sabato 24 ottobre 2009

Varo della Hyuga DDH-181







Il varo della Hyuga DDH-181
Entrata in servizio il 18 marzo 2009, varata il 23 agosto 2007 nei cantieri di Yokohama, la nave Hyuga DDH-181. Questo incrociatore portaeromobili è lungo 197 m e largo 33 m, ed ha un dislocamento di 13.950 t (18.000 t a pieno carico). L'unità dovrebbe imbarcare 11 elicotteri, divenendo l'ammiraglia della flotta. Non sono mancate le polemiche per l'entrata in servizio di questa potente nave che rafforza in modo notevole le capacità di attacco del Giappone. Il nome Hyuga è lo stesso di una precedente corazzata della Marina Imperiale che era stata impiegata nella Prima e Seconda Guerra Mondiale.
Cristiano Martorella






sabato 17 ottobre 2009

Nichiren fra nazionalismo e militarismo

Nichiren fra nazionalismo e militarismo
di Cristiano Martorella

Nichiren (1222-1282) fu fra i più importanti monaci buddhisti riformatori dell'epoca Kamakura, e il suo ruolo di spicco appare non soltanto nella religione, ma anche e soprattutto nella storia e nell'ideologia della nazione giapponese. Attualmente la sua figura militante è associata ad alcune organizzazioni buddhiste che ne usano il nome e gli insegnamenti senza approfondire uno studio storico del personaggio, e ne nascondono volutamente i risvolti più controversi. Paradossalmente queste organizzazioni si presentano come sostenitrici del pacifismo, senza rivelare le contraddizioni e le strumentalizzazioni che si sono operate sulla figura di Nichiren. Egli, infatti, non soltanto fu invocato nelle preghiere dei buddhisti desiderosi della pace mondiale, ma venne idolatrato dai nazionalisti giapponesi che ne fecero un modello della loro dottrina politica. La confusione operata sulla figura di Nichiren fu facilitata dagli stessi atteggiamenti intransigenti che il monaco ebbe durante la sua vita. In particolare, alcuni suoi insegnamenti risultarono adatti a giustificare la politica militarista e imperialista del Giappone. Nel 1260 Nichiren aveva presentato al governo giapponese un documento intitolato Rissho ankoku (Insegnamento corretto per la pace della nazione) in cui spiegava il suo punto di vista. Secondo Nichiren, il Giappone era divenuto l'unico paese dove si praticava ancora l'autentico buddhismo, essendo ormai stato cacciato dall'India ed essendo anche in declino nella Cina. Quindi il governo giapponese aveva la responsabilità di preservarlo intatto perché soltanto il paese del Sol Levante aveva quel dono degli dei, anzi doveva davvero impegnarsi per diffonderlo nel mondo. Per compiere questa missione, il governo giapponese avrebbe dovuto proibire tutte le altre religioni, arrestando e giustiziando i sacerdoti dei culti rivali, e radendo al suolo tutti i loro templi. Nichiren non si riferiva solo alle religioni straniere, ma anche alle altre scuole buddhiste avversarie che considerava responsabili di trasmettere un falso buddhismo. Quest'ultimo insegnamento è presente anche oggi in tutte le sette che si ispirano a Nichiren. Infatti esse dichiarano apertamente che soltanto il buddhismo di Nichiren è quello autentico, mentre ogni altra scuola buddhista è falsa. Per far comprendere meglio il rapporto esclusivo e speciale fra il buddhismo e il Giappone, Nichiren scrisse nell'oggetto di culto (Gohonzon), venerato dai suoi seguaci, i nomi di due divinità protettrici del paese del Sol Levante, Hachiman e Tensho Daijin. Quest'ultima è anche chiamata Amaterasu Omikami dagli shintoisti, ed è la dea del sole che fondò, secondo la mitologia giapponese, la dinastia imperiale. Nichiren non si fermò a dichiarare la necessità di eliminare le altre religioni, ma nel testo intitolato Kaimokusho (Aprire gli occhi) spiega come la religione fosse ormai praticata con violenza, e non bisognava fermarsi alle apparenze delle parole, bensì prepararsi allo scontro fisico e all'aggressività. Questo insegnamento fu immediatamento seguito dai suoi seguaci. Il samurai Shijo Kingo raccontò nelle sue lettere di aver combattuto ferocemente contro i suoi avversari, e ciò provocò il compiacimento di Nichiren che lo incoraggiò sempre, e soprattutto gli raccomandò prudenza considerando l'irruenza dell'amico. La crudeltà degli scontri non risparmiò nemmeno lo stesso Nichiren che fu più volte aggredito. Nel 1264, in un suo viaggio ad Awa, Kagenobu Tojo tentò di assassinarlo. Ciò non scoraggiò Nichiren che riprese la sua predicazione basata sulla pratica dello shakubuku. Lo shakubuku, letteralmente spezzare e sottomettere, era un metodo di conversione basato su una veemente predicazione capace di confondere l'auditorio con la provocazione e suscitare deliberatamente l'ira. Secondo Nichiren, era un metodo efficace di conversione perché produceva uno sconvolgimento emozionale e creativo. In realtà ciò provocò le antipatie e l'ostilità delle autorità governative, mal disposte a sopportare disordini e risse, e soprattutto delle altre sette buddhiste, divenute oggetto di una critica feroce e violenta. Il risultato fu la condanna di Nichiren all'esilio per ben due volte, la prima dal 1261 al 1263 a Izu, la seconda dal 1271 al 1274 nell'isola di Sado. Nichiren giustificò le condanne che lo colpirono come una persecuzione nei confronti dei seguaci del Sutra del Loto, e ciò aggravò il suo fanatismo e la sua intolleranza. Infatti, quando fu liberato nel 1274, decise di ritirarsi in isolamento sul monte Minobu, dove visse in estrema solitudine. Durante la sua esistenza, aveva affermato la sicura salvezza attraverso la sua pratica religiosa, ma negli ultimi anni di vita incominciò a esprimere la speranza nella rinascita nel Ryozen jodo (La terra pura della montagna dello spirito), in netta contraddizione con l'insegnamento fino ad allora predicato. Nichiren aveva sostenuto che tutti i desideri espressi si sarebbero realizzati, purtroppo per lui non fu affatto così. Il governo giapponese non seguì i suoi consigli, i suoi avversari delle sette Zen e Jodo accrebbero il loro potere, e l'intero paese non scelse di seguire esclusivamente la sua religione. Nel Giappone contemporaneo non si professa affatto l'unica religione auspicata da Nichiren, ma è garantita la libertà religiosa a diversi gruppi di buddhisti, shintoisti e cristiani.

La vicenda esistenziale di Nichiren si è prestata a varie e contraddittorie interpretazioni. In particolare, Nichiren fu considerato come il salvatore del Giappone dall'invasione dei mongoli (1274 e 1281). Egli infatti aveva predetto, insieme ad altre terribili disgrazie, un'invasione da parte dei mongoli. In realtà la profezia di Nichiren era un po' differente, avendo auspicato una punizione per il popolo giapponese se non avesse seguito la sua religione. Ma ciò non avvenne perché i mongoli furono travolti da un tifone, e questo permise ai sacerdoti shintoisti di giustificare gli eventi come un atto della protezione degli dei attraverso il kamikaze (vento divino). I seguaci di Nichiren, invece, continuarono a sostenere che l'intervento del monaco fu provvidenziale, e addirittura egli avrebbe inventato la bandiera del Sol Levante (hinomaru) e l'avrebbe consegnata alle truppe giapponesi. Questa leggenda si è conservata nell'immaginario collettivo tanto da riapparire nelle considerazioni dei militari giapponesi. Quando l'ammiraglio Heihachiro Togo (1847-1934) si apprestava ad affrontare la flotta russa, egli si recò a pregare davanti all'enorme statua di bronzo di Nichiren che si trova a Fukuoka per ricordare la profezia dell'invasione dei mongoli. La vittoria schiacciante ottenuta a Tsushima (27 maggio 1905) sembrò convalidare la credenza che il Giappone avesse dovuto dominare il mondo. Altri militari e politici incominciarono a sostenere, interpretando a loro modo l'insegnamento di Nichiren, che la missione del Giappone consisteva nel diffondere la sua civiltà nell'intero pianeta. Sfruttando il fanatismo e l'intolleranza presenti nelle affermazioni di Nichiren, lo piegarono facilmente ai loro scopi politici. Nichiren sosteneva che l'unica religione vera fosse quella da lui predicata, e soprattutto condannava il lassismo e la passività, esortando al proselitismo e alla missione di kosen rufu (diffusione della fede). Nelle mani dei militari queste idee divennero una giustificazione della brutalità della guerra, considerata come una forma di rigenerazione e trasformazione del mondo. Un altro principio espresso da Nichiren, il principio di itaidoshin (diversi corpi uno stesso cuore), era manipolato per consolidare l'autoritarismo e la sensazione che il conformismo e l'obbedienza fossero il miglior bene auspicabile.

Fra i militari che sfruttarono il nazionalismo di Nichiren, spicca la figura del colonnello Kanji Ishiwara (1889-1949), un personaggio di spicco nella storia della guerra. Egli provocò, nel settembre 1931, l'incidente alla ferrovia presso Mukden in Manciuria, che diede l'avvio alla guerra con la Cina e all'invasione dell'Asia. Ishiwara era un sostenitore dell'occupazione dell'Asia e credeva nella necessità di uno scontro armato fra Stati Uniti e Giappone. Egli si basava sull'interpretazione della profezia di Nichiren, secondo il quale ci sarebbe stata una grande guerra che avrebbe messo fine a tutti i conflitti. Inoltre Ishiwara affermava che la guerra avrebbe spianato la strada alla ricostruzione e quindi fosse un processo di civilizzazione, e inoltre avrebbe risolto definitivamente la crisi economica.
Queste idee e interpretazioni di Kanji Ishiwara non erano isolate, ma erano molto diffuse e provenivano da un clima politico estremista e fanatico affermatosi in Giappone. Rinjiro Takayama (1851-1902) proclamò l'adesione incondizionata alla teoria della superiorità della nazione giapponese, e soprattutto si orientò verso una forma di individualismo di ispirazione nietzschiana, imperniato sulla convinzione che l'emozione estatica fosse il fattore più importante nella formazione dell'uomo. Per Takayama il superuomo nietzschiano era incarnato perfettamente da Nichiren. Ancora più esplicito fu Chigaku Tanaka (1861-1939), un esponente del partito nazionalista di destra, che nel periodo Taisho (1912-1926) promosse ciò che egli definì nichirenismo (nichirenshugi). Il nichirenshugi è una dottrina sviluppata come reazione ai movimenti dei lavoratori, e che sosteneva la fedeltà allo stato nazionale (kokutai) con a capo l'imperatore. L'influenza di Chigaku Tanaka fu forte nel periodo Taisho e fu una delle fonti del nazionalismo militante giapponese. La sua ideologia lasciò segni anche in Kakutaro Kubo (1892-1944) fondatore della setta Reiyukai.
Nissho Inoue (1886-1967) fu un altro fervente sostenitore del nichirenismo che interpretava il pensiero di Nichiren in chiave nazionalista e militarista. Nissho Inoue, oltre a sostenere con forza le sue idee come intellettuale e pensatore, divenne anche un attivista politico e leader del Ketsumeidan, un gruppo terroristico di estrema destra che provocò l'assassinio del ministro Junnosuke Inoue.
Anche i monaci si schierarono apertamente con il regime militare. Nell'aprile 1938 un gran numero di monaci eminenti della Nichiren Shu fondarono l'Associazione per la pratica del buddhismo secondo la via imperiale (Kodo bukkyo gyodo kai). A capo dell'associazione vi era il monaco Nichiko Takasa che sosteneva di aver raccolto circa 1800 iscritti. La Kodo bukkyo gyodo kai affermava l'unità divina del sovrano e del Buddha, e la venerazione dell'imperatore. Ciò era in netto contrasto con quanto predicato da Nichiren che affermava la superiorità del buddhismo nei confronti dello shintoismo, e la necessità che le autorità governative si adeguassero all'insegnamento della sua dottrina. Alcuni evidenziarono il contrasto e si verificò una parziale rottura fra laici e monaci che sarebbe divenuta più marcata nel dopoguerra. Infatti in quel periodo i dissidenti furono facilmente emarginati e messi a tacere con l'arresto.

Nella società contemporanea ci sono molte sette religiose e organizzazioni di laici che si ispirano a Nichiren. Quasi sempre sono in conflitto fra loro, come il caso eclatante della Nichiren Shoshu che nel 1991 ha scomunicato i membri della Soka Gakkai. Le lotte e i conflitti fra le diverse scuole che si ispirano a Nichiren dimostrano la difficoltà a interpretare correttamente i suoi insegnamenti. Nichiren predicava l'unità dei fedeli della sua religione, nel rispetto del principio di itaidoshin. Però le varietà di interpretazioni che sono state fornite indicano anche la necessità di una maggiore conoscenza storica delle vicende. Un approfondito studio che distingua una conoscenza approssimativa, o peggio, una completa ignoranza dei fatti, dalla consapevolezza della pratica buddhista. Infatti, il Buddha storico, Shakyamuni, insegnava che l'ignoranza è l'origine di tutti i mali. Riconoscere il problema è già l'inizio del cammino che porterà a risolverlo. Per questo motivo bisogna assolutamente squarciare il velo dell'illusione che ci presenta un buddhismo senza difficoltà, contrasti e contraddizioni. Questa illusione non rispecchia la storia del buddhismo che ha in sé anche molte vicende negative.


Bibliografia

Arena, Leonardo Vittorio, Lo spirito del Giappone. La filosofia del Sol Levante dalle origini ai giorni nostri, Rizzoli, Milano, 2008.
Filoramo, Giovanni (a cura di), Dizionario delle religioni, Einaudi, Torino, 1993.
Forzani, Giuseppe, I fiori del vuoto. Introduzione alla filosofia giapponese, Bollati Boringhieri, Torino, 2006.
Henshall, Kenneth, Storia del Giappone, Arnoldo Mondadori, Milano, 2005.
Komatsu, Hosho, Nichiren Shonin zenshu, Shunjusha, Tokyo, 1998.
Yampolsky, Philip, Selected Writings of Nichiren, Columbia University Press, New York, 1990.

giovedì 15 ottobre 2009

Le analisi di Kumazawa Banzan

Nell'antologia La mente del samurai, curata da Thomas Cleary, ci sono interessanti analisi sull'economia di Kumazawa Banzan (cfr. Thomas Cleary, La mente del samurai, Mondadori, Milano, 2009, pp.47-55).
I fermenti culturali del Giappone dell'epoca Edo (1603-1867), anche se poco celebrati e conosciuti, furono sicuramente uno stimolo alle indagini scientifiche, all'approfondimento politico e sociale, alle valutazioni delle condizioni dello sviluppo economico. Kumazawa Banzan (1619-1691) fu l'amministratore di un feudo, e si interesso perciò ai problemi dell'organizzazione delle cose pubbliche, del commercio e dell'assistenza sociale. Essendo stato allievo di Nakae Toju, fu influenzato dal pragmatismo del filosofo cinese Wang Yangming, un neoconfuciano che insisteva sull'importanza dello studio delle scienze pratiche.
Kumazawa fu fra i primi a criticare e analizzare il sistema protocapitalista del Giappone premoderno dell'era Edo. Ciò che sorprende è come Kumazawa individui le stesse cause alla base delle attuali crisi economiche che sono ancora oggi l'oggetto di roventi discussioni. Secondo Kumazawa, la politica monetaria presenta molti disguidi. Infatti, senza un controllo delle autorità governative, si assiste a un eccesso di speculazione che crea gravi sacche di povertà. Gli scambi sarebbero svantaggiosi per i cittadini comuni che non controllano il mercato gestito da pochi grandi commercianti. L'economia basata sulla moneta presenta il pericolo che si possano creare ricchezze basate sul nulla, ovvero la semplice speculazione sui tassi d'interesse.
Inoltre Kumazawa critica anche il consumismo, sentenziando sull'inutilità di un'economia basata sul commercio del superfluo. Egli ritiene che i grandi commercianti inducono gli acquirenti a comprare oggetti che non sono necessari, soltanto per favorire i propri affari e arricchirsi a danno dei cittadini comuni.
Le analisi di Kumazawa Banzan sembrerebbero uscire dalle pagine di un quotidiano contemporaneo, e tante delle sue valutazioni sembrano riaprire una discussione che non si è mai conclusa.
Cristiano Martorella

Le donne giapponesi alle elezioni

Un aspetto interessante delle recenti elezioni giapponesi (30 agosto 2009) è stato rappresentato dalle candidature femminili. Lo stesso Minshuto (Partito Democratico) che ha vinto le elezioni, è stato molto attivo nel sostenere le candidate del gentil sesso. Il Minshuto ha così fornito 40 delle 54 donne elette alla Camera. Alcuni giornali giapponesi le hanno soprannominate "principesse", e l'effetto che ciò ha dato all'immagine del partito è stato sicuramente positivo. Fra le vittorie delle candidate ci sono quelle della ventottenne Fukuda Eriko, di Tanaka Mieko, della professoressa universitaria Ebata Takako, e della giornalista Aoki Ai.
Cristiano Martorella

Il carro armato Type 10

Il carro armato giapponese Type 10

Il governo giapponese sta procedendo con i suoi programmi di riarmo e potenziamento delle forze armate, operando silenziosamente e senza clamori. Mentre la Russia dimostra, con l'invasione della Georgia nell'agosto 2008, il ritorno della politica della potenza attraverso l'uso delle armi, altri paesi si adeguano per non farsi trovare impreparati. Il Giappone è fra le potenze che si stanno rapidamente adeguando al cambiamento dello scenario internazionale. Però ciò si scontra con le leggi che regolano l'esistenza delle forze armate in Giappone, e in particolare con l'Articolo 9 della Costituzione che afferma la rinuncia ad ogni diritto di dichiarare guerra e bandisce ogni uso dello strumento militare. In questo intricato problema politico, le forze armate giapponesi preferiscono delegare ai compromessi della diplomazia le questioni burocratiche, e provvedere concretamente al potenziamento senza troppa enfasi.

Il carro da battaglia Type 10 (MBT Type 10) costituisce un'ulteriore pedina della strategia nipponica. Il secondo prototipo del mezzo corazzato, chiamato TK-X-2, è stato presentato, il 13 febbraio 2008, presso il Technology Research and Development Institute di Sagamihara. Il primo prototipo, TK-X-1, ha già svolto, nel 2007, un accurato test di valutazioni risultando soddisfacente. Il carro armato Type 10 ha una lunghezza di 9,42 m, una larghezza di 3,24 m e un'altezza di 2,3 m, con un peso intorno alle 44 tonnellate. Il motore turbodiesel della Mitsubishi Heavy Industries da 1.300 HP fornisce una potenza adeguata per raggiungere la velocità di 70 km/h su strada. L'armamento principale è costituito da un cannone a canna liscia da 120 mm, caratterizzato da un sistema di caricamento automatico, sviluppato dalla Mitsubishi, capace di ricaricare un colpo completo in due secondi. Tramite questo accorgimento, l'equipaggio è ridotto a soli tre uomini. La mobilità del mezzo è molto buona grazie alle sospensioni idropneumatiche. Lo scafo e la torretta sono composti in parte da elementi scatolati in ceramica e materiali compositi leggeri che innalzano notevolmente il livello di protezione. Il periscopio panoramico è posizionato in una zona molto alta su un apposito piedistallo, così da fornire una maggiore capacità di osservazione al capocarro.

Le consegne del nuovo veicolo, che dovrebbe sostituire i vecchi carri Type74, probabilmente avverranno a partire dal 2010. Il costo del programma di sviluppo del TK-X (il prototipo del Type 10) è stato di circa 448 milioni di dollari. Nonostante il prezzo elevato del carro armato, il Ministero della Difesa è intenzionato a proseguire nel progetto mostrando la determinazione dei programmi di riarmo giapponesi. Il Type 10 si aggiunge così ai potenti 315 carri armati Type 90, già in servizio, e sostituirà i vecchi 700 carri armati Type 74, ancora in uso.
Cristiano Martorella

Bibliografia consultata

Daniele Guglielmi, Carri armati giapponesi, in "Panorama Difesa", n.268, anno XXVI, ottobre 2008, pp.68-73.
A.L., Dal Giappone arriva un nuovo carro da combattimento, in "RID Rivista Italiana Difesa ", n.10, anno XXVII, ottobre 2008, p.11.

martedì 13 ottobre 2009

La marina giapponese oggi

La Marina giapponese oggi

La Marina del Sol Levante, chiamata in giapponese Kaijo jieitai (Forza di Autodifesa Marittima), è attualmente la seconda maggiore forza navale, dopo la U.S. Navy, essendo dotata di ben 50 moderne unità navali, 80 aerei da pattugliamento marittimo e più di un centinaio di elicotteri da attacco antisom. Le quattro navi più potenti appartengono alla classe Kongo, armate con 18 missili Standard SM-3, i più avanzati dispositivi antimissili balistici, e dotate dei potenti radar del sistema AEGIS. Accanto a queste navi, si aggiunge la classe Atago, composta da due unità (Atago DDG-177 e Hashigara DDG-178), fornite di armamento similare. Queste navi, collegate con la rete di sorveglianza radar e satellitare, e con le batterie di missili Patriot PAC-3 dislocate sul territorio nazionale, garantiscono la difesa da attacchi missilistici. Sono infatti unità innovative studiate appositamente per la guerra contro i missili balistici. La Marina giapponese dispone anche di una moderna portaerei, la Hyuga DDH-181. Lunga 197 m, larga 33 m e con un dislocamento a pieno carico di 18.000 t, la Hyuga può trasportare 11 elicotteri nel suo hangar. L'armamento è composto da due gruppi di cannoni veloci a canne rotanti CIWS Vulcan-Phalanx, e un lanciatore per 16 missili RIM-162 e VL-ASROC. Il radar, di produzione giapponese, è un multifunzionale phased-array attivo MELCO FCS-3. Altre unità navali importanti sono i caccia delle classi Hatsuyuki, Asagiri, Murasame e Takanami, capaci di una velocità massima di 30 nodi, sono armati con missili antiaerei Sea Sparrow, missili antisom ASROC, missili antinave SSM-1B, cannoni CIWS Vulcan-Phalanx, cannoni Oto Melara da 76/62 mm oppure da 127/54 mm. Le tre navi anfibie della classe Osumi, da 14.000 t a pieno carico, possono trasportare un hovercraft tipo LCAC, e due elicotteri pesanti Chinook CH-47J. La flotta dispone anche di una trentina di dragamine, di cui dodici della classe Hatsushima, dodici della classe Sugashima e due della classe Nijima. Le forze leggere comprendono sei motomissilistiche della classe Hayabusa, capaci di raggiungere la notevole velocità di 44 nodi, e dotate di un pezzo da 76/62 mm e quattro missili antinave SSM-1B. Le navi motomissilistiche sono rafforzate da altri tre aliscafi velocissimi del tipo Sparviero, armati con 4 missili SSM-1B. La potente flotta giapponese comprende anche una considerevole componente subacquea composta da sofisticati sottomarini. La classe Oyashio è composta da 11 sottomarini di 3.500 t in immersione, con sei tubi lanciasiluri da 533 mm, missili antinave UGM-84 Sub-Harpoon, siluri antinave Type 89 e siluri antisom Type 80. L'altra classe Harushio è composta invece da 7 sottomarini di 3.200 t. Alla funzione di scorta ai mercantili che trasportano plutonio per le centrali nucleari giapponesi, è adibita la nave Shikishima che ha un dislocamento di ben 9.500 t, con una lunghezza di 150 m. La Marina giapponese possiede anche una considerevole forza aerea costituita dagli 80 quadrimotori Kawasaki P-3C Orion, armati di missili antinave ASM-2, i cinque aerei da sorveglianza elettronica EP-3, i quattro aerei per le contromisure elettroniche UP-3D, e i sei grossi idrovolanti da ricerca e ricognizione Shinmeiwa US-1A. Inoltre la componente aeronavale è completata da oltre un centinaio di elicotteri che costituiscono i mezzi comunemente utilizzati dalle portaerei e dai caccia. Gli elicotteri sono i Mitsubishi SH-60 J/K, costruiti su licenza americana, che possono usare anche i missili Hellfire a guida laser, gli S-80M-1 Sea Dragon, i Kawasaki MCH-101 e gli EH-101. La Marina giapponese possiede anche una componente terrestre di interdizione, e può operare in collaborazione con l'Esercito (JGSDF) che detiene l'uso di ben 92 complessi mobili di lanciamissili antinave Type-88 con sei missili SSM-1 per ogni autocarro. Le unità speciali sono la SBU (Special Boarding Unit) per antiterrorismo e la MIT (Marittime Interception Team) per l'abbordaggio e l'ispezione di unità sospette.
I dati qui forniti dimostrano la potenza dell'attuale flotta giapponese che può vantare la modernità dei suoi mezzi, l'efficienza e il continuo aggiornamento alle esigenze delle forze armate. Questa potenza ha avuto effettivamente un uso concreto. Nel 1991 partecipò con quattro cacciamine alle operazioni di bonifica delle acque del Golfo Persico. Nel 2000 la nave anfibia Osumi trasportò il contingente di soldati giapponesi a Timor Est per la missione di peace-keeping. Nel 2001 una nave nord-coreana che rifiutò di farsi identificare fu ingaggiata in combattimento, e l'unità ostile fu prontamente affondata. Si trattò del primo episodio di uso delle armi da parte della Marina giapponese dopo la Seconda Guerra mondiale. Dopo l'undici settembre 2001, durante l'operazione Enduring Freedom, la Marina giapponese ha dislocato due caccia e una nave da rifornimento nel Mare Arabico. Nel 2004 la nave anfibia Osumi, scortata dal caccia Murasame (DD-101), ha trasportato in Kuwait il contingente di soldati giapponesi della missione internazionale in Iraq. Durante l'operazione Enduring Freedom, per cinque anni consecutivi, le navi giapponesi hanno garantito il sostegno alle unità alleate con 700 rifornimenti in mare, fornendo il 40% del combustile utilizzato dalle forze internazionali. La missione è stata interrotta dal primo ministro Fukuda Yasuo (1 novembre 2007) a causa dell'opposizione del Parlamento. La nave rifornitrice Tokiwa e il caccia Kirisame fecero quindi ritorno in Giappone.
In conclusione, i fatti e le cifre ci mostrano la potenza dell'attuale Marina giapponese che viene dissimulata dalle esigenze politiche. Nonostante la volontà delle autorità giapponesi ad aumentare la propria forza bellica, lo scontro con i movimenti pacifisti e l'opinione pubblica, sfavorevoli a nuove avventure militari, impedisce un'esposizione esplicita di questo potere. Così, in perfetto stile giapponese, si applica omote e honne, ossia si mostra una facciata, un'apparenza che nasconde i veri sentimenti.
Cristiano Martorella

Bibliografia consultata

Massimo Annati, La Marina Giapponese, in "RID Rivista Italiana Difesa", n.10, anno XXVII, ottobre 2008, pp.74-81.