical Airlift Group. In particolare, ricordiamo 1st Tactical Airlift Group con il 401st Squadron a Komaki, che impiega i cargo C-130H, il 2nd Tactical Airlif Group con base a Iruma presso Saitama, con il 402nd Squadron dotato dei Kawasaki C-1, e il 3rd Tactical Airlift Group con il 403rd Squadron a Miho nella prefettura di Tottori, che ha già effettuato la conversione con i nuovissimi Kawasaki C-2. 

Adibiti alla guerra elettronica e allo spionaggio sono l'Electronic Warfare Squadron (Denshi senkun renshienki) con gli EC-1 e gli YS-11EA, presso la base di Iruma,  e l'Electronic Intelligence Squadron (Denshi soku teiki) con gli YS-11EB, anch'esso sulla base di Iruma. 

Una novità nell'organizzazione della JASDF riguarda la creazione di un nuovo Tactical Fighter Squadron, che porterebbe a 13 gli squadron da caccia. Il nuovo reparto nascerebbe dalla radiazione degli RF-4E ed RF-4EJ (versione da ricognizione ottenuta modificando gli F-4EJ già in servizio) che erano operativi nel 501st Tactical Reconnaissance Squadron sulla base di Hyakuri, nella prefettura di Ibaraki nei pressi di Tokyo. Il 501st ha cessato l'attività il 26 marzo 2020, ed è attesa l'entrata in servizio nel 2021 dell'aeromobile a pilotaggio remoto Northrop Grumman RQ-4 Global Hawk, destinato a sostituire gli aerei da ricognizione. L'RQ-4 è in grado di fornire prestazioni nettamente superiori, grazie a un'autonomia di 36 ore (equivalenti a 22.780 km), una tangenza di 20.000 metri, e l'impiego di un radar ad apertura sintetica e camere a infrarossi (EO/IR). I sensori gli permettono di sorvegliare un'area di circa 100.000 chilometri quadrati durante una singola missione, ed è quindi più simile a un Lockheed U-2, fornendo perciò alla JASDF un salto qualitativo notevole. I piloti del 501st Squadron potrebbero essere quindi utilizzati per formare il nuovo reparto da caccia, basato su alcuni dei 147 F-35 che sono in fase di acquisizione. Negli anni '90 la JASDF era la forza aerea più potente in Estremo Oriente, sia per il numero consistente dei velivoli della sua flotta aerea, sia per la modernità e potenza dei mezzi impiegati, e oggi si vuole ritornare a quei giorni gloriosi rinnovando adeguatamente l'aeronautica con l'introduzione in servizio dei nuovi caccia di quinta generazione. 


La disposizione delle basi aeree

Un discorso particolare merita la disposizione delle basi aeree, che in Giappone sono numerose e distribuite su un lungo e ampio territorio. Come appare evidente dalla sua conformazione geografica, l'arcipelago nipponico si estende per migliaia di chilometri, dal nord-est del freddo siberiano nell'isola di Hokkaido fino al sud-ovest nelle profondità dei mari tropicali delle isole Ryukyu. L'estensione geografica del Giappone, costituito da ben 6.852 isole, non si limita soltanto alle terre emerse, ma implica anche il controllo di ampie zone di mare. Ciò ha sempre comportato gravi implicazioni militari, fin dal XIX secolo, quando apparve evidente che il Giappone poteva sopravvivere come nazione unicamente diventando una grande potenza navale, e puntualmente è quanto avvenne nel Novecento, e si ripropone anche adesso con la corsa al riarmo nell'Oceano Pacifico. Tuttavia la difesa aerea delle isole richiede pure una presenza locale dell'aeronautica, e le basi militari sono dunque fondamentali. L'esistenza di numerose e diverse basi aeree, localizzate in punti molto distanti fra loro, costituisce una difficoltà per chi vuole attaccare il Giappone perché non si può garantire una immediata e completa distruzione di tutti gli aeroporti e le strutture militari della JASDF, o almeno ciò risulta davvero impegnativo e rischioso. Vedremo questo argomento più avanti, adesso limitiamoci a elencare le basi aeree più importanti, per averne almeno una conoscenza indicativa. 

Sull'isola di Hokkaido, la più settentrionale del Giappone, troviamo la base aerea di Chitose, con due piste in cemento lunghe 3.000 m e 2.700 m. Nella parte settentrionale dell'isola di Honshu, nella prefettura di Aomori, c'è la base aerea di Misawa, che ospita oltra ai reparti della JASDF, anche il 35th Air Wing dell'USAF, con il 13th e 14th Fighter Squadron di F-16C/D. Un impianto più piccolo si trova invece ad Akita, nella regione del Tohoku, con un aeroporto dotato di una pista di 2.500 m. Sempre nel Tohoku (regione settentrionale di Honshu), si trova la base di Matsushima con due piste da 2.700 e 1.500 m. La base di Niigata è più modesta, e ha due piste da 2.500 m e 1.300 m. Più importante è invece la base aerea di Komatsu nella prefettura di Ishikawa, con una pista di 2.700 m. Molto famosa è la base di Hyakuri che è posizionata presso la città di Omitama, nella prefettura di Ibaraki, nella regione del Kanto, poco distante da Tokyo. I motivi della notorietà della Hyakuri Air Base sono indubbiamente attribuibili all'attività dei fotografi appassionati, che immortalavano gli F-4EJ Phantom particolarmente attivi sulla pista. Poco distante si trova anche la base aerea di Iruma, presso la città di Sayama, nella prefettura di Saitama. Nei pressi della città di Yaizu, nella prefettura di Shizuoka, c'è la piccola base aera di Shizuhama, dove si svolgono attività addestrative. Nella stessa prefettura di Shizuoka, nei pressi del monte Fuji, c'è la base aerea di Hamamatsu, nell'omonima città, dotata di una pista di 2.550 m. Storicamente la base di Hamamatsu ha una certa importanza, essendo stata creata nel 1925 dall'Esercito Imperiale, ed essendo quindi fra le prime del paese. Ancora sull'isola di Honshu, nella prefettura di Aichi, è localizzata la base aera di Komaki, nei pressi di Nagoya. La base aerea di Gifu, presso la città di Kakamigahara, è impiegata dall'Air Development and Test Wing (Hikokaihatsu jikken dan), che ha il compito di sperimentare i prototipi dei nuovi velivoli e l'integrazione dei nuovi armamenti sui modelli già esistenti. La base aerea di Miho è posta presso la città di Yonago, nella prefettura di Tottori sull'isola di Honshu, ed è dotata di una pista di 2.500 m. Nella prefettura di Yamaguchi, nella zona meridionale di Honshu, presso la città di Hofu, si trova la base aerea di Hofu Kita, con due piste, una di 1.180 m e l'altra di 1.480 m. Nell'isola meridionale di Kyushu, è localizzata la base aerea di Ashiya, con una pista di 1.640 m, adibita all'addestramento. Nei pressi di Fukuoka, sempre sull'isola di Kyushu, si trova la base aerea di Kasuga. Molto importante è invece la base aerea di Tsuiki, che sempre nella prefettura di Fukuoka, offre una pista di 2.400 m, utilizzata dai cacciabombardieri F-2A. Altrettanto nota è la base aerea di Nyutabaru, presso la città di Shintomi, nella prefettura di Miyazaki a Kyushu, che offre una pista di 2.700 m usata prevalentemente dagli F-15J. In una località quasi sperduta, si trova la base di Iwo Jima, nell'omonima isola (nel giapponese moderno Iojima), che fa parte delle isole Ogasawara. La base ha un personale di circa 400 addetti, ed è fornita di una pista di 2.650 m  che può essere impiegata anche dai cacciabombardieri. Infine, sull'isola di Okinawa c'è la base aerea di Naha, con un grande aeroporto e una lunga pista di 3.000 m. Questo aeroporto è utilizzato non soltanto dalla JASDF con i suoi caccia intercettori F-15J/DJ e gli aerei radar E-2C, ma anche dalla JMSDF (Japan Maritime Self-Defense Force) con i suoi aerei pattugliatori P-3C Orion. 

Queste sono le principali basi della JASDF, ma ovviamente ne abbiamo omesse tante altre più piccole che non è il caso di elencare tutte, ma è comunque sufficiente ricordare che sulle isole Ryukyu sono presenti numerose altre piste impiegabili dalle Forze di Autodifesa, e ciò ne rende difficile e impraticabile l'invasione. La JASDF può in qualunque momento e luogo trasferire unità e reparti per contrastare qualsiasi tentativo di penetrazione e occupazione del territorio nazionale. 


La protezione delle basi aeree

Si è detto che il numero e la disposizione delle basi aeree del Giappone ne rende più difficile l'attacco e la distruzione, ma ciò non significa che siano completamente sguarnite e prive di protezione, anzi al contrario, esse costituiscono un pilastro della difesa aerea e una parte essenziale dello scudo antimissile chiamato BMD (Ballistic Missile Defense). Infatti, alla JASDF è assegnato il compito di gestire le batterie di missili Patriot PAC-3 per la difesa terminale, e presto del nuovo sistema Aegis Ashore per l'intercettazione dei missili nella fase intermedia di volo. Ricordiamo che il Giappone dispone di un Air Defense Missile Training Group (Kosha kyodo gun) ad Hamamatsu, e 6 Air Defense Missile Groups (Kosha gun) pronti al combattimento in qualunque momento. La Northern Air Defense Force schiera il 3rd Air Defense Missile Group a Chitose e il 6th Air Defense Missile Group a Misawa; la Central Air Defense Force è composta dal 1st Air Defense Missile Group a Iruma e il 4th Air Defense Missile Group a Gifu; il Western Air Defense Force ha in servizio il 2nd Air Defense Missile Group a Kasuga; e infine la South Western Air Force ha in dotazione il 5th Air Defense Missile Group a Naha. Come accennato in precedenza, presso la base di Hamamatsu, nella prefettura di Shizuoka vicino al monte Fuji, è dislocato un Air Defense Missile Training Group. Questi 6 gruppi sono composti ciascuno da 4 batterie (Koshatai), per un totale di 24 batterie, e considerando che ciascuna batteria possiede 5 veicoli lanciatori, si ottiene un numero complessivo di 120 veicoli. Le piattaforme di lancio sono gli M902 per i missili PAC-3, capaci di montare quattro canister quadrupli per 16 PAC-3, oppure gli M901 con quattro canister singoli per PAC-2. In Giappone si preferisce schierare frequentemente i lanciatori con soltanto due canister per ogni veicolo, ma il numero di lanciatori e missili può essere variato e aumentato secondo le esigenze. Un minor numero di canister per ogni veicolo favorisce indubbiamente il trasporto aereo e marittimo, e considerando la quantità di piattaforme di lancio disponibili, ciò non costituisce un problema perché si può bilanciare la disponibilità di missili con un numero maggiore di batterie.  

A queste forze, già cospicue, si aggiungono le due postazioni fisse terrestri del sistema Aegis Ashore, in costruzione nelle prefetture di Akita e Yamaguchi, che saranno dotate di lanciatore VLS (Vertical Launching System), con una dotazione minima per ciascuna di 24 missili intercettori SM-3 Block IIA, oppure con altri missili come gli SM-6, secondo le esigenze del caso.  Le prestazioni dei missili Standard sono eccezionali, e ricordiamo infatti che i nuovi SM-3 Block IIA, sviluppati da Raytheon e Mitsubishi Heavy Industries, forniscono un raggio d'azione di 2.500 km, raggiungono un'altitudine di 1.500 km, e una velocità di Mach 15. 

I sistemi PAC-3 e Aegis Ashore sono studiati per contrastare le minacce dei missili balistici, ma le basi aeree della JASDF sono protette anche dagli attacchi di velivoli ed elicotteri ostili, essendo dotate di mezzi armati con missili aria-aria. Il più moderno di questi sistemi in dotazione alla JASDF è il Type 11 Surface-to-Air Missile (Hitohito shiki tankyori chi tai ku yudodan). Questo missile prodotto da Toshiba fornisce una valida difesa contro aerei e missili supersonici, utilizzando un sistema di guida radar attiva, con la capacità di essere guidato anche tramite data link nella fase di mid-course. Il raggio d'azione massimo è stimato intorno a 18 km. Inoltre la JASDF dispone anche dei più vecchi Type 81 Surface-to-Air Missile (Hachiichi shiki tankyori chi tai ku yudodan), prodotti sempre da Toshiba, che pur offrendo prestazioni inferiori sono comunque disponibili in gran numero. Tuttavia all'epoca dell'entrata in servizio erano assolutamente innovativi, e perciò sono tuttora un validissimo sistema d'arma che offre un raggio d'azione di 14 km, una velocità di Mach 2,5, e un'altitudine massima di 3.000 m. 

Per quanto riguarda un possibile attacco alle basi aeree giapponesi, si deve comunque aggiungere un aspetto strategico non trascurabile. Infatti, qualsiasi aggressione alle basi aeree della JASDF coinvolgerebbe direttamente anche le Forze Armate degli Stati Uniti che si trovano dislocate in loro prossimità, e spesso condividono le piste di decollo e atterraggio. Ciò significa che non è possibile attaccare la JASDF sul territorio giapponese senza provocare un gravissimo incidente con gli Stati Uniti, e una prevedibile ritorsione militare, senza considerare che ciò potrebbe generare una grave escalation che condurrebbe a un conflitto di ampie dimensioni. 


Le postazioni radar

La JASDF gestisce un insieme di impianti radar molto esteso e complesso che fornisce non soltanto il controllo dello spazio aereo, ma riveste anche un ruolo fondamentale nel sistema di difesa antimissile BMD (Ballistic Missile Defense), essendo molti di questi radar dotati di funzioni per l'intercettazione dei missili balistici. Ciò fornisce un importante supporto per i sistemi missilistici giapponesi, e tuttavia rappresenta anche una fondamentale risorsa del dispositivo antibalistico degli Stati Uniti, che può ricevere immediate informazioni su qualunque lancio proveniente dalla Cina, dalla Russia o dalla Corea del Nord. Possiamo anche in questo caso elencare in dettaglio queste stazioni radar nelle rispettive basi militari: la Northern Air Defense Force dispone di un radar J/FPS-7 nella base di Wakkanai, un J/FPS-4 nella base di Abashiri, un J/FPS-2 a Nemuro, un J/FPS-3 nella base di Tobetsu, un J/FPS-6 a Erimo, un J/FPS-5 a Ominato, un J/FPS-2 a Yamada, un J/FPS-3 a Kamo e un J/FPS-4 a Okushirito; la Central Air Defense Force possiede un radar J/FPS-3 a Otakineyama, un J/FPS-5 sull'isola di Sado, un J/FPS-4 a Mineokayama, un J/FPS-3 a Wajima, un J/FPS-2 a Omaezaki, un J/FPS-3 a Kyogamisaki, un J/FPS-3 a Kasatoriyama, e un J/FPS-6 a Kushimoto; la Western Air Defense Force impiega un radar J/FPS-4 a Takaoyama, un J/FPS-7 a Mishima, un J/FPS-2 a Unishima, un J/FPS-3 a Sefurisan, un J/FPS-4 a Fukuejima, un J/FPS-5 a Shimoshikijima, e un J/FPS-7 a Takahatayama; infine al South Western Air Defense Force dispone sulle isole Ryukyu di un radar J/FPS-7 a Okinoerabujima, un J/FPS-4 a Kume, un J/FPS-5 a Yozadake e un J/FPS-7 a Miyako. Bisogna notare che le stazioni radar della JASDF impiegano radar molto avanzati e moderni, progettati e fabbricati in Giappone. Il J/FPS-3, prodotto da Mitsubishi Elecctric, fu infatti il primo radar basato a terra a utilizzare la tecnologia AESA (Active Electronically Scanned Array). Anche il J/FPS-4, prodotto da Toshiba, è un altro ottimo radar, con una portata di 550 km e un'altitudine massima di 30 km, mentre il Mitsubishi Electric J/FPS-5, noto con il soprannome di Gamera (un mostro a forma di tartaruga), è un radar in banda L/S capace di individuare e tracciare i missili balistici a oltre 1.000 km di distanza. Un altro radar giapponese è il J/FPS-7, progettato da NEC, che fornisce prestazioni leggermente inferiori al J/FPS-5, ma è molto più economico ed ha ricevuto dei recenti aggiornamenti che gli consentono di intercettare anche i missili balistici. 


La rivoluzione dell'F-35

Un ruolo decisivo nella modernizzazione della JASDF sarà svolto dal nuovo caccia stealth di quinta generazione Lockheed Martin F-35 Lightning II, che sarà acquisito in 147 esemplari (105 F-35A e 42 F-35B) per sostituire i McDonnell Douglas F-4EJ Kai Phantom II, ormai già radiati, e un centinaio di McDonnell Douglas F-15J/DJ, che non hanno ricevuto gli aggiornamenti più recenti, e perciò definiti pre-MSIP (Multi-Stage Improvement Program). Attualmente gli F-35A sono operativi con il 301st e 302nd Tactical Fighter Squadron presso la base di Misawa nella prefettura di Aomori. Questo aereo rappresenta per la JASDF un salto qualitativo significativo perché permette capacità di strike prima impensabili per una Forza di Autodifesa estremamente limitata in tal senso, e fornisce anche qualità di networking estremamente utili nella definizione di una diversa strategia basata sull'integrazione di assetti differenti. Un aspetto assolutamente non trascurabile rivelato dall'F-35, è la capacità di eludere con facilità i radar cinesi. Ciò è avvenuto quando il 20 gennaio 2019,  gli F-35I Adir israeliani hanno distrutto in combattimento un radar cinese JY-27 usato dall'antiaerea presso l'aeroporto di Damasco in Siria. Gli F-35I hanno lanciato missili antiradar AGM-88E che si sono rivelati micidiali. La notizia è sorprendente perché il radar JY-27 è stato progettato specificamente per individuare gli aerei stealth come l'F-35, ed è perciò il più avanzato fra quelli fabbricati dai cinesi. Prodotto da CETC, il JY-27 è un radar in banda VHF a lungo raggio, con una portata di 390 km. Secondo alcune ricostruzioni giornalistiche, sembrerebbe che pur riuscendo a individuare l'aereo, il JY-27 non sia riuscito a tracciarlo, e in questo modo non ha potuto guidare i missili dell'antiaerea. Dal punto di vista strategico, significa che gli F-35 giapponesi possono penetrare le difese cinesi della A2/AD (Anti-Access/Area Denial) come un coltello che penetra nel burro, e questa rappresenta una vulnerabilità sostanziale. 

Un'altra caratteristica dell'F-35 indispensabile per la JASDF, è la sua integrazione nel sistema di difesa aeronavale che considera l'inpiego congiunto delle forze terrestri, navali e aeree. L'F-35 può operare infatti con il CEC (Cooperative Engagement Capability) installato sulle nuove navi come i cacciatorpediniere Maya, ma anche sugli Atago che hanno ricevuto un aggiornamento montando un'antenna AN/USG-2 che permette di operare nella nuova modalità. Questa innovazione è di notevole importanza perché il sistema CEC, che fa parte del NIFC-CA (Naval Integrated Fire Control - Counter Air), permette di comunicare e coordinare il tiro con altre piattaforme, e ciò consente di guidare missili lanciati da altri mezzi, come batterie costiere, navi e aerei da combattimento, fino a colpire i bersagli designati. Per esempio, un aereo da ricognizione come un pattugliatore P-3C o P-1, oppure un aereo radar E-767 o E-2C/D, ma anche appunto un caccia F-35, possono ingaggiare un bersaglio, segnalarlo al cacciatorpediniere, e guidare il missile lanciato dalla nave fino a colpire l'obiettivo anche se fuori dalla portata dei suoi sensori. Significa che i cacciatorpediniere possono sparare oltre la linea dell'orizzonte, ma anche che gli F-35 non sono più limitati nella loro azione dal numero di missili aria-aria imbarcati, potendo contare in qualsiasi momento sui missili del lanciatore di una nave. 

Questo modo di operare rientra perfettamente nell'idea del piano di difesa chiamato Dynamic Defense Plan, che vede fra i suoi maggiori ispiratori lo stratega Yosuke Isozaki. Secondo le National Defense Program Guidelines del 2013 si ritiene necessario introdurre il concetto di Dynamic Joint Defense Force (Togo kido boei ryoku) per definire un diverso approccio operativo delle Forze di Autodifesa, che si devono integrare fra loro e operare in maniera congiunta, spingendo fino all'estremo l'idea di elevata mobilità e interoperabilità fra mezzi terrestri, navali e aerei. Con le National Defense Program Guidelines del 2018 si è introdotto anche il concetto di Multidimensional Joint Defense Force, che aggiunge lo spazio cosmico e lo spazio cibernetico come parti integranti delle dimensioni tradizionali terrestri, marittime e aeree. Ciò significa una completa rivoluzione nel modo di operare, e soprattutto la necessità di impiegare mezzi come l'F-35 in grado di offrire capacità per gestire questo nuovo modo di concepire le procedure e le tattiche di combattimento. 

Infine, l'F-35 può svolgere un altro ruolo fondamentale grazie alla potenza dei suoi sensori. Si è dimostrato che l'AN/AAQ-37 DAS (Distributed Aperture System) è talmente sensibile da rilevare il lancio di un missile balistico da una distanza di 1.300 km. In questo modo l'F-35 potrebbe effettuare missioni di ricognizione per comunicare un immediato allarme nel momento stesso della partenza del missile, ovvero prima che questo sia localizzato dai radar delle basi terrestri. Ovviamente una simile capacità costituisce un vantaggio davvero ragguardevole. 


I missili ipersonici

Recentemente l'ATLA (Acquisition, Technology & Logistic Agency), l'agenzia del Ministero della Difesa che si occupa di acquisizioni e sviluppo tecnologico, ha comunicato ufficialmente che gli ingegneri nipponci sono al lavoro per la realizzazione di due modelli di missili ipersonici, chiamati rispettivamente Hypersonic Cruise Missile (HCM) e Hyper Velocity Gliding Projectile (HVGP). L'HCM è simile a un missile tradizionale, ma è dotato di propulsione basata su uno scramjet che permette elevate velocità ipersoniche e una gittata a lungo raggio (superiore a 1.000 km). Invece, l'HVGP è fornito di un motore a razzo a combustibile solido, che poi si separa sganciandolo ad alta quota, e possiede sistemi di controllo basati su propulsori di manovra e una piccola deriva. Entrambe le armi potranno utilizzare due modelli di testate: una variante antinave chiamata Sea Buster, composta da due stadi di detonazione (carica cava anti-corazza e carica perforante principale), e una testata del tipo penetrante multipla o Multiple Explosively Formed Penetrator (MEFP), ad alta densità, costituita da una carica sagomata formata da proiettili autoforgianti che al momento dell'esplosione creano uno sciame di frammenti che colpiscono diversi obiettivi. Si prevede che i prototipi saranno realizzati fra il 2024 e 2028, così che questi missili possano entrerare in servizio nel 2030.    

Dal missile cruise HCM potrebbe essere sviluppata una versione lanciata da un veicolo terrestre, ma è possibile che sia realizzata anche una versione aviolanciabile. Infatti, la JASDF sta studiando da tempo la possibilità di impiegare missili ipersonici per i suoi caccia. Un tentativo in tal senso è stato lo sviluppo dello XASM-3 da parte di Mitsubishi Heavy Industries. Lo XASM-3 è un prototipo di missile antinave supersonico aviolanciabile, e nasce da un progetto allo studio fin dal 2002, ma ha accusato notevoli ritardi, tanto da rimandarne l'entrata in servizio prevista per il 2016. Anche se il missile è stato completato definitivamente nel gennaio 2018, assumendo la denominazione di ASM-3, si è rinviata la produzione in massa prevista per lo stesso anno perché i requisiti sono stati drasticamente cambiati. L'attuale versione dell'ASM-3 ha una gittata di 200 km e una velocità di Mach 3, ma verrà migliorato per ottenere un raggio d'azione di oltre 400 km e una velocità ipersonica intorno a Mach 5. Il nuovo missile, chiamato ASM-3 Extended Range (ma anche indicato come ASM-3 Kai), dovrebbe così garantire prestazioni eccellenti in grado di mantenere un assoluto vantaggio sulle forze navali nemiche. 

Il prototipo XASM-3 è lungo 5,25 m, ha un diametro di 35 cm e un'apertura alare di 1,2 m, con un peso di circa 900 kg. La propulsione è fornita da un integral rocket ramjet, ossia uno statoreattore che impiega un razzo integrato nella camera di combustione. Il sistema di guida include la navigazione inerziale, il sistema satellitare GPS, e infine la guida radar attiva/passiva. Lo XASM-3 è stato sperimentato in alcuni test di lancio nel 2017 che ne hanno confermato la validità, tuttavia come si è precedentemente detto, requisiti più ambiziosi ne hanno richiesto un miglioramento. Si prevede che la nuova versione ASM-3 Kai (Modificata) sarà pronta nel 2025. Il nuovo missile, che sarà dotato di una gittata di oltre 400 km e una velocità ipersonica intorno a Mach 5, sarà quindi anche il missile antinave che armerà i futuri caccia della JASDF, compreso il nuovo caccia di sesta generazione in fase di sviluppo. 


L'unità per le operazioni spaziali 

Le ambizioni della JASDF non si limitano all'intenzione di acquisire missili ipersonici e caccia di sesta generazione, ma guardano ben oltre arrivando perfino allo spazio siderale. Infatti è probabile che la stessa definizione di Japan Air Self-Denfense Force venga cambiata in Japan Aerospace Self-Defense Force a partire dall'anno fiscale 2021. Intanto, già a partire dal 2020 è stata creata un'unità spaziale, a cui è stato dato il nome provvisorio di Uchu sakusen tai (Unità per le operazioni spaziali), destinato molto probabilmente a essere modificato come ha ammesso lo stesso ministro della Difesa Taro Kono. La nuova unità della JASDF è stata ospitata nella base aerea militare di Fuchu, nell'area metropolitana di Tokyo, dove è già presente l'Air Weather Service Group, con utili impianti radio che potranno essere in seguito ampliati. Il personale iniziale è di 20 fra militari, che saranno aumentati fino a raggiungere il numero completo nel 2022. Il budget per l'anno fiscale 2020 dispone di una cifra decisamente consistente, con 50,6 miliardi di yen (426 milioni di euro) che saranno impiegati per i lavori iniziali. L'unità spaziale collaborerà innanzitutto con la JAXA (Japan Aerospace Exploration Agency), l'agenzia spaziale giapponese, ma avrà anche una relazione molto stretta con l'US Space Force, creata nel dicembre 2019, e fortemente voluta dal presisdente americano Trump. Non è sbagliato supporre che la costituzione dell'unità spaziale in Giappone sia stata sollecitata anche dall'alleato, ma si deve anche considerare che con le National Defense Program Guidelines del 2018 si è introdotto il concetto di Multidimensional Joint Defense Force, che aggiunge lo spazio cosmico e lo spazio cibernetico come parti integranti delle dimensioni tradizionali terrestri, marittime e aeree. Ciò significa una completa rivoluzione nel modo di operare, e soprattutto la necessità di implementare nuove funzionalità, procedure e tattiche, riorganizzando i precedenti assetti della difesa. Lo scopo dell'unità spaziale sarà innanzitutto la protezione dei satelliti da qualsiasi minaccia, come l'attacco diretto tramite missili o altri satelliti e veicoli spaziali, oppure l'interferenza tramite l'emissione di onde elettromagnetiche. Inoltre dovrà fornire il supporto alle altre forze terrestri, marittime e aeree, gestendo il flusso di dati indispensabili per le operazioni. Si comprende così che l'incarico assegnato è davvero impegnativo e cruciale. Però il Giappone può vantare una buona tradizione nel settore spaziale, ricordando il suo esordio grazie al genio dello scienziato Hideo Itokawa, autentico pioniere dell'astronautica. Nel 1970 il razzo Lamda 4S mise in orbita il satellite artificiale Osumi, il primo di una lunga serie di successi che si sono alternati negli anni. Dal 1975 al 1985 i lanci continuarono con il vettore N-I composto da un razzo Thor di McDonnel Douglas per il primo stadio, e un razzo di Mitsubishi Heavy Industries per il secondo. Questo vettore fu seguito dal modello N-II dotato di due o tre stadi, rimasto in servizio fino al 1987. Da queste esperienze fu derivato lo H-I, operativo dal 1986 al 1991. Poi nel 1994 arrivò lo H-II (o H2), considerato il maggior successo nipponico, un vettore sviluppato da Nissan e Mitsubishi Heavy Industries. La famiglia di questi razzi si arricchì con ulteriori modelli, come lo H-IIA e lo H-IIB, fino a giungere al nuovo H3 ancora in fase di sviluppo. Insieme a questi razzi si è vista anche la realizzazione di altri vettori, come la famiglia Mu, inizialmente sviluppata da Nissan e poi da Ishikawajima Harima (IHI). Questi fortunati razzi a combustibile solido videro alternarsi diversi modelli, dal 1966 al 2006, con i razzi M-1, M-3, M-4, e il più potente M-5 (o M-V). Oggi, la famiglia dei razzi Mu è stata sostituita dal nuovo razzo Epsilon, inaugurato nel 2013, che è in grado di trasportare 1,2 tonnellate di carico nell'orbita terrestre bassa. Ricordiamo anche un altro successo, ottenuto con il razzo J-1, che nel 1996 riuscì a lanciare il veicolo HYFLEX (Hypersonic Flight Experiment), un prototipo dimostratore di lifting body space plane, equivalente agli attuali hypersonic glide vehicle (HGV). Come si può intuire da questa breve carrellata, al Giappone non mancano certo i mezzi e le capacità per dominare anche lo spazio. 


Gestione della ADIZ giapponese

Nel settembre 1969 le autorità giapponesi istituirono una ADIZ (Air Defense Identification Zone) che stabilisce lo spazio aereo nel quale i velivoli transitanti devono rispettare le procedure per il controllo del traffico aereo, facilitando inoltre il riconoscimento anche da parte della difesa aerea. In caso contrario, è prevista l'intercettazione con i caccia della JASDF, l'identificazione e l'adeguata reazione in caso di comportamento ostile. La ADIZ giapponese copre gran parte della sua EEZ (Exclusive Economic Zone), e tutela quindi i legittimi interessi del paese. Ovviamente la ADIZ giapponese è stata riconosciuta dai paesi alleati, in primo luogo gli Stati Uniti, e infatti la zona di identificazione così creata riprendeva quasi lo stesso spazio aereo stabilito nel 1945 dal GHQ (General Headquarters) delle forze di occupazione alleate. Me nel tempo la ADIZ giapponese ha subito un ampliamento, il primo nel 1972, quando furono incluse le isole Ryukyu restituite al Giappone dagli Stati Uniti, e nel 2010 per aumentare l'estensione sull'isola di Yonaguni, nell'estremo sud-occidentale. 

La ADIZ giapponese è divenuta motivo di aspro scontro a causa del tentativo cinese di imporre unilateralmente una propria ADIZ sul Mar Cinese Orientale. Il 23 novembre 2013, il governo di Pechino annunciò perentoriamente di aver instaurato una zona di identificazione della difesa aerea, e minacciò gravi conseguenze per i trasgressori che non avessero rispettato le regole imposte dalla Cina. Però la ADIZ cinese si sovrapponeva sulle preesistenti ADIZ giapponese e coreana, in particolare copriva le isole contese Senkaku, amministrate dal Giappone, e la scogliera Socotra Rock (in coreano Ieodo) che rientra nella zona economica esclusiva coreana. Ciò provocò un aspro scontro diplomatico che infiammò gli animi. Nei giorni seguenti decine di F-15J giapponesi e F-15K sudcoreani ignorarono le intimidazioni cinesi, e senza alcun riguardo penetrarono nello spazio aereo della presunta ADIZ cinese. Nella mattina del 26 novembre 2013, due bombardieri Boeing B-52H dell'USAF partiti da Guam volarono indisturbati per 2 ore e 22 minuti nella ADIZ cinese, compiendo una plateale azione dimostrativa. L'imbarazzo delle autorità cinesi si tramutò così in un riservato silenzio che sostituì le intimidazioni e i comunicati roboanti. Negli anni seguenti Pechino ha continuato a cercare di imporre la sua ADIZ con la forza, aumentando la presenza di caccia cinesi, ma ha ottenuto il risultato esattamente opposto perché Tokyo ha risposto raddoppiando, il 31 gennaio 2016, la presenza di F-15J su Okinawa presso la base aerea di Naha, creando il 9th Air Wing con 2 squadron e 40 aerei da caccia. In questo modo la disponibilità di un maggior numero di aerei ha permesso di realizzare gli scramble necessari, garantendo la persistenza e integrità della ADIZ del Giappone. 


Lo scontro impraticabile

La tendenza alla semplificazione della stampa mainstream descrive la Repubblica Popolare Cinese come la superpotenza che dominerà il XXI secolo, ma questa è una esagerazione utile per scrivere titoli roboanti, ma che risulta a una attenta analisi piuttosto lontana dalla realtà, che è molto più complessa e articolata. Infatti, in Estremo Oriente esistono altre grandi potenze, come l'India e il Giappone, che stringono ai fianchi il cosiddetto Regno di Mezzo (traduzione letterale di Zhongguo, il nome in cinese della Cina), e inoltre quasi tutti gli altri paesi asiatici sono ormai fortemente ostili nei confronti dello scomodo vicino, che rivendica territori al di fuori dei suoi confini geografici. Ciò sta destabilizzando l'Asia, ed è all'origine di laceranti tensioni, e infine di un riarmo nella regione senza precedenti. La realtà ci mostra un multipolarismo caotico con una pluralità di attori, e una complessità che non può essere ridotta a uno schema predefinito. In conclusione, in questo quadro la Cina è causa di instabilità piuttosto che di ordine e armonia, e soprattutto non può essere considerata in alcun modo un fattore di equilibrio, anzi è assolutamente destabilizzante, provocando contrasti e conflitti. 

Nel settore della difesa, nonostante la crescita continua della spesa militare cinese, si possono riscontrare ancora molte limitazioni e lacune provocate da un processo di modernizzazione disomogeneo e incoerente, e questi problemi sono evidenti anche nella PLAAF (People's Liberation Army Air Force) e nella PLANAF (People's Liberation Army Navy Air Force), ovvero le forze aeree dell'Aeronautica e Marina cinesi. Sebbene la PLAAF disponga di un gran numero di caccia, un'analisi dettagliata della composizione di questa forza aerea, mostra che ci sono ancora in servizio moltissimi caccia obsoleti e fatiscenti, come 388 Chengdu J-7 (copia del MiG-21) e 96 Shenyang J-8 (versione migliorata con fusoliera rinnovata del MiG-21), simboli evidentemente di un'organizzazione ancora troppo disomogenea. 

Un'altra gravissima carenza riguarda i caccia Shenyang J-15 imbarcati sulle portaerei cinesi, che hanno caratteristiche e prestazioni decisamente scadenti. Lo Shenyang J-15 è una versione cinese del Sukhoi Su-33, che a causa delle grosse dimensioni, del peso eccessivo, e della scarsa potenza dell'apparato propulsivo, è costretto a gravi limitazioni per consentire il decollo dal trampolino (ski-jump) delle portaerei cinesi di tipo STOBAR (Short Take-Off But Arrested Recovery), come la Liaoning e la Shandong. Ciò significa che per contenere il peso, e favorire quindi il decollo, veiene imbarcato poco combustibile e meno armamenti. Questa situazione è chiaramente visibile con l'osservazione dei J-15 che decollano dalle portaerei con pochi missili, che sono veramente ridotti all'essenziale. Secondo alcune fonti cinesi, in queste condizioni lo Shenyang J-15 avrebbe un'autonomia limitata a soli 120 km, un valore decisamente basso che ne compromette l'operatività, riducendone al minimo le capacità offensive. 

Da un punto di vista logistico, ciò significa che la JASDF possiede ampiamente mezzi e competenze per contrastare l'aviazione e l'aeronavale cinesi, conservando l'assoluto dominio dello spazio aereo del Giappone. Così la strategia della "collana di perle", senza il controllo della prima catena di isole, risulta ancora un'utopia e un sogno irraggiungibile, essendo impraticabile uno scontro diretto con la JASDF. 





  

sabato 19 agosto 2023

Il Giappone contro il caos

Articolo pubblicato dalla rivista "Panorama Difesa". Cfr. Cristiano Martorella, Il Giappone contro il caos, in "Panorama Difesa", n. 418, anno XL, maggio 2022, pp. 58-69. 



Il Giappone contro il caos 

Il paese del Sol Levante ha assunto una posizione risoluta contro un eventuale sovvertimento dell'attuale ordine internazionale, avvertendo che non permetterà mai l'invasione di Taiwan da parte della Cina. 

di Cristiano Martorella 


L'invasione russa dell'Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022, ha provocato una durissima reazione del governo giapponese guidato dal primo ministro Fumio Kishida, che si è concretizzata in rigorose sanzioni economiche e nell'interruzione dei progetti congiunti (a Sakhalin e nelle Curili), oltre al congelamento dei beni di varie banche e il blocco delle esportazioni di semiconduttori e altri prodotti hi-tech. Soprattutto è stato ribadito che si ritiene intollerabile il disprezzo del diritto internazionale e la mancanza di rispetto della sovranità e integrità territoriale dei paesi, lanciando anche un chiaro monito alla Cina che sembrerebbe intenzionata ad approfittare della situazione. Infatti si teme che Pechino voglia trarre vantaggio dagli eventi per compiere qualche azione militare a favore delle sue numerose rivendicazioni territoriali. L'esecutivo nipponico è particolarmente preoccupato per le affermazioni del ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che durante la sua visita in Giappone del 24-25 novembre 2020, si espresse in maniera decisamente aggressiva, sostenendo che la Repubblica Popolare Cinese riconosceva come territori giapponesi soltanto quelli indicati nella Dichiarazione di Potsdam (26 luglio 1945), escludendo così molte isole, tra le quali l'intero arcipelago delle Ryukyu e le isole Ogasawara. Tuttavia le maggiori attenzioni sono rivolte a un altro pericoloso contenzioso territoriale, che riguarda l'isola di Taiwan, al centro di una disputa che è soprattutto ideologica e politica, poiché mette in crisi il "principio di una sola Cina", essendo Taiwan nient'altro che la Repubblica di Cina proclamata nel 1912, dopo la Rivoluzione Cinese (1911-1912) e la caduta della dinastia Qing. Anche se riconosciuta da pochi governi, Taiwan è comunque uno "stato indipendente" de facto, con un assetto democratico e un presidente eletto regolarmente attraverso libere elezioni e un vasto consenso popolare, e si trova dunque in una condizione che può essere sovvertita soltanto con l'uso della forza. 


La verità storica

Per comprendere la questione della disputa che riguarda Taiwan è assolutamente necessario conoscere correttamente la storia di quest'isola, purtroppo poco nota e spesso confusa a causa della propaganda politica. Paradossalmente l'isola di Taiwan, chiamata Formosa dagli occidentali, non era un possedimento cinese nell'antichità, e soltanto in tempi relativamente recenti è entrata a far parte dell'Impero Cinese, ma tuttavia non ha mai fatto parte della Repubblica Popolare Cinese che fu istituita soltanto nel 1949. Originariamente abitata soltanto da tribù di aborigeni e popolazioni malesi, fu scoperta e visitata dai navigatori portoghesi nel XVI secolo, e successivamente instaurò scambi commerciali anche con olandesi e spagnoli. Furono appunto gli europei a darle il nome di Formosa, attribuitole per la bellezza esotica. Nel 1683 l'isola fu annessa dall'Impero Cinese dominato dalla dinastia mancese dei Qing, assegnandole invece il nome cinese di Taiwan che letteralmente significa "baia del tavolo." Nel 1895 venne ceduta al Giappone a seguito del Trattato di pace di Shimonoseki, che sancì la sconfitta e la resa della Cina nella Prima guerra sino-giapponese (1894-1895). Taiwan venne restituita al governo nazionalista di Chiang Kai-shek, rappresentante della Repubblica di Cina, soltanto nel 1945, dopo la resa del Giappone nella Seconda guerra mondiale. 

Ancora più complessa e intricata risulta la disputa fra le diverse forze politiche che si sono contese il potere in Cina. Infatti, da un punto di vista storico, Taiwan è anche l'eredità della guerra civile cinese, che in realtà non sarebbe mai terminata, non essendoci mai stato un armistizio o un trattato di pace. Il conflitto ha origini lontane che è indispensabile conoscere esattamente per evitare equivoci e fraintendimenti, purtroppo molto frequenti nelle ricostruzioni dei fatti. La Rivoluzione Cinese, iniziata nel 1911, si concluse con la caduta dell'Impero della dinastia Qing, e con la proclamazione delle Repubblica di Cina nel 1912, che fu inizialmente guidata dal presidente Sun Yat-sen. Il nuovo stato cercò di estendere il proprio controllo su gran parte della Cina, ma fu molto difficile a causa delle divisioni interne, e così molte regioni rimasero indipenendti e governate dai cosiddetti "signori della guerra". Nel 1921 venne fondato a Shanghai il Partito Comunista Cinese, che avrebbe assunto un ruolo significativo in seguito, fino a diventare la causa di un lacerante conflitto. In questa prima fase, comunque, i comunisti collaborarono con il Partito Nazionalista (Kuomintang) che deteneva il potere, in un sistema politico ancora basato sul pluralismo, la rappresentanza parlamentare, e la democrazia liberale di matrice occidentale. Nel 1927 iniziò una dura repressione contro i comunisti, e la guerra civile esplose travolgendo l'intero paese e trascinandolo in un sanguinoso conflitto. Il comandante supremo dell'Esercito Nazionalista era Chiang Kai-Shek, che fu l'artefice di questo duro scontro caratterizzato da una forte connotazione ideologica. Chiang Kai-shek divenne nel 1928 anche capo di stato e presidente della Repubblica di Cina, dando una svolta autoritaria al governo del paese con il principio del partito unico, e ponendo la capitale a Nanchino. Negli anni '30 l'occupazione della Cina da parte delle forze militari giapponesi aumentò la confusione e la destabilizzazione politica. I comunisti, cacciati dai nazionalisti e attaccati dai giapponesi, furono impegnati in una catastrofica ritirata, in cui perirono circa 79.000 uomini, che nonostante tutto la propaganda celebrò come fosse stata una vittoria e la chiamò la "lunga marcia" (changzheng). Nel 1945 l'entrata in guerra dell'Unione Sovietica contro il Giappone cambiò le sorti del Partito Comunista Cinese, che armato e dotato di mezzi e logistica adeguata dai russi, iniziò un'offensiva contro i nazionalisti di Chiang Kai-shek. Nel 1949 le forze militari di Chiang Kai-shek si ritirarono sull'isola di Formosa, chiamata dai cinesi col nome di Taiwan, portando con sé numerosi tesori artistici e ricchezze. Queste risorse e capitali furono in seguito fondamentali per la crescita economica di Taiwan. Il 1° ottobre 1949 fu fondata la Repubblica Popolare Cinese, e ciò creò un grave contenzioso politico su quale stato rappresentasse davvero la Cina. Ma la disputa non era soltanto poltica, ma anche militare perché dopo la guerra civile dal 1927 al 1937, il conflitto riprese con intensità dal 1946 al 1950, e la ritirata sull'isola di Taiwan non pose fine alla guerra, piuttosto creò una condizione favorevole ai nazionalisti che approfittarono delle carenze di mezzi anfibi e da sbarco dei comunisti, impossibilitati quindi a conquistare l'isola. Nel 1954 ci fu la prima crisi dello stretto di Taiwan, quando l'artiglieria comunista iniziò a bombardare le isole di Quemoy e Matsu, ma le pressioni degli Stati Uniti posero fine a questa aggressione. La seconda crisi dello stretto di Taiwan avvenne nel 1958, sempre con le stesse modalità, e vide il pesante cannoneggiamento di Quemoy, e la richiesta della resa delle forze presenti sull'isola. Ma i nazionalisti erano riusciti a resistere grazie alle eccellenti difese rappresntate da una fitta rete di bunker e gallerie. Anche in questo caso fu decisivo l'intervento americano, con la Settima Flotta che si recò nell'area degli scontri. In questa fase le forze armate di Taiwan, rifornite con le armi più moderne dagli Stati Uniti, dimostrarono una certa superiorità tecnologica rispetto alle forze comuniste. I caccia F-86F Sabre, dotati dei nuovi missili AIM-9 Sidewinder, riuscirono ad abbattere ben 29 aerei nemici fra MiG-15 e MiG-17, subendo soltanto una perdita. Un altro scontro fra caccia avvenne molto più tardi, il 13 gennnaio 1967, quando quattro F-104G Starfighter di Taiwan riuscirono ad abbattere due MiG-19, confermando anche in questo caso la loro superiorità. La terza crisi dello stretto di Taiwan avvenne il 25 luglio 1995, quando l'Esercito Popolare di Liberazione cinese lanciò alcuni missili nelle acque a nord di Taiwan. Anche in questo caso l'aggressione si concluse con l'intervento della Settima Flotta che si recò sul posto per scoraggiare qualsiasi tentativo di aggressione. 

L'aspetto politico è però molto più intricato del confronto militare perché Taiwan, come spiegato in precedenza, è l'erede della Repubblica di Cina fondata nel 1912, e non ha cambitato denominazione, e nemmeno la bandiera, rimanendo pressoché inalterata nella sua forma politica e istituzionale. L'isola ha conosciuto un ritorno alla democrazia, così come era all'origine, quando negli anni '80 venne ritirata la legge marziale e ripristinato il pluralismo. Per molti anni la Repubblica di Cina, ovvero Taiwan, ha rappresentato la Cina nelle istituzioni internazionali. Soltanto dal 25 ottobre 1971, l'ONU ha riconosciuto ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese al posto della Repubblica di Cina. Mentre gli Stati Uniti hanno ristabilito le relazioni e il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese nel 1979. 


Le difese di Taiwan

Davvero è possibile invadere Taiwan? Secondo gli esperti militari ci sono diverse difficoltà che rendono l'impresa complessa e problematica da realizzare. La prima difficoltà è di carattere fisico e geografico, costituita dallo stretto di Taiwan che ha un'ampiezza massima di 200 km, e nel caso di uno sbarco esporrebbe le navi impegnate al fuoco nemico per un periodo di tempo troppo lungo. Inoltre Taiwan è vicina al cosiddetto Triangolo del Drago (o Mare del Diavolo), una zona dell'Oceano Pacifico caratterizzata da terribili tempeste e tifoni che impediscono la navigazione, e hanno provocato l'affondamento frequente di grosse navi. Le dimensioni di Taiwan rappresentano poi un altro serio ostacolo, con un'area di 36.197 chilometri quadrati, e una popolazione di 23 milioni di abitanti. Risulta evidente che in caso di occupazione sarebbe arduo controllare l'intero territorio, e l'invasione degenerebbe in una guerra di resistenza a oltranza. 

Un altro aspetto che rappresenta una difficoltà ragguardevole riguarda le difese attive e passive delle Forze Armate taiwanesi, le quali non sono affatto trascurabili in alcuni settori specifici. Fra le difese passive ci sono i vasti complessi di bunker sotterranei collegati da una fitta rete di gallerie, che nascondono e proteggono gli impianti e i sistemi d'arma, fra cui anche gli shelter per gli aeroplani che spesso sono anch'essi posti in rifugi sottoterra o ricavati da grotte nelle montagne. Fra le basi aeree più importanti figurano Hsinchu, Ching Chuan Kang, Chiayi e Hualien, tutte dotate di shelter pesantemente rinforzati, mentre le difese antiaeree e antinave dispongono di opportuni rifugi distribuiti sul territorio, e permettono quindi lo spostamento e il trasferimento in diversi punti del paese. Distruggere tutte queste installazioni è impossibile, perché anche in caso di un attacco massiccio qualcuna sopravviverebbe, e poi dovrebbe comunque essere individuata. Soprattutto rimarrebbero intatti gran parte dei sitemi antiaerei e antinave, quasi tutti mobili come nel caso dei sistemi Antelope armati con i missili terra-aria Tien Chien TC-2, oppure Avenger con i missili Stinger, a cui si aggiungono anche i missili MIM-23 Hawk e RIM-7 Sparrow del sistema Skyguard. Un altro potente missile a disposizione delle difese antiaeree è il Tien Kung, di cui esistono tre versioni (TK-1, TK-2, TK-3), che può vantare anche capacità antimissile balistico, funzione svolta in gran parte dalle batterie di missili Patriot PAC-3, in fase di potenziamento con l'acquisto della nuova versione MSE (Missile Segment Enhancement). Con quest'ultima acquisizione della versione più recente, Taiwan dovrebbe raggiungere un numero complessivo di più di 650 missili Patriot, una dotazione considerevole e adeguata alla situazione. 


I missili antinave e cruise

Un approfondimento speciale deve essere dedicato ai missili antinave e cruise, che in questo contesto risultano determinanti, essendo chiaro che l'impiego di navi da trasporto sono indispensabili per lo sbarco e l'occupazione dell'isola, e il blocco della flotta nemica determinerebbe il fallimento dell'invasione fin dal primo momento. Taiwan non intende perciò fronteggiare la Repubblica Popolare Cinese realizzando un dispositivo militare equivalente, ma al contrario si pone l'obiettivo di seguire la dottrina della guerra asimmetrica per mettere in crisi l'avversario con armamenti e tecniche di combattimento differenti. Così la flotta taiwanese dovrebbe rimanere limitata alle fregate, in gran parte di vecchio modello, e alle piccole unità costiere utili per rapide incursioni, e l'aviazione, pur subendo un rinnovamento, sarà basata ancora sui caccia di quarta generazione. Le armi che invece si vogliono sviluppare in gran quantità e al massimo livello tecnologico sono i missili cruise e i missili antinave supersonici, e si ritiene di poter realizzare facilmente questo obiettivo contando sul supporto dell'avanzata industria locale. Attualmente i principali modelli di queste armi sono rappresentati dai missili antinave supersonici Hsiung Feng III, e i missili cruise Hsiung Feng IIE e Wan Chien, ma nuove versioni sono ormai state completate e sono pronte a entrare in servizio. La varietà e la qualità di questi missili è sorprendente, ed è senza dubbio utile approfondirne la conoscenza. Lo Hsiung Feng II è un missile antinave disponibile in tre versioni, aviolanciabile, navalizzato e per batterie costiere. Ha un peso di 685 kg, una lunghezza di 4,8 m, e un diametro di 40 cm, con una testata bellica di 180 kg. Il raggio d'azione è di 160 km per il modello Block I, e 250 km per il Block II. Il sistema propulsivo impiega un turbogetto che garantisce una velocità di crociera subsonica intorno a Mach 0,85 (equivalente a 1.049 km/h). Il sistema di guida è inerziale per la fase di volo intermedia, e invece per la fase terminale impiega un dual system basato sulla guida radar attiva e infrarossa. Lo Hsiung Feng III è un potente missile supersonico a medio raggio, che può svolgere sia il ruolo di missile cruise contro obiettivi terrestri, sia di missile antinave. Può essere lanciato dalle navi, come le fregate e le motocannoniere missilistiche, ma anche da canister montati su rimorchio trainato da un autocarro, ed è ampiamente impiegato anche nei bunker rinforzati. Ha un peso di 1.500 kg, una lunghezza di 6 m, un diametro di 45 cm, con una testata bellica perforante di 225 kg. Il sistema propulsivo è composto di due booster a combustibile solido e un motore ramjet, ed è capace di garantire una velocità massima di Mach 2,5, con un raggio d'azione di 400 km. Lo Hsiung Feng IIE, noto anche come HF-2E, non è una variante dello Hsiung Feng II, ma è invece un missile completamente nuovo, e il nome adottato è volutamente equivoco con lo scopo di coprire il progetto durante lo sviluppo attraverso la disinformazione. Lo Hsiung Feng IIE è infatti un potente missile cruise con una gittata fra 600 e 2.000 km che appartiene alla categoria dei missili com lo RGM-109 Tomahawk. Ha un peso di 1.600 kg, una lunghezza di 6 m, un diametro di 51 cm, ed è propulso da un turbogetto che gli consente una velocità subsonica fra Mach 0,75 e Mach 0,85. Ha una testata bellica di 450 kg, ma può montare anche altre testate belliche più leggere che permettono di incrementare l'autonomia. Il sistema di guida impiega il GPS e il TERCOM (Terrain Contour Matching), con guida infrarossa nella fesa terminale. Il Wan Chien è un missile cruise aviolanciabile, con un raggio d'azione di 240 km, ma la nuova versione in fase di sviluppo avrebbe addirittura una gittata di 400 km. Ha un peso di 650 kg, una lunghezza di 3,5 m, con un diametro di 61 cm. Il missile usa come propulsore un turbofan che gli consente una velocità di crociera subsonica. La testata bellica ha un peso di 350 kg, e può montare diversi tipi di submunzioni, mentre il sistema di guida impiegato è il GPS. Questa varietà di missili cruise e antinave costituisce una minaccia insidiosa per la Repubblica Popolare Cinese, e ciò è ancora più vero se si considera il fatto che gran parte dei missili è protetta in bunker rinforzati difficili da espugnare. 


La posizione del Giappone

Il ministro Fumio Kishida ha espresso, in un discorso del 2 marzo 2022, una posizione molto dura nei confronti della Russia, riaprendo anche un contenzioso irrisolto che dura da molto tempo. Infatti, verso la fine della Seconda guerra mondiale, l'Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone, combattendo dall'8 agosto al 2 settembre 1945. Il 18 agosto 1945, nonostante fossero trascorsi appena tre giorni dalla dichiararazione di resa del Giappone, furono invase le isole Curili, in un'operazione di sbarco che costò alle truppe sovietiche perdite maggiori di quelle nipponiche. Purtroppo l'Unione Sovietica si rifiutò di firmare il Trattato di Pace di San Francisco (8 settembre 1951), e i due paesi non trovarono quindi un accordo per risolvere i problemi territoriali, e nonostante la Dichiarazione Congiunta Sovietico-Giapponese (19 ottobre 1956) che impegnava i rispettivi governi a negoziare un trattato di pace, non si riuscì a raggiungere nessun tipo di compromesso. Il Giappone aveva ottenuto legalmente il possesso dell'intero arcipelago delle isole Curili scambiandolo nel 1875 con l'isola di Sakhalin, ed è in base a questi accordi che avanza delle pretese, chiedendo la restituzione di almeno quattro isole (Kunashiri, Etorofu, Shikotan, Habomai). Ma i negoziati non si sono mai risolti positivamente, e il governo Kishida ha deciso di assumere una posizione molto più aggressiva, approfittando anche delle difficoltà economiche della Russia. Per quanto riguarda la questione di Taiwan, il premier Kishida ha ripreso un indirizzo del suo predecesso Yoshihide Suga. Ricordiamo, infatti, che il 5 luglio 2021, il vice primo ministro giapponese Taro Aso, un importante membro del governo Suga, dichiarò che Tokyo sarebbe intervenuta in aiuto di Taiwan nel caso di un tentativo di invasione cinese, e ciò costituì una novità ragguardevole, rompendo la consuetudine diplomatica di non schierarsi apertamente in un possibile conflitto, ma al contrario prendendo una netta e inequivocabile posizione al riguardo. Una settimana dopo, il 13 luglio 2021, il governo nipponico pubblicò il suo rapporto annuale sulla difesa, che per la prima volta menzionava l'importanza di mantenere la stabilità intorno a Taiwan, che è considerata di fondamentale interesse per la sicurezza del Giappone. Il vice primo ministro Taro Aso ha poi aggiunto altri particolari che riguardano la posizione del proprio paese, osservando che Taiwan dista soltanto 110 km dalle isole giapponesi più vicine (l'arcipelago delle Yaeyama), e quindi un'invasione cinese rappresenterebbe una minaccia esistenziale alla sicurezza del Giappone. Inoltre i media locali hanno rivelato la richiesta delle autorità militari giapponesi di conoscere i piani americani per la difesa di Taiwan, così da predisporre un proprio intervento e una partecipazione adeguata, e la domanda sarebbe stata accolta avviando una più stretta cooperazione per garantire la sicurezza dell'area. Già adesso i rapporti fra Taiwan e il Giappone sono molto buoni, specialmente nel settore della sicurezza, che consiste in una collaborazione sempre più frequente e proficua. Infatti, le autorità militari giapponesi comunicano esattamente la posizione e gli spostamenti delle navi da guerra cinesi alle rispettive autorità di Taipei, e ciò avviene sia quando sono in procinto di avvicinarsi all'isola, sia quando si muovono in modo sospetto. Questa collaborazione impedisce perciò qualsiasi possibile attacco a sorpresa delle navi cinesi che sono attentamente monitorate. Inoltre, sull'isola giapponese di Yonaguni è operativa una potente stazione radar che controlla lo spazio aereo e il mare con un raggio d'azione di circa 370 km, coprendo quindi anche parte di Taiwan e dello stretto che la divide dal continente. Infatti, l'isola di Yonaguni dista soltanto 110 km da Taiwan, e costituisce un avamposto e un punto cruciale delle difese nipponiche, tanto che in questi anni ha ricevuto un significativo rafforzamento con impianti, mezzi e soldati. Per questo motivo è stata decisa anche la creazione entro il 2023 di una base con un reparto per la guerra elettronica, che può inibire con i suoi strumenti l'utilizzo dei radar e bloccare i sistemi di guida dei missili danneggiando le loro apparecchiature elettroniche. Secondo la stampa giapponese, queste attrezzature per la guerra elettronica sarebbero molto potenti ed efficaci, e poiché costituiscono un notevole vantaggio vengono ancora avvolte dal segreto, evitando la diffusione di dettagli e prestazioni. 


Le difese del Giappone

Il dispositivo militare del Giappone è ottimizzato per fornire una eccellente difesa dei territori in prossimità delle sue isole, ma anche di paesi vicini come Taiwan, che sono considerati nella sfera di competenza delle Forze di Autodifesa giapponesi. Infatti, i sottomarini delle classi Soryu e Taigei sono stati progettati appositamente per operare nei bassi fondali dello stretto di Taiwan e del Mar Cinese Meridionale, grazie a una struttura e un design particolare, fra cui i timoni a forma di X, che permettono di navigare in acque poco profonde. Anche i siluri, come i siluri corti per navi e aerei Type 12 da  324 mm, e i Type 89  e Type 18 da 533 mm per i sottomarini, sono stati riprogettati per operare in ambienti marini con bassi fondali, e ridurre al minimo i disturbi acustici causati dal differente ambiente. Ciò permetterebbe, in caso di conflitto, una grande libertà di movimento ai sottomarini giapponesi, che potrebbero affondare indisturbati le navi impegnate in un eventaule sbarco. Soprattutto, il Giappone è in grado di controllare, tramite le batterie di missili antinave Type 12 SSM, i passaggi attraveso gli stretti e le isole della lunga catena dell'arcipelago delle Ryukyu, posti davanti alla Cina, e questo limiterebbe decisamente i movimenti della flotta cinese. Al contrario di ciò che afferma la propaganda di Pechino, la strategia espansionistica della Cina è in grave crisi per alcuni motivi che cercheremo di analizzare meglio. I due più importanti riguardano la mancata realizzazione del completo controllo dell'Oceano Pacifico, e il forte riarmo dei paesi asiatici rivali, che impedisce di attuare azioni militari senza rischiare gravissime perdite. Secondo l'ammiraglio Liu Huaqing, entro il 2010 la Cina avrebbe dovuto ottenere la supremazia e il controllo della prima catena di isole (composte da Giappone, Ryukyu, Taiwan, Filippine e Borneo), ed entro il 2020 della seconda catena (isole Marianne, Guam e Palau). Però è evidente che nonostante l'imponente crescita della flotta cinese, ciò non è avvenuto e i paesi asiatici rivali hanno continuato a mantenere il controllo dei propri territori, aumentando conseguentemente le forze a disposizione con un aumento degli investimenti nella Difesa. Questo è il caso del Giappone che spicca anche per la realizzazione di una A2/AD (Anti-Access/Area Denial) molto ampia e potente, che si estende dall'arcipelago delle Ryukyu fino all'isola di Kyushu. Normalmente questo tipo di difesa è chiamata "bolla", ma in questo frangente siamo in presenza di una "linea" di isole molto serrate e vicine, che sono collegate fra loro, e permettono quindi il passaggio di rinforzi, comprese le batterie di missili. Infatti, è la quantità di batterie di missili disposte su queste isole che ci consente di parlare con cognizione di termini di una difesa anti-intrusione giapponese, tanto da meritare di essere analizzata con maggiore precisione perché tutto ciò ha importanti implicazioni geopolitiche. 

In questo contesto sono innanzitutto determinanti le postazioni di sorveglianza e controllo, con un ruolo determinante per i radar. Infatti postazioni radar sono già stati dispiegati dalla JGSDF (Japan Ground Self-Defense Force) nelle isole di Yonaguni, Miyako, Ishigaki e Iriomote. Inoltre, il 28 marzo 2016 è stata inaugurata la nuova fondamentale base militare a Yonaguni, l'isola più remota del Giappone posta a sud-ovest, dotata di una stazione radar permanente presidiata da un contingente di 160 soldati della Coastal Observation Unit (Enkaikanshitai) della JGSDF, comandata dal tenente colonnello Daigo Shiomitsu. Con questo potente radar si estendono di oltre 370 km le capacità di sorveglianza marittima e aerea. Ricordiamo che a Yonaguni si trovano postazioni radar anche nelle località di Kubura e Sonai. A queste installazioni si aggiungono gli impianti radar più grandi che si trovano nelle basi militari della JASDF (Japan Air Self-Defense Force) a Okinoerabu, Kume, Yozadake e Miyako. La base di Okinoerabu ospita un radar J/FPS-7 aggiornato con funzioni antibalistiche in grado di intercettare i missili balistici, mentre a Kume c'è un radar aereo J/FPS-4, e sulla più distante isola di Miyako si trova un altro radar J/FPS-7 con le stesse capacità antibalistiche, e infine a Yozadake sull'isola di Okinawa è installato un J/FPS-5C, fra i più moderni e potenti impianti radar, anch'esso dotato di funzioni per l'intercettazione dei missili balistici. Quindi il dispositivo di controllo radar impiegato nelle isole meridionali giapponesi è molto esteso e potente, ma anche decisamente aggiornato e raffinato, e costituisce un formidabile ostacolo che impedisce l'effetto sorpresa di un attacco, e inoltre rappresenta anche uno strumento fondamentale per coordinare una risposta efficace e un contrattacco determinante contro il nemico. Si noti che molti impianti radar sono posti su isole vicine, e ciò non significa che siano un inutile doppione, ma risponde all'esigenza di ridondanza in previsione di un possibile attacco, con la possibilità di avere più radar in funzione anche se qualcuno è stato colpito e distrutto.   

Con il Mid-Term Defense Program 2014-2018 si è provveduto a un consistente potenziamento delle difese A2/AD che possiamo vedere nei particolari, descrivendo i rafforzamenti esistenti, realizzati o in corso di completamento per ciascuna isola. Su Ishigaki è stato pianificato un aumento delle truppe della JGSDF fino a 600 soldati, ma soprattutto è stato realizzato lo schieramento dei missili antinave Mitsubishi Type 12 SSM con una gittata di 250 km, e in grado quindi di inibire l'accesso alle navi nemiche in prossimità delle isole contese, e inoltre a essi si aggiungono anche le batterie dei missili terra-aria Mitsubishi Type 03 Chu-SAM Kai in grado di abbattere aerei da combattimento supersonici, missili cruise, e anche missili balistici a medio raggio. Sull'isola di Miyako sono installate altre batterie di missili Type 12 e Type 03, e truppe della JGSDF che arriveranno a un massimo di 800 soldati. Anche sull'isola di Amami Oshima le difese sono state rafforzate nello stesso modo, con missili antinave e antiaereo, e 550 soldati. Infine c'è la più grande delle isole Ryukyu, la ben nota isola di Okinawa, dove si trova la base navale della JMSDF (Japan Maritime Self-Defense Force), adiacente alla US White Beach Naval Facility a Uruma, e l'aeroporto della base aerea di Naha. Per salvaguardare le strutture militari da un attacco missilistico a sorpresa l'isola è dotata di batterie di missile antibalistici PAC-3, ma a queste si aggiungono anche quelle dei missili antiaerei Type 03, utili per intercettare missili cruise e supersonici a quote più basse. In proposito ricordiamo che le batterie di PAC-3 sono state già disposte nelle isole di Ishigaki e Miyako, e nell'isola di Okinawa a Naha e Nanjo, ma essendo facilmente trasportabili via nave o aereo possono in poco tempo essere dispiegate in qualsiasi isola delle Ryukyu dotata di porto o aeroporto (in quest'ultimo caso sarebbero impiegati gli aerei cargo Kawasaki C-2 per il trasporto). 

La mobilità è appunto una delle caratteristiche fondamentale dell'interpretazione giappponese della A2/AD, perché riprende i principi esposti dalla dottrina del Dynamic Defense Plan ideata da Yosuke Isozaki, e sviluppo delle National Defense Program Guidelines del 2013. Già con le National Defense Program Guidelines del 2010 del governo di Naoto Kan si introduceva il concetto di Dynamic Defense Force (Doteki boei ryoku), ma è appunto con National Defense Program Guidelines del 2013, durante l'esecutivo di Shinzo Abe, che viene definito il concetto di Dynamic Joint Defense Force (Togo kido boei ryoku), versione estrema dell'idea di difesa mobile e interforze con l'impiego congiunto del potere aereo, navale e terrestre. Per raggiungere questi obiettivi le Forze di Autodifesa (Jieitai) hanno rivoluzionato i propri concetti operativi, e soprattutto hanno implementato nuovi armamenti innovativi. Innanzitutto si è provveduto alla realizzazione di un Transporter Erector Launcher (TEL) particolarmente agile e mobile, il Mitsubishi Omosowa, noto anche come Jusorin sharyo (autocarro pesante), ricavato dal carro recupero della JGSDF (Japan Ground Self-Defense Force) chiamato Jusorin kaishusha. Quest'ultimo è un veicolo ottenuto dalla collaborazione fra Mitsubishi e Kato Works, ed è derivato in particolare dal carro gru Kato Works KA-900 All Terrain Crane. L'Omosowa è lungo 11 m e largo 2,5 m, pesa 24,8 t, e può trasportare un carico di 15 t.  Ha una trazione integrale 8x8 che permette una eccezionale mobilità, potendo raggiungere una velocità massima di 100 km/h. Contemporaneamente si è realizzato anche il potenziamento dei missili antinave costieri e aerei, con il continuo miglioramento dei missili in dotazione. Attualmente si sta realizzando anche una nuova versione del già eccellente missile antinave costiero Type 12, chiamata Type 12 Kai (kai significa modificato) che dovrebbe vantare una gittata doppia, intorno a 300-400 km, ma secondo altre indicazioni dovrebbe superare anche 900 km. Ciò è sorprendente se si pensa che il Type 12 è già un miglioramento del Type 88, ancora in servizio. Comunque, già ora la combinazione dei missili Type 12 e del TEL Omosawa è decisamente micidiale. Infatti, le capacità del Type 12 sono notevoli, potendo essere programmato per effettuare manovre complesse, in modo da consentire l'arrivo simultaneo sul bersaglio da diverse direzioni e con differenti profili d'attacco. Inoltre offre una maggiore flessibilità d'impiego, potendo adottare traiettorie programmate con numerosi way-point. Il sistema di guida include un sistema di navigazione inerziale (INS), un sistema di guida GPS, e un radar per la fase terminale del volo. Il sistema GPS interviene nella fase mid-course, migliorando la precisione e permettendo una esatta conoscenza della topografia del terreno. Così è possibile che il lanciatore resti protetto dietro un'altura, ricevendo le coordinate del bersaglio dal centro di comando e controllo. In tal modo il missile compie una serie di manovre fra le colline, prima di attaccare le navi nemiche. Perciò il lancio può avvenire anche a grande distanza dal mare, nell'interno del territorio. Il missile è in grado di volare a un'altezza di soli 5 metri dal suolo e dalla superficie del mare, riducendo drasticamente la sua visibilità. L'arma è collegata tramite network a diverse piattaforme che possono selezionare e cambiare gli obiettivi anche durante il volo. L'Omosowa può vantare, nonostante le grandi dimensioni, una straordinaria maneggevolezza e mobilità, ed è impiegato come lanciatore non soltanto per i missili antinave Type 12, ma anche per i missili superficie-aria Type 03 Chu-SAM. Quest'arma sta subendo un ulteriore sviluppo con la versione Kai che sembrerebbe dotata di capacità superlative, ancora in gran parte coperte dal segreto (secondo alcune fonti la gittata supera 100 km). La prima versione del  Chu-SAM è costituita da un missile a stadio singolo dotato di un razzo a propellente solido, pesante 570 kg, e lungo 4,9 metri con ha un diametro di 32 cm. La velocità massima raggiunge Mach 2,5, mentre il raggio d'azione è superiore ai 50 km, con un'altitudine massima di 10 km. La struttura è apparentemente semplice con impennaggi cruciformi, ma soprattutto ha il vantaggio di utilizzare un ugello orientabile con spinta vettoriale (thrust vectoring noozle) che permette al missile una grande manovrabilità. Questa eccellente maneggevolezza unita alla buona autonomia lo rendono un'arma assolutamente temibile, con caratteristiche che lo pongono al vertice della categoria. Fra le peculiarità migliori del Chu-SAM spicca il sistema di guida, e in particolare il sofisticato network per l'acquisizione dei bersagli. Il missile viene guidato dal radar dell'unità a terra nella prima fase di volo (mid-course), oppure può usare i dati ricevuti da altri canali, successivamente quando è in prossimità del bersaglio utilizza il proprio radar. L'intercettazione avviene garantendo le massime prestazioni, e infatti il sistema può seguire tracciando simultaneamente 100 bersagli, e colpirne 12 contemporaneamente. Queste caratteristiche sono esaltate dalla versione evoluta Chu-SAM Kai che oltre ad aggiungere nuovi sensori e migliorare il radar, valorizza e potenzia i data link e i collegamenti network. Il missile può quindi utilizzare un data link che permette la comunicazione con gli aerei radar Boeing E-767 AWACS e Northrop Grumman E-2D Advanced Hawkeye, ma anche con i cacciatorpediniere dotati di sistema Aegis e le nuove fregate, così in grado di guidare l'arma direttamente sul bersaglio. 

La mobilità delle batterie di missili Type 12 e Type 03 è garantita dal trasporto aereo fornito dal cargo Kawasaki C-2, un aereoplano che può caricare anche i lanciatori M902 dei missili Patriot PAC-3, e ha fra le sue migliori caratteristiche la possibilità di atterrare su piste particolarmente brevi. Infatti il C-2 ha la capacità di atterrare e decollare in brevissimo spazio: con un carico minimo di 26 t può utilizzare una pista di soltanto 500 metri. Ciò significa che l'aereo può raggiungere e rifornire anche le isole più piccole e remote del Giappone. 

Come già detto, ma è bene ribadirlo, la preclusione degli stretti posizionati lungo l'arco dell'arcipelago delle isole Ryukyu ha enormi conseguenze strategiche, essendo un passaggio obbligatorio per le navi che uscendo dai porti cinesi volessero dirigersi a est verso l'Oceano Pacifico. Bloccando questi passaggi le navi resterebbero intrappolate nel Mar Cinese Orientale senza alcuna possibilità di fuga. Questo è il dilemma strategico della Repubblica Popolare Cinese, che non è ancora riuscita a risolvere, ed è anche la spiegazione della sua affannosa corsa al riarmo navale. Il Giappone e Taiwan, senza troppo clamore e proclami bellicosi, hanno rafforzato le proprie difese missilistiche con l'adozione di più avanzati e potenti missili antinave, ribaltando la situazione, e creando una crisi irreversibile difficile da risolvere per la Cina. 


L'ideologia e il caos

La crisi attuale sembrerebbe apparentemente aver spaccato il mondo in due blocchi contrapposti, da una parte le democrazie liberali e dall'altra le cosiddette autocrazie. In realtà la situazione è ben più complessa perché il mondo aveva già assunto un assetto multipolare, e attori importanti non possono essere schierati da una parte o dall'altra, perché hanno una propria storia e interessi divergenti. Per esempio, l'India si definisce fieramente come "paese non allineato", così come era stato espresso nella Conferenza di Bandung (18-24 aprile 1955), che fu un caposaldo di una visione politica decisamente differente. Oggi, con l'ascesa di altre potenze economiche e militari, questo quadro multipolare diventa sempre più determinante. Tuttavia riconoscere l'assetto multipolare del mondo non significa che si debba ignorare l'importanza di questo argomento ideologico che è fortemente sentito in paesi autoritari come la Russia e la Cina, e rappresenta quindi un punto di svolta. I due leader di questi paesi, Vladimir Putin e Xi Jinping, hanno ripetutamente spiegato che, secondo il loro punto di vista, l'Occidente sarebbe in una crisi irreversibile e un declino inarrestabile. Addirittura affermano che la democrazia liberale sarebbe un modello politico fallito, avendo mostrato le sue incapacità e contraddizioni, e una debolezza cronica rispetto ai sistemi politici autoritari con una forte leadership. Sostengono inoltre che è finito l'ordine mondiale creato al termine della Seconda guerra mondiale, guidato soprattutto dagli Stati Uniti, ed è destinato in breve tempo a essere sostituito da un nuovo ordine mondiale diretto da Russia e Cina. Ovviamente queste idee sono contestate duramente, anche in Giappone, perché la Cina a causa dei suoi estesi contenziosi territoriali sta destabilizzando l'Asia, mentre la Russia ha creato una crisi senza precedenti nel cuore dell'Europa, e quindi si può concludere senza timore di smentita che non si sta costituendo un nuovo ordine mondiale, ma piuttosto un "disordine mondiale". Siamo infatti in presenza di un caos sistemico che può soltanto peggiorare perché è anacronistico ritenere che si possa ricostituire un ordine basato sulla ricostruzione di antichi imperi come la Russia zarista oppure l'Impero Ming. Il Giappone ha poi un'altra motivazione ideologica per osteggiare questo "nuovo ordine mondiale", ed è la scelta di campo compiuta a favore dell'Occidente, da ormai quasi due secoli. Quando nel 1853 le navi del commodoro Matthew Perry arrivarono nella baia di Tokyo, imponendo con la forza al Giappone di aprire i propri porti alle navi straniere per permettere il commercio internazionale, le autorità politiche del paese si interrogarono sull'atteggiamento da assumere. I giapponesi iniziarono a studiare gli stranieri, inviarono alcune spedizioni all'estero, come l'ambasciata in Europa (1862) e la missione Iwakura (1871-1873), e si convinsero che le istituzioni feudali dell'Impero Giapponese erano arcaiche e inadeguate, e la modernità era inarrestabile oltre che desiderabile e auspicabile. Si pretende quindi che adesso il Giappone rinneghi la propria storia e la modernizzazione, rifiuti la democrazia e la libertà, conquistata faticosamente in due secoli, soltanto per compiacere i sogni di due leader che vogliono riportare indietro il tempo. Non c'è dubbio che davanti a questa prospettiva si opporrà non soltanto il governo nipponico, ma tutto l'intero popolo del Giappone.