sabato 19 agosto 2023

La crisi del multilateralismo

Articolo pubblicato dalla rivista "Panorama Difesa". Cfr. Cristiano Martorella, La crisi del multilateralismo, in "Panorama Difesa", n. 426, anno XLI, febbraio 2023, pp. 70-75. 



La crisi del multilateralismo 

Una riflessione sulla situazione politica internazionale si rivela necessaria alla luce dell'emergenza provocata dai conflitti che stanno deteriorando le relazioni fra Stati e compromettendo la stabilità mondiale. 

di Cristiano Martorella 


Frequentemente si utilizza l'idea di multilateralismo come proposta per risolvere tutti i problemi dei conflitti fra nazioni, ma si trascura un'analisi della realtà che mostra chiaramente come questa prospettiva sia in profonda crisi a causa di una situazione molto complessa. Innanzitutto bisogna chiarire definitivamente cosa si intenda con il termine multilateralismo, perché questa parola è sempre più utilizzata, ma rischia di diventare abusata e priva del suo autentico significato. Precisamente con il termine multilateralismo si definisce l'atteggiamento e il comportamento coordinato di più Stati che assumono politiche comuni e concordate per realizzare accordi internazionali e collaborazioni negli ambiti commerciali, del diritto e della sicurezza. Questa cooperazione internazionale si oppone all'unilateralismo delle potenze che cercano di imporre con la forza le proprie decisioni, oppure al bilateralismo che prevede un accordo soltanto fra due potenze, ignorando le esigenze degli altri Stati. Il multilateralismo si presenta quindi come la possibilità per l'attuazioni di azioni comuni mediante la creazione di codici di comportamento, regole, norme e istituzioni che dovrebbero avere poteri gestionali e decisionali al fine di concretizzare gli accordi. Ciò garantirebbe una diminuzione della conflittualità fra Stati, e la risoluzione pacifica delle controversie. Purtroppo l'inizio del XXI secolo ha visto l'emergere di nuove teorie politiche come il sovranismo, praticamente antitetiche e opposte al multilateralismo, e soprattutto il ritorno violento della politica di potenza, che induce gli Stati a impegnarsi anche in scontri militari per affermare le proprie pretese. Alla luce di questa situazione bisogna innanzitutto comprendere le cause della condizione caotica nella quale si trova il mondo, e interpretare differentemente il multilateralismo senza peccare di quella ingenuità che lo considera facilmente come risolutivo per ogni conflitto. 


Il mondo senza centro

Le origini dell'attuale situazione è da ricercare nel cambiamento del contesto internazionale avvenuto in questi anni, e in particolare al fatto che è venuto meno il sistema di governance mondiale creato dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Questo sistema era stato organizzato grazie alla straordinaria potenza economica degli Stati Uniti, che aveva consentito di stabilire regole e istituzioni valide in tutto il pianeta, e ciò avvenne attraverso gli accordi di Bretton Woods e del GAAT (General Agreement on Tarifs and Trade). Entrambi questi trattati furono fondamentali perché gettarono le basi dello sviluppo del libero mercato nell'ottica dell'economia capitalistica e delle democrazie liberali. Inoltre bisogna rimarcare che questi accordi internazionali furono una brillante applicazione del multilateralismo, e sono stati un grande successo nel dopoguerra che ha portato a una prosperità mai conosciuta prima nel mondo. Questo sistema è praticamente collassato all'inizio del XXI secolo, quando i processi di globalizzazione portarono a far emergere altre potenze economiche, spesso non allineate con i valori e gli interessi dell'Occidente. Il caso più emblematico è rappresentato dalla Repubblica Popolare Cinese, che approfittando delle contraddizioni della globalizzazione, ha imposto un proprio modello economico antitetico a quello occidentale, e potenzialmente pericoloso e distruttivo. Attraverso una concorrenza sleale che ignora completamente il rispetto dei brevetti e del diritto d'autore, e soprattutto non applica nessuna legge per tutelare i diritti dei lavoratori, ha totalmente inondato i mercati occidentali con merci prodotte a basso costo, sfruttando una manodopera in condizioni semi-schiavistiche, e violando palesemente brevetti, marchi e regole sul commercio. Ciò ha comportato anche un abbassamento dei salari nei paesi occidentali, provocato da una concorrenza che insegue irrazionalmente la diminuzione dei costi di produzione a discapito dei lavoratori e della qualità. Dal punto di vista militare, l'emergere di nuove potenze ha determinato la crescita di una molteplicità di attori, sia regionali che mondiali, spesso con interessi conflittuali, e difficilmente definiti e organizzati in schieramenti precisi. Diversamente dal periodo della Guerra Fredda (1947-1991) non si può parlare di due fronti contrapposti, anche se questa retorica è ancora molto utilizzata. Si pensi per esempio all'India, che è un partner commerciale e un importante acquirente di sistemi d'arma dalla Russia, ma anche il più ostile degli avversari della Cina, che a sua volta ostenta la sua amicizia con la Russia. Oppure si pensi alla Turchia, che pur essendo un membro della NATO, ha spesso atteggiamenti antioccidentali. Inoltre ci sono nuove potenze militari, come il Giappone, che cercano di definire un loro ruolo regionale, ostacolando i progetti egemonici della Cina. Questa complessità merita una terminologia precisa, ed è perciò utile chiamare tale pluralismo di attori con il nome di multipolarismo caotico, che descrive bene la molteplicità ma anche la confusione della situazione in cui ci troviamo. Il multipolarismo caotico è una fotografia della condizione attuale, non è una proposta per risovere i problemi bensì uno strumento d'analisi, e come ogni processo scientifico si fonda innanzitutto sull'osservazione dei fenomeni. Ciò può permettere di comprendere meglio gli eventi, studiarli e analizzarli, e soltanto dopo trarre delle conclusioni e prendere delle decisioni. In conclusione, possiamo affermare che il mondo contemporaneo è divenuto un "mondo senza centro", dove non esiste più un ordine mondiale precostituito e non c'è un unico centro decisivo, e può quindi spesso soggiacere al caos, all'imprevedibilità, e all'incomprensione. 


La deterrenza 

Dopo il 24 febbraio 2022, è emerso con più chiarezza ciò che alcuni esperti affermavano da tempo, ovvero la crisi dell'idea di deterrenza nucleare. Infatti, quella data segnò non soltanto l'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, ma attraverso un minaccioso e inquietante discorso di Vladimir Putin anche l'intimidazione dell'impiego delle armi atomiche. Fino ad allora si era ritenuto che l'impiego di armi nucleari fosse inibito dalla minaccia dell'uso reciproco, e quindi dalla distruzione di entrambi i contendenti, ma con l'idea di una dottrina russa per l'impiego delle bombe atomiche tattiche, questa prospettiva è svanita ed è stata sostituita da un atteggiamento cinico e spegiudicato che ignora volutamente i rischi. Dobbiamo considerare che questo cambiamento è stato provocato essenzialmente dal contesto internazionale attuale, dove si osserva il passaggio dal bipolarismo delle due superpotenze, tipico della Guerra Fredda, al multipolarismo caotico contraddistinto da una notevole instabilità. Questo comporta anche gravi implicazioni nell'equilibrio, che non è più tale, fra potenze. Durante la Guerra Fredda l'equilibrio era garantito dal MAD (Mutual Assured Destruction), ovvero la distruzione reciproca assicurata che impediva l'escalation del conflitto, e si basava sulla speranza che nessuno avrebbe scatenato uno scontro dall'esito terrificante. A questo quadro si applica brillantemente la teoria dei giochi del matematico John Nash, con la quale si evidenzia come i giocatori cooperino per mantenere l'equilibrio. Durante la Guerra Fredda sia l'Unione Sovietica sia gli Stati Uniti ebbero un atteggiamento razionale e improntato alla ricerca di un equilibrio. Questa era quindi la caratteristica della Guerra Fredda, con giocatori razionali che cooperavano per mantenere l'equilibrio, mentre l'attuale sistema multipolare vede anche la presenza di giocatori potenzialmente irrazionali (o ritenuti tali) che non cooperano per mantenere un equilibrio, ma agiscono al contrario per sovvertirlo. A tale scenario si possono applicare le teorie dell'economista Richard Thaler, il quale ha studiato le devianze dal comportamento razionale nei mercati. In un simile contesto, la deterrenza non è più basata sulla minaccia della distruzione dell'avversario, ma si fonda sulla possibilità concreta di impedirgli di attaccare, agendo sulle capacità di bloccare ogni sua mossa. La differenza più evidente è che la Guerra Fredda era concepita sulla base di una teoria statica basata sull'equilibrio, mentre nell'attuale scenario c'è bisogno di una teoria dinamica basata sulla creazione delle condizioni per impedire e prevenire le azioni del nemico. Questa teoria trova la propria concretizzazione nei moderni sistemi antimissile, e l'accelerazione del loro sviluppo è la prova della crescente importanza del cambiamento concettuale della strategia militare contemporanea. Lo scudo antimissile non è soltanto un sistema d'arma, ma riveste dunque una importanza strategica, e infine è alla base dell'attuale concezione dell'instabiltà, a cui si può rispondere soltanto con una teoria dinamica della prevenzione dell'azione del nemico. In conclusione, si deve passare da una "deterrenza punitiva" (deterrence by punishment) a una "deterrenza per negazione" (deterrence by denial), basata sui più evoluti sistemi antimissile. 


Il dominio della complessità

Riconoscere la complessità della situazione non significa rinunciare a porre rimedio ai grandi squilibri che si sono creati, e infatti è appunto la teoria del caos a insegnarci che i sistemi complessi hanno una tendenza ad autorganizzarsi raggiungendo un equilibrio, e questo vale quindi anche nel caso dei rapporti fra potenze nel contesto geopolitico. 

Purtroppo ciò può avvenire soltanto nel lungo periodo, ed è probabile che per trovare questo equilibrio si debbe affrontare una fase di shock, e anche se non si può negare che il conflitto russo-ucraino sia stato un evento traumatico per la diplomazia internazionale, ci sono altre crisi potenzialmente esplosive. Ci riferiamo alla preoccupante minaccia della Corea del Nord, che è un regime fanatico totalmente fuori controllo, all'incognita del radicalismo religioso dell'Iran, alle ambizioni espansionistiche della Cina che preme sull'integrità territoriale dei paesi vicini, alla rivalità sempre più ostile fra l'India, che è una grande potenza economica e militare emergente, e la Cina che vorrebbe contrastarla. Paradossalmente l'organizzazione multilaterale più grande e importante è l'alleanza militare della NATO (North Atlantic Treaty Organization) che costituisce con i suoi numerosi paesi membri, fra i quali le più forti potenze mondiali, un'eccellenza senza pari, in grado di mantenere con la propria deterrenza la pace più duratura e intervenire nei conflitti per porvi fine e determinarne l'esito. Quindi bisogna riconoscere che la NATO ha un immenso potere, ma soprattutto ha la capacità di riunire un gran numero di paesi che collaborano per il mantenimento della stabilità, e per stringere rapporti internazionali approfonditi e di mutua cooperazione. Non sorprende dunque che la propaganda russa abbia preso di mira la NATO con una campagna diffamatoria senza precedenti, e arrivando a sostenere addirittura che la responsabilità della guerra in Ucraina sia imputabile unicamente all'Occidente e al Patto Atlantico. Critiche pretestuose alla NATO provengono anche dalla Cina che l'accusa di destabilizzare il mondo, mentre le rivendicazioni territoriali di Pechino sono in realtà causa di un conflitto decisamente più concreto in Asia. La Russia e la Cina attaccano la NATO perché la temono, e sanno benissimo che finché esisterà i loro progetti egemonici saranno irrealizzabili, ed è questa motivazione che infine ci spiega come uscire fuori dalla crisi del multilateralismo. Finché esisteranno regimi autoritari che vogliono imporre il loro dominio, non ci sarà alcuna possibilità di stabilire rapporti paritari fra le nazioni, ed è quindi interesse dei paesi democratici coalizzarsi per favorire lo smantellamento di ogni forma di dittatura.