sabato 19 agosto 2023

Il Giappone contro il caos

Articolo pubblicato dalla rivista "Panorama Difesa". Cfr. Cristiano Martorella, Il Giappone contro il caos, in "Panorama Difesa", n. 418, anno XL, maggio 2022, pp. 58-69. 



Il Giappone contro il caos 

Il paese del Sol Levante ha assunto una posizione risoluta contro un eventuale sovvertimento dell'attuale ordine internazionale, avvertendo che non permetterà mai l'invasione di Taiwan da parte della Cina. 

di Cristiano Martorella 


L'invasione russa dell'Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022, ha provocato una durissima reazione del governo giapponese guidato dal primo ministro Fumio Kishida, che si è concretizzata in rigorose sanzioni economiche e nell'interruzione dei progetti congiunti (a Sakhalin e nelle Curili), oltre al congelamento dei beni di varie banche e il blocco delle esportazioni di semiconduttori e altri prodotti hi-tech. Soprattutto è stato ribadito che si ritiene intollerabile il disprezzo del diritto internazionale e la mancanza di rispetto della sovranità e integrità territoriale dei paesi, lanciando anche un chiaro monito alla Cina che sembrerebbe intenzionata ad approfittare della situazione. Infatti si teme che Pechino voglia trarre vantaggio dagli eventi per compiere qualche azione militare a favore delle sue numerose rivendicazioni territoriali. L'esecutivo nipponico è particolarmente preoccupato per le affermazioni del ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che durante la sua visita in Giappone del 24-25 novembre 2020, si espresse in maniera decisamente aggressiva, sostenendo che la Repubblica Popolare Cinese riconosceva come territori giapponesi soltanto quelli indicati nella Dichiarazione di Potsdam (26 luglio 1945), escludendo così molte isole, tra le quali l'intero arcipelago delle Ryukyu e le isole Ogasawara. Tuttavia le maggiori attenzioni sono rivolte a un altro pericoloso contenzioso territoriale, che riguarda l'isola di Taiwan, al centro di una disputa che è soprattutto ideologica e politica, poiché mette in crisi il "principio di una sola Cina", essendo Taiwan nient'altro che la Repubblica di Cina proclamata nel 1912, dopo la Rivoluzione Cinese (1911-1912) e la caduta della dinastia Qing. Anche se riconosciuta da pochi governi, Taiwan è comunque uno "stato indipendente" de facto, con un assetto democratico e un presidente eletto regolarmente attraverso libere elezioni e un vasto consenso popolare, e si trova dunque in una condizione che può essere sovvertita soltanto con l'uso della forza. 


La verità storica

Per comprendere la questione della disputa che riguarda Taiwan è assolutamente necessario conoscere correttamente la storia di quest'isola, purtroppo poco nota e spesso confusa a causa della propaganda politica. Paradossalmente l'isola di Taiwan, chiamata Formosa dagli occidentali, non era un possedimento cinese nell'antichità, e soltanto in tempi relativamente recenti è entrata a far parte dell'Impero Cinese, ma tuttavia non ha mai fatto parte della Repubblica Popolare Cinese che fu istituita soltanto nel 1949. Originariamente abitata soltanto da tribù di aborigeni e popolazioni malesi, fu scoperta e visitata dai navigatori portoghesi nel XVI secolo, e successivamente instaurò scambi commerciali anche con olandesi e spagnoli. Furono appunto gli europei a darle il nome di Formosa, attribuitole per la bellezza esotica. Nel 1683 l'isola fu annessa dall'Impero Cinese dominato dalla dinastia mancese dei Qing, assegnandole invece il nome cinese di Taiwan che letteralmente significa "baia del tavolo." Nel 1895 venne ceduta al Giappone a seguito del Trattato di pace di Shimonoseki, che sancì la sconfitta e la resa della Cina nella Prima guerra sino-giapponese (1894-1895). Taiwan venne restituita al governo nazionalista di Chiang Kai-shek, rappresentante della Repubblica di Cina, soltanto nel 1945, dopo la resa del Giappone nella Seconda guerra mondiale. 

Ancora più complessa e intricata risulta la disputa fra le diverse forze politiche che si sono contese il potere in Cina. Infatti, da un punto di vista storico, Taiwan è anche l'eredità della guerra civile cinese, che in realtà non sarebbe mai terminata, non essendoci mai stato un armistizio o un trattato di pace. Il conflitto ha origini lontane che è indispensabile conoscere esattamente per evitare equivoci e fraintendimenti, purtroppo molto frequenti nelle ricostruzioni dei fatti. La Rivoluzione Cinese, iniziata nel 1911, si concluse con la caduta dell'Impero della dinastia Qing, e con la proclamazione delle Repubblica di Cina nel 1912, che fu inizialmente guidata dal presidente Sun Yat-sen. Il nuovo stato cercò di estendere il proprio controllo su gran parte della Cina, ma fu molto difficile a causa delle divisioni interne, e così molte regioni rimasero indipenendti e governate dai cosiddetti "signori della guerra". Nel 1921 venne fondato a Shanghai il Partito Comunista Cinese, che avrebbe assunto un ruolo significativo in seguito, fino a diventare la causa di un lacerante conflitto. In questa prima fase, comunque, i comunisti collaborarono con il Partito Nazionalista (Kuomintang) che deteneva il potere, in un sistema politico ancora basato sul pluralismo, la rappresentanza parlamentare, e la democrazia liberale di matrice occidentale. Nel 1927 iniziò una dura repressione contro i comunisti, e la guerra civile esplose travolgendo l'intero paese e trascinandolo in un sanguinoso conflitto. Il comandante supremo dell'Esercito Nazionalista era Chiang Kai-Shek, che fu l'artefice di questo duro scontro caratterizzato da una forte connotazione ideologica. Chiang Kai-shek divenne nel 1928 anche capo di stato e presidente della Repubblica di Cina, dando una svolta autoritaria al governo del paese con il principio del partito unico, e ponendo la capitale a Nanchino. Negli anni '30 l'occupazione della Cina da parte delle forze militari giapponesi aumentò la confusione e la destabilizzazione politica. I comunisti, cacciati dai nazionalisti e attaccati dai giapponesi, furono impegnati in una catastrofica ritirata, in cui perirono circa 79.000 uomini, che nonostante tutto la propaganda celebrò come fosse stata una vittoria e la chiamò la "lunga marcia" (changzheng). Nel 1945 l'entrata in guerra dell'Unione Sovietica contro il Giappone cambiò le sorti del Partito Comunista Cinese, che armato e dotato di mezzi e logistica adeguata dai russi, iniziò un'offensiva contro i nazionalisti di Chiang Kai-shek. Nel 1949 le forze militari di Chiang Kai-shek si ritirarono sull'isola di Formosa, chiamata dai cinesi col nome di Taiwan, portando con sé numerosi tesori artistici e ricchezze. Queste risorse e capitali furono in seguito fondamentali per la crescita economica di Taiwan. Il 1° ottobre 1949 fu fondata la Repubblica Popolare Cinese, e ciò creò un grave contenzioso politico su quale stato rappresentasse davvero la Cina. Ma la disputa non era soltanto poltica, ma anche militare perché dopo la guerra civile dal 1927 al 1937, il conflitto riprese con intensità dal 1946 al 1950, e la ritirata sull'isola di Taiwan non pose fine alla guerra, piuttosto creò una condizione favorevole ai nazionalisti che approfittarono delle carenze di mezzi anfibi e da sbarco dei comunisti, impossibilitati quindi a conquistare l'isola. Nel 1954 ci fu la prima crisi dello stretto di Taiwan, quando l'artiglieria comunista iniziò a bombardare le isole di Quemoy e Matsu, ma le pressioni degli Stati Uniti posero fine a questa aggressione. La seconda crisi dello stretto di Taiwan avvenne nel 1958, sempre con le stesse modalità, e vide il pesante cannoneggiamento di Quemoy, e la richiesta della resa delle forze presenti sull'isola. Ma i nazionalisti erano riusciti a resistere grazie alle eccellenti difese rappresntate da una fitta rete di bunker e gallerie. Anche in questo caso fu decisivo l'intervento americano, con la Settima Flotta che si recò nell'area degli scontri. In questa fase le forze armate di Taiwan, rifornite con le armi più moderne dagli Stati Uniti, dimostrarono una certa superiorità tecnologica rispetto alle forze comuniste. I caccia F-86F Sabre, dotati dei nuovi missili AIM-9 Sidewinder, riuscirono ad abbattere ben 29 aerei nemici fra MiG-15 e MiG-17, subendo soltanto una perdita. Un altro scontro fra caccia avvenne molto più tardi, il 13 gennnaio 1967, quando quattro F-104G Starfighter di Taiwan riuscirono ad abbattere due MiG-19, confermando anche in questo caso la loro superiorità. La terza crisi dello stretto di Taiwan avvenne il 25 luglio 1995, quando l'Esercito Popolare di Liberazione cinese lanciò alcuni missili nelle acque a nord di Taiwan. Anche in questo caso l'aggressione si concluse con l'intervento della Settima Flotta che si recò sul posto per scoraggiare qualsiasi tentativo di aggressione. 

L'aspetto politico è però molto più intricato del confronto militare perché Taiwan, come spiegato in precedenza, è l'erede della Repubblica di Cina fondata nel 1912, e non ha cambitato denominazione, e nemmeno la bandiera, rimanendo pressoché inalterata nella sua forma politica e istituzionale. L'isola ha conosciuto un ritorno alla democrazia, così come era all'origine, quando negli anni '80 venne ritirata la legge marziale e ripristinato il pluralismo. Per molti anni la Repubblica di Cina, ovvero Taiwan, ha rappresentato la Cina nelle istituzioni internazionali. Soltanto dal 25 ottobre 1971, l'ONU ha riconosciuto ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese al posto della Repubblica di Cina. Mentre gli Stati Uniti hanno ristabilito le relazioni e il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese nel 1979. 


Le difese di Taiwan

Davvero è possibile invadere Taiwan? Secondo gli esperti militari ci sono diverse difficoltà che rendono l'impresa complessa e problematica da realizzare. La prima difficoltà è di carattere fisico e geografico, costituita dallo stretto di Taiwan che ha un'ampiezza massima di 200 km, e nel caso di uno sbarco esporrebbe le navi impegnate al fuoco nemico per un periodo di tempo troppo lungo. Inoltre Taiwan è vicina al cosiddetto Triangolo del Drago (o Mare del Diavolo), una zona dell'Oceano Pacifico caratterizzata da terribili tempeste e tifoni che impediscono la navigazione, e hanno provocato l'affondamento frequente di grosse navi. Le dimensioni di Taiwan rappresentano poi un altro serio ostacolo, con un'area di 36.197 chilometri quadrati, e una popolazione di 23 milioni di abitanti. Risulta evidente che in caso di occupazione sarebbe arduo controllare l'intero territorio, e l'invasione degenerebbe in una guerra di resistenza a oltranza. 

Un altro aspetto che rappresenta una difficoltà ragguardevole riguarda le difese attive e passive delle Forze Armate taiwanesi, le quali non sono affatto trascurabili in alcuni settori specifici. Fra le difese passive ci sono i vasti complessi di bunker sotterranei collegati da una fitta rete di gallerie, che nascondono e proteggono gli impianti e i sistemi d'arma, fra cui anche gli shelter per gli aeroplani che spesso sono anch'essi posti in rifugi sottoterra o ricavati da grotte nelle montagne. Fra le basi aeree più importanti figurano Hsinchu, Ching Chuan Kang, Chiayi e Hualien, tutte dotate di shelter pesantemente rinforzati, mentre le difese antiaeree e antinave dispongono di opportuni rifugi distribuiti sul territorio, e permettono quindi lo spostamento e il trasferimento in diversi punti del paese. Distruggere tutte queste installazioni è impossibile, perché anche in caso di un attacco massiccio qualcuna sopravviverebbe, e poi dovrebbe comunque essere individuata. Soprattutto rimarrebbero intatti gran parte dei sitemi antiaerei e antinave, quasi tutti mobili come nel caso dei sistemi Antelope armati con i missili terra-aria Tien Chien TC-2, oppure Avenger con i missili Stinger, a cui si aggiungono anche i missili MIM-23 Hawk e RIM-7 Sparrow del sistema Skyguard. Un altro potente missile a disposizione delle difese antiaeree è il Tien Kung, di cui esistono tre versioni (TK-1, TK-2, TK-3), che può vantare anche capacità antimissile balistico, funzione svolta in gran parte dalle batterie di missili Patriot PAC-3, in fase di potenziamento con l'acquisto della nuova versione MSE (Missile Segment Enhancement). Con quest'ultima acquisizione della versione più recente, Taiwan dovrebbe raggiungere un numero complessivo di più di 650 missili Patriot, una dotazione considerevole e adeguata alla situazione. 


I missili antinave e cruise

Un approfondimento speciale deve essere dedicato ai missili antinave e cruise, che in questo contesto risultano determinanti, essendo chiaro che l'impiego di navi da trasporto sono indispensabili per lo sbarco e l'occupazione dell'isola, e il blocco della flotta nemica determinerebbe il fallimento dell'invasione fin dal primo momento. Taiwan non intende perciò fronteggiare la Repubblica Popolare Cinese realizzando un dispositivo militare equivalente, ma al contrario si pone l'obiettivo di seguire la dottrina della guerra asimmetrica per mettere in crisi l'avversario con armamenti e tecniche di combattimento differenti. Così la flotta taiwanese dovrebbe rimanere limitata alle fregate, in gran parte di vecchio modello, e alle piccole unità costiere utili per rapide incursioni, e l'aviazione, pur subendo un rinnovamento, sarà basata ancora sui caccia di quarta generazione. Le armi che invece si vogliono sviluppare in gran quantità e al massimo livello tecnologico sono i missili cruise e i missili antinave supersonici, e si ritiene di poter realizzare facilmente questo obiettivo contando sul supporto dell'avanzata industria locale. Attualmente i principali modelli di queste armi sono rappresentati dai missili antinave supersonici Hsiung Feng III, e i missili cruise Hsiung Feng IIE e Wan Chien, ma nuove versioni sono ormai state completate e sono pronte a entrare in servizio. La varietà e la qualità di questi missili è sorprendente, ed è senza dubbio utile approfondirne la conoscenza. Lo Hsiung Feng II è un missile antinave disponibile in tre versioni, aviolanciabile, navalizzato e per batterie costiere. Ha un peso di 685 kg, una lunghezza di 4,8 m, e un diametro di 40 cm, con una testata bellica di 180 kg. Il raggio d'azione è di 160 km per il modello Block I, e 250 km per il Block II. Il sistema propulsivo impiega un turbogetto che garantisce una velocità di crociera subsonica intorno a Mach 0,85 (equivalente a 1.049 km/h). Il sistema di guida è inerziale per la fase di volo intermedia, e invece per la fase terminale impiega un dual system basato sulla guida radar attiva e infrarossa. Lo Hsiung Feng III è un potente missile supersonico a medio raggio, che può svolgere sia il ruolo di missile cruise contro obiettivi terrestri, sia di missile antinave. Può essere lanciato dalle navi, come le fregate e le motocannoniere missilistiche, ma anche da canister montati su rimorchio trainato da un autocarro, ed è ampiamente impiegato anche nei bunker rinforzati. Ha un peso di 1.500 kg, una lunghezza di 6 m, un diametro di 45 cm, con una testata bellica perforante di 225 kg. Il sistema propulsivo è composto di due booster a combustibile solido e un motore ramjet, ed è capace di garantire una velocità massima di Mach 2,5, con un raggio d'azione di 400 km. Lo Hsiung Feng IIE, noto anche come HF-2E, non è una variante dello Hsiung Feng II, ma è invece un missile completamente nuovo, e il nome adottato è volutamente equivoco con lo scopo di coprire il progetto durante lo sviluppo attraverso la disinformazione. Lo Hsiung Feng IIE è infatti un potente missile cruise con una gittata fra 600 e 2.000 km che appartiene alla categoria dei missili com lo RGM-109 Tomahawk. Ha un peso di 1.600 kg, una lunghezza di 6 m, un diametro di 51 cm, ed è propulso da un turbogetto che gli consente una velocità subsonica fra Mach 0,75 e Mach 0,85. Ha una testata bellica di 450 kg, ma può montare anche altre testate belliche più leggere che permettono di incrementare l'autonomia. Il sistema di guida impiega il GPS e il TERCOM (Terrain Contour Matching), con guida infrarossa nella fesa terminale. Il Wan Chien è un missile cruise aviolanciabile, con un raggio d'azione di 240 km, ma la nuova versione in fase di sviluppo avrebbe addirittura una gittata di 400 km. Ha un peso di 650 kg, una lunghezza di 3,5 m, con un diametro di 61 cm. Il missile usa come propulsore un turbofan che gli consente una velocità di crociera subsonica. La testata bellica ha un peso di 350 kg, e può montare diversi tipi di submunzioni, mentre il sistema di guida impiegato è il GPS. Questa varietà di missili cruise e antinave costituisce una minaccia insidiosa per la Repubblica Popolare Cinese, e ciò è ancora più vero se si considera il fatto che gran parte dei missili è protetta in bunker rinforzati difficili da espugnare. 


La posizione del Giappone

Il ministro Fumio Kishida ha espresso, in un discorso del 2 marzo 2022, una posizione molto dura nei confronti della Russia, riaprendo anche un contenzioso irrisolto che dura da molto tempo. Infatti, verso la fine della Seconda guerra mondiale, l'Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone, combattendo dall'8 agosto al 2 settembre 1945. Il 18 agosto 1945, nonostante fossero trascorsi appena tre giorni dalla dichiararazione di resa del Giappone, furono invase le isole Curili, in un'operazione di sbarco che costò alle truppe sovietiche perdite maggiori di quelle nipponiche. Purtroppo l'Unione Sovietica si rifiutò di firmare il Trattato di Pace di San Francisco (8 settembre 1951), e i due paesi non trovarono quindi un accordo per risolvere i problemi territoriali, e nonostante la Dichiarazione Congiunta Sovietico-Giapponese (19 ottobre 1956) che impegnava i rispettivi governi a negoziare un trattato di pace, non si riuscì a raggiungere nessun tipo di compromesso. Il Giappone aveva ottenuto legalmente il possesso dell'intero arcipelago delle isole Curili scambiandolo nel 1875 con l'isola di Sakhalin, ed è in base a questi accordi che avanza delle pretese, chiedendo la restituzione di almeno quattro isole (Kunashiri, Etorofu, Shikotan, Habomai). Ma i negoziati non si sono mai risolti positivamente, e il governo Kishida ha deciso di assumere una posizione molto più aggressiva, approfittando anche delle difficoltà economiche della Russia. Per quanto riguarda la questione di Taiwan, il premier Kishida ha ripreso un indirizzo del suo predecesso Yoshihide Suga. Ricordiamo, infatti, che il 5 luglio 2021, il vice primo ministro giapponese Taro Aso, un importante membro del governo Suga, dichiarò che Tokyo sarebbe intervenuta in aiuto di Taiwan nel caso di un tentativo di invasione cinese, e ciò costituì una novità ragguardevole, rompendo la consuetudine diplomatica di non schierarsi apertamente in un possibile conflitto, ma al contrario prendendo una netta e inequivocabile posizione al riguardo. Una settimana dopo, il 13 luglio 2021, il governo nipponico pubblicò il suo rapporto annuale sulla difesa, che per la prima volta menzionava l'importanza di mantenere la stabilità intorno a Taiwan, che è considerata di fondamentale interesse per la sicurezza del Giappone. Il vice primo ministro Taro Aso ha poi aggiunto altri particolari che riguardano la posizione del proprio paese, osservando che Taiwan dista soltanto 110 km dalle isole giapponesi più vicine (l'arcipelago delle Yaeyama), e quindi un'invasione cinese rappresenterebbe una minaccia esistenziale alla sicurezza del Giappone. Inoltre i media locali hanno rivelato la richiesta delle autorità militari giapponesi di conoscere i piani americani per la difesa di Taiwan, così da predisporre un proprio intervento e una partecipazione adeguata, e la domanda sarebbe stata accolta avviando una più stretta cooperazione per garantire la sicurezza dell'area. Già adesso i rapporti fra Taiwan e il Giappone sono molto buoni, specialmente nel settore della sicurezza, che consiste in una collaborazione sempre più frequente e proficua. Infatti, le autorità militari giapponesi comunicano esattamente la posizione e gli spostamenti delle navi da guerra cinesi alle rispettive autorità di Taipei, e ciò avviene sia quando sono in procinto di avvicinarsi all'isola, sia quando si muovono in modo sospetto. Questa collaborazione impedisce perciò qualsiasi possibile attacco a sorpresa delle navi cinesi che sono attentamente monitorate. Inoltre, sull'isola giapponese di Yonaguni è operativa una potente stazione radar che controlla lo spazio aereo e il mare con un raggio d'azione di circa 370 km, coprendo quindi anche parte di Taiwan e dello stretto che la divide dal continente. Infatti, l'isola di Yonaguni dista soltanto 110 km da Taiwan, e costituisce un avamposto e un punto cruciale delle difese nipponiche, tanto che in questi anni ha ricevuto un significativo rafforzamento con impianti, mezzi e soldati. Per questo motivo è stata decisa anche la creazione entro il 2023 di una base con un reparto per la guerra elettronica, che può inibire con i suoi strumenti l'utilizzo dei radar e bloccare i sistemi di guida dei missili danneggiando le loro apparecchiature elettroniche. Secondo la stampa giapponese, queste attrezzature per la guerra elettronica sarebbero molto potenti ed efficaci, e poiché costituiscono un notevole vantaggio vengono ancora avvolte dal segreto, evitando la diffusione di dettagli e prestazioni. 


Le difese del Giappone

Il dispositivo militare del Giappone è ottimizzato per fornire una eccellente difesa dei territori in prossimità delle sue isole, ma anche di paesi vicini come Taiwan, che sono considerati nella sfera di competenza delle Forze di Autodifesa giapponesi. Infatti, i sottomarini delle classi Soryu e Taigei sono stati progettati appositamente per operare nei bassi fondali dello stretto di Taiwan e del Mar Cinese Meridionale, grazie a una struttura e un design particolare, fra cui i timoni a forma di X, che permettono di navigare in acque poco profonde. Anche i siluri, come i siluri corti per navi e aerei Type 12 da  324 mm, e i Type 89  e Type 18 da 533 mm per i sottomarini, sono stati riprogettati per operare in ambienti marini con bassi fondali, e ridurre al minimo i disturbi acustici causati dal differente ambiente. Ciò permetterebbe, in caso di conflitto, una grande libertà di movimento ai sottomarini giapponesi, che potrebbero affondare indisturbati le navi impegnate in un eventaule sbarco. Soprattutto, il Giappone è in grado di controllare, tramite le batterie di missili antinave Type 12 SSM, i passaggi attraveso gli stretti e le isole della lunga catena dell'arcipelago delle Ryukyu, posti davanti alla Cina, e questo limiterebbe decisamente i movimenti della flotta cinese. Al contrario di ciò che afferma la propaganda di Pechino, la strategia espansionistica della Cina è in grave crisi per alcuni motivi che cercheremo di analizzare meglio. I due più importanti riguardano la mancata realizzazione del completo controllo dell'Oceano Pacifico, e il forte riarmo dei paesi asiatici rivali, che impedisce di attuare azioni militari senza rischiare gravissime perdite. Secondo l'ammiraglio Liu Huaqing, entro il 2010 la Cina avrebbe dovuto ottenere la supremazia e il controllo della prima catena di isole (composte da Giappone, Ryukyu, Taiwan, Filippine e Borneo), ed entro il 2020 della seconda catena (isole Marianne, Guam e Palau). Però è evidente che nonostante l'imponente crescita della flotta cinese, ciò non è avvenuto e i paesi asiatici rivali hanno continuato a mantenere il controllo dei propri territori, aumentando conseguentemente le forze a disposizione con un aumento degli investimenti nella Difesa. Questo è il caso del Giappone che spicca anche per la realizzazione di una A2/AD (Anti-Access/Area Denial) molto ampia e potente, che si estende dall'arcipelago delle Ryukyu fino all'isola di Kyushu. Normalmente questo tipo di difesa è chiamata "bolla", ma in questo frangente siamo in presenza di una "linea" di isole molto serrate e vicine, che sono collegate fra loro, e permettono quindi il passaggio di rinforzi, comprese le batterie di missili. Infatti, è la quantità di batterie di missili disposte su queste isole che ci consente di parlare con cognizione di termini di una difesa anti-intrusione giapponese, tanto da meritare di essere analizzata con maggiore precisione perché tutto ciò ha importanti implicazioni geopolitiche. 

In questo contesto sono innanzitutto determinanti le postazioni di sorveglianza e controllo, con un ruolo determinante per i radar. Infatti postazioni radar sono già stati dispiegati dalla JGSDF (Japan Ground Self-Defense Force) nelle isole di Yonaguni, Miyako, Ishigaki e Iriomote. Inoltre, il 28 marzo 2016 è stata inaugurata la nuova fondamentale base militare a Yonaguni, l'isola più remota del Giappone posta a sud-ovest, dotata di una stazione radar permanente presidiata da un contingente di 160 soldati della Coastal Observation Unit (Enkaikanshitai) della JGSDF, comandata dal tenente colonnello Daigo Shiomitsu. Con questo potente radar si estendono di oltre 370 km le capacità di sorveglianza marittima e aerea. Ricordiamo che a Yonaguni si trovano postazioni radar anche nelle località di Kubura e Sonai. A queste installazioni si aggiungono gli impianti radar più grandi che si trovano nelle basi militari della JASDF (Japan Air Self-Defense Force) a Okinoerabu, Kume, Yozadake e Miyako. La base di Okinoerabu ospita un radar J/FPS-7 aggiornato con funzioni antibalistiche in grado di intercettare i missili balistici, mentre a Kume c'è un radar aereo J/FPS-4, e sulla più distante isola di Miyako si trova un altro radar J/FPS-7 con le stesse capacità antibalistiche, e infine a Yozadake sull'isola di Okinawa è installato un J/FPS-5C, fra i più moderni e potenti impianti radar, anch'esso dotato di funzioni per l'intercettazione dei missili balistici. Quindi il dispositivo di controllo radar impiegato nelle isole meridionali giapponesi è molto esteso e potente, ma anche decisamente aggiornato e raffinato, e costituisce un formidabile ostacolo che impedisce l'effetto sorpresa di un attacco, e inoltre rappresenta anche uno strumento fondamentale per coordinare una risposta efficace e un contrattacco determinante contro il nemico. Si noti che molti impianti radar sono posti su isole vicine, e ciò non significa che siano un inutile doppione, ma risponde all'esigenza di ridondanza in previsione di un possibile attacco, con la possibilità di avere più radar in funzione anche se qualcuno è stato colpito e distrutto.   

Con il Mid-Term Defense Program 2014-2018 si è provveduto a un consistente potenziamento delle difese A2/AD che possiamo vedere nei particolari, descrivendo i rafforzamenti esistenti, realizzati o in corso di completamento per ciascuna isola. Su Ishigaki è stato pianificato un aumento delle truppe della JGSDF fino a 600 soldati, ma soprattutto è stato realizzato lo schieramento dei missili antinave Mitsubishi Type 12 SSM con una gittata di 250 km, e in grado quindi di inibire l'accesso alle navi nemiche in prossimità delle isole contese, e inoltre a essi si aggiungono anche le batterie dei missili terra-aria Mitsubishi Type 03 Chu-SAM Kai in grado di abbattere aerei da combattimento supersonici, missili cruise, e anche missili balistici a medio raggio. Sull'isola di Miyako sono installate altre batterie di missili Type 12 e Type 03, e truppe della JGSDF che arriveranno a un massimo di 800 soldati. Anche sull'isola di Amami Oshima le difese sono state rafforzate nello stesso modo, con missili antinave e antiaereo, e 550 soldati. Infine c'è la più grande delle isole Ryukyu, la ben nota isola di Okinawa, dove si trova la base navale della JMSDF (Japan Maritime Self-Defense Force), adiacente alla US White Beach Naval Facility a Uruma, e l'aeroporto della base aerea di Naha. Per salvaguardare le strutture militari da un attacco missilistico a sorpresa l'isola è dotata di batterie di missile antibalistici PAC-3, ma a queste si aggiungono anche quelle dei missili antiaerei Type 03, utili per intercettare missili cruise e supersonici a quote più basse. In proposito ricordiamo che le batterie di PAC-3 sono state già disposte nelle isole di Ishigaki e Miyako, e nell'isola di Okinawa a Naha e Nanjo, ma essendo facilmente trasportabili via nave o aereo possono in poco tempo essere dispiegate in qualsiasi isola delle Ryukyu dotata di porto o aeroporto (in quest'ultimo caso sarebbero impiegati gli aerei cargo Kawasaki C-2 per il trasporto). 

La mobilità è appunto una delle caratteristiche fondamentale dell'interpretazione giappponese della A2/AD, perché riprende i principi esposti dalla dottrina del Dynamic Defense Plan ideata da Yosuke Isozaki, e sviluppo delle National Defense Program Guidelines del 2013. Già con le National Defense Program Guidelines del 2010 del governo di Naoto Kan si introduceva il concetto di Dynamic Defense Force (Doteki boei ryoku), ma è appunto con National Defense Program Guidelines del 2013, durante l'esecutivo di Shinzo Abe, che viene definito il concetto di Dynamic Joint Defense Force (Togo kido boei ryoku), versione estrema dell'idea di difesa mobile e interforze con l'impiego congiunto del potere aereo, navale e terrestre. Per raggiungere questi obiettivi le Forze di Autodifesa (Jieitai) hanno rivoluzionato i propri concetti operativi, e soprattutto hanno implementato nuovi armamenti innovativi. Innanzitutto si è provveduto alla realizzazione di un Transporter Erector Launcher (TEL) particolarmente agile e mobile, il Mitsubishi Omosowa, noto anche come Jusorin sharyo (autocarro pesante), ricavato dal carro recupero della JGSDF (Japan Ground Self-Defense Force) chiamato Jusorin kaishusha. Quest'ultimo è un veicolo ottenuto dalla collaborazione fra Mitsubishi e Kato Works, ed è derivato in particolare dal carro gru Kato Works KA-900 All Terrain Crane. L'Omosowa è lungo 11 m e largo 2,5 m, pesa 24,8 t, e può trasportare un carico di 15 t.  Ha una trazione integrale 8x8 che permette una eccezionale mobilità, potendo raggiungere una velocità massima di 100 km/h. Contemporaneamente si è realizzato anche il potenziamento dei missili antinave costieri e aerei, con il continuo miglioramento dei missili in dotazione. Attualmente si sta realizzando anche una nuova versione del già eccellente missile antinave costiero Type 12, chiamata Type 12 Kai (kai significa modificato) che dovrebbe vantare una gittata doppia, intorno a 300-400 km, ma secondo altre indicazioni dovrebbe superare anche 900 km. Ciò è sorprendente se si pensa che il Type 12 è già un miglioramento del Type 88, ancora in servizio. Comunque, già ora la combinazione dei missili Type 12 e del TEL Omosawa è decisamente micidiale. Infatti, le capacità del Type 12 sono notevoli, potendo essere programmato per effettuare manovre complesse, in modo da consentire l'arrivo simultaneo sul bersaglio da diverse direzioni e con differenti profili d'attacco. Inoltre offre una maggiore flessibilità d'impiego, potendo adottare traiettorie programmate con numerosi way-point. Il sistema di guida include un sistema di navigazione inerziale (INS), un sistema di guida GPS, e un radar per la fase terminale del volo. Il sistema GPS interviene nella fase mid-course, migliorando la precisione e permettendo una esatta conoscenza della topografia del terreno. Così è possibile che il lanciatore resti protetto dietro un'altura, ricevendo le coordinate del bersaglio dal centro di comando e controllo. In tal modo il missile compie una serie di manovre fra le colline, prima di attaccare le navi nemiche. Perciò il lancio può avvenire anche a grande distanza dal mare, nell'interno del territorio. Il missile è in grado di volare a un'altezza di soli 5 metri dal suolo e dalla superficie del mare, riducendo drasticamente la sua visibilità. L'arma è collegata tramite network a diverse piattaforme che possono selezionare e cambiare gli obiettivi anche durante il volo. L'Omosowa può vantare, nonostante le grandi dimensioni, una straordinaria maneggevolezza e mobilità, ed è impiegato come lanciatore non soltanto per i missili antinave Type 12, ma anche per i missili superficie-aria Type 03 Chu-SAM. Quest'arma sta subendo un ulteriore sviluppo con la versione Kai che sembrerebbe dotata di capacità superlative, ancora in gran parte coperte dal segreto (secondo alcune fonti la gittata supera 100 km). La prima versione del  Chu-SAM è costituita da un missile a stadio singolo dotato di un razzo a propellente solido, pesante 570 kg, e lungo 4,9 metri con ha un diametro di 32 cm. La velocità massima raggiunge Mach 2,5, mentre il raggio d'azione è superiore ai 50 km, con un'altitudine massima di 10 km. La struttura è apparentemente semplice con impennaggi cruciformi, ma soprattutto ha il vantaggio di utilizzare un ugello orientabile con spinta vettoriale (thrust vectoring noozle) che permette al missile una grande manovrabilità. Questa eccellente maneggevolezza unita alla buona autonomia lo rendono un'arma assolutamente temibile, con caratteristiche che lo pongono al vertice della categoria. Fra le peculiarità migliori del Chu-SAM spicca il sistema di guida, e in particolare il sofisticato network per l'acquisizione dei bersagli. Il missile viene guidato dal radar dell'unità a terra nella prima fase di volo (mid-course), oppure può usare i dati ricevuti da altri canali, successivamente quando è in prossimità del bersaglio utilizza il proprio radar. L'intercettazione avviene garantendo le massime prestazioni, e infatti il sistema può seguire tracciando simultaneamente 100 bersagli, e colpirne 12 contemporaneamente. Queste caratteristiche sono esaltate dalla versione evoluta Chu-SAM Kai che oltre ad aggiungere nuovi sensori e migliorare il radar, valorizza e potenzia i data link e i collegamenti network. Il missile può quindi utilizzare un data link che permette la comunicazione con gli aerei radar Boeing E-767 AWACS e Northrop Grumman E-2D Advanced Hawkeye, ma anche con i cacciatorpediniere dotati di sistema Aegis e le nuove fregate, così in grado di guidare l'arma direttamente sul bersaglio. 

La mobilità delle batterie di missili Type 12 e Type 03 è garantita dal trasporto aereo fornito dal cargo Kawasaki C-2, un aereoplano che può caricare anche i lanciatori M902 dei missili Patriot PAC-3, e ha fra le sue migliori caratteristiche la possibilità di atterrare su piste particolarmente brevi. Infatti il C-2 ha la capacità di atterrare e decollare in brevissimo spazio: con un carico minimo di 26 t può utilizzare una pista di soltanto 500 metri. Ciò significa che l'aereo può raggiungere e rifornire anche le isole più piccole e remote del Giappone. 

Come già detto, ma è bene ribadirlo, la preclusione degli stretti posizionati lungo l'arco dell'arcipelago delle isole Ryukyu ha enormi conseguenze strategiche, essendo un passaggio obbligatorio per le navi che uscendo dai porti cinesi volessero dirigersi a est verso l'Oceano Pacifico. Bloccando questi passaggi le navi resterebbero intrappolate nel Mar Cinese Orientale senza alcuna possibilità di fuga. Questo è il dilemma strategico della Repubblica Popolare Cinese, che non è ancora riuscita a risolvere, ed è anche la spiegazione della sua affannosa corsa al riarmo navale. Il Giappone e Taiwan, senza troppo clamore e proclami bellicosi, hanno rafforzato le proprie difese missilistiche con l'adozione di più avanzati e potenti missili antinave, ribaltando la situazione, e creando una crisi irreversibile difficile da risolvere per la Cina. 


L'ideologia e il caos

La crisi attuale sembrerebbe apparentemente aver spaccato il mondo in due blocchi contrapposti, da una parte le democrazie liberali e dall'altra le cosiddette autocrazie. In realtà la situazione è ben più complessa perché il mondo aveva già assunto un assetto multipolare, e attori importanti non possono essere schierati da una parte o dall'altra, perché hanno una propria storia e interessi divergenti. Per esempio, l'India si definisce fieramente come "paese non allineato", così come era stato espresso nella Conferenza di Bandung (18-24 aprile 1955), che fu un caposaldo di una visione politica decisamente differente. Oggi, con l'ascesa di altre potenze economiche e militari, questo quadro multipolare diventa sempre più determinante. Tuttavia riconoscere l'assetto multipolare del mondo non significa che si debba ignorare l'importanza di questo argomento ideologico che è fortemente sentito in paesi autoritari come la Russia e la Cina, e rappresenta quindi un punto di svolta. I due leader di questi paesi, Vladimir Putin e Xi Jinping, hanno ripetutamente spiegato che, secondo il loro punto di vista, l'Occidente sarebbe in una crisi irreversibile e un declino inarrestabile. Addirittura affermano che la democrazia liberale sarebbe un modello politico fallito, avendo mostrato le sue incapacità e contraddizioni, e una debolezza cronica rispetto ai sistemi politici autoritari con una forte leadership. Sostengono inoltre che è finito l'ordine mondiale creato al termine della Seconda guerra mondiale, guidato soprattutto dagli Stati Uniti, ed è destinato in breve tempo a essere sostituito da un nuovo ordine mondiale diretto da Russia e Cina. Ovviamente queste idee sono contestate duramente, anche in Giappone, perché la Cina a causa dei suoi estesi contenziosi territoriali sta destabilizzando l'Asia, mentre la Russia ha creato una crisi senza precedenti nel cuore dell'Europa, e quindi si può concludere senza timore di smentita che non si sta costituendo un nuovo ordine mondiale, ma piuttosto un "disordine mondiale". Siamo infatti in presenza di un caos sistemico che può soltanto peggiorare perché è anacronistico ritenere che si possa ricostituire un ordine basato sulla ricostruzione di antichi imperi come la Russia zarista oppure l'Impero Ming. Il Giappone ha poi un'altra motivazione ideologica per osteggiare questo "nuovo ordine mondiale", ed è la scelta di campo compiuta a favore dell'Occidente, da ormai quasi due secoli. Quando nel 1853 le navi del commodoro Matthew Perry arrivarono nella baia di Tokyo, imponendo con la forza al Giappone di aprire i propri porti alle navi straniere per permettere il commercio internazionale, le autorità politiche del paese si interrogarono sull'atteggiamento da assumere. I giapponesi iniziarono a studiare gli stranieri, inviarono alcune spedizioni all'estero, come l'ambasciata in Europa (1862) e la missione Iwakura (1871-1873), e si convinsero che le istituzioni feudali dell'Impero Giapponese erano arcaiche e inadeguate, e la modernità era inarrestabile oltre che desiderabile e auspicabile. Si pretende quindi che adesso il Giappone rinneghi la propria storia e la modernizzazione, rifiuti la democrazia e la libertà, conquistata faticosamente in due secoli, soltanto per compiacere i sogni di due leader che vogliono riportare indietro il tempo. Non c'è dubbio che davanti a questa prospettiva si opporrà non soltanto il governo nipponico, ma tutto l'intero popolo del Giappone.