sabato 19 agosto 2023

Il Giappone suona i tamburi di guerra

Articolo pubblicato dalla rivista "Panorama Difesa". Cfr. Cristiano Martorella, Il Giappone suona i tamburi di guerra, in "Panorama Difesa", n. 326, anno XXXII, gennaio 2014, pp. 70-75. 




Il Giappone suona i tamburi di guerra 

Le dichiarazioni dei leader politici e l'impressionante riarmo del paese del Sol Levante stanno rapidamente cambiando gli assetti e gli equilibri in Estremo Oriente. Il premier Shinzo Abe afferma che la nazione è pronta a combattere, dimostrando una determinazione che spaventa nemici e alleati. 

di Cristiano Martorella  


 

In una intervista al Wall Street Journal del 25 ottobre 2013, tanto significativa da lasciare il segno, il premier Shinzo Abe ha espresso l'intenzione del suo governo di affermare la propria leadership in maniera più assertiva. Il Giappone vorrebbe proporsi come garante della sicurezza in Asia e nel Pacifico ricorrendo a una revisione legislativa dell'impiego delle forze di autodifesa e in un maggior impegno e collaborazione con gli alleati. Fra gli obiettivi dei provvedimenti del governo giapponese vi è l'espansione del perimetro di potenziale operatività delle forze di autodifesa per consentire una cosiddetta "difesa collettiva" in aiuto alle forze armate amiche. I limiti imposti dalla legislazione sarebbero superati agevolmente, permettendo l'intervento anche in quei casi finora proibiti. Invece rimarrebbe ancora preclusa la possibilità di cambiare la Costituzione. La riforma dell'Articolo 9 della Costituzione, che priva il Giappone del diritto di belligeranza e della possibilità di dichiarare guerra per primo, rimarrebbe un traguardo ideale ma irraggiungibile. Infatti i cambiamenti costituzionali richiederebbero i 2/3 dei voti del Parlamento, perciò mancherebbero i voti di parte dell'opposizione, ma perfino di partiti della maggioranza come il New Komeito orientati su posizioni pacifiste. Tuttavia ciò non sembra un ostacolo all'impegno nipponico per la sicurezza che può essere svolto anche con normali provvedimenti legislativi. 

Shinzo Abe ha detto che "ci si attende dal Giappone una leadership non solo sul fronte economico, ma anche nel campo della sicurezza nell'area asiatica". Soprattutto il Giappone dovrebbe opporsi ai piani della Cina che vorrebbe sovvertire l'attuale ordine e geografia con l'uso della forza. Le intenzioni presunte della Repubblica Popolare Cinese si deducono dalle dichiarazioni e dalle azioni aggressive che in questi anni hanno assunto dimensioni preoccupanti. 

Nel suo discorso al XVIII Congresso del Partito Comunista Cinese, l'8 novembre 2012, il segretario Hu Jintao affermò che la potenza militare della Cina doveva diventare egemone e controllare l'intero Mar Cinese. Fu un segnale di una offensiva politica e militare che allarmò i paesi limitrofi. Il cambiamento della dirigenza cinese non ha migliorato la situazione, anzi sembra aver esasperato le tensioni, e il presidente Xi Jinping  e il premier Li Keqiang non hanno dimostrato nessuna apertura e concessione. La Cina ha numerosi contenziosi territoriali che spesso risolve con l'occupazione militare, come nel caso del Tibet invaso nel 1951, oppure con dispute sfociate in guerre come lo scontro con l'India nel 1962 per le regioni di Ladakh e dell'Arunachal Pradesh. La Repubblica Popolare Cinese ha dimostrato di non temere nessun avversario, e nel 1969 sfidò perfino l'Unione Sovietica in un breve conflitto che coinvolse i territori contesi presso i fiumi Amur e Ussuri. 


La disputa per le isole  

La Cina rivendica la sovranità di molte isole nei mari dell'Estremo Oriente. Le più importanti sono le isole Spratly, Pratas, Paracel, Scarborough, Ieodo e Senkaku, senza dimenticare l'isola di Taiwan che è uno stato indipendente dal 1949,  ma viene ritenuta ancora una provincia ribelle da assoggettare. Anche se la maggioranza di queste isole sono minuscole e spesso quasi inabitabili, hanno comunque un'importanza geostrategica notevole permettendo di controllare le rotte e la navigazione in zone cruciali. 

Lo scontro per queste isole si è infiammato con la disputa per le Senkaku, quando il 15 agosto 2012 alcuni attivisti cinesi erano sbarcati a Uotsuri, la più grande delle isole Senkaku controllate dai giapponesi. I manifestanti furono arrestati dalla polizia e rimpatriati senza alcun danno o incidente. Tuttavia il governo del democratico Yoshihiko Noda, a capo di una coalizione di centrosinistra, gestì maldestramente la situazione. Per evitarne l'acquisto da parte dell'ultranazionalista Shintaro Ishihara (celebre scrittore amico di Yukio Mishima e governatore di Tokyo per molti anni), il governo comprò, l'11 settembre 2012, tre delle cinque isole dalla famiglia Kurihara, legittima proprietaria dei territori contesi. Ciò scatenò le ire dei cinesi. L'operazione fu considerata in Cina come una nazionalizzazione delle isole, provocando violente proteste e manifestazioni antinipponiche, con gravi devastazioni e atti di vandalismo contro le proprietà e le aziende giapponesi. La reazione fu sproporzionata e aggravata da un nazionalismo parossistico spesso sfruttato anche dalla classe politica per consolidare il consenso nei confronti del governo. 

Dal punto di vista storico, nessuno può reclamare con certezza il possesso delle Senkaku che nell'antichità sono state sempre disabitate e marginali. Le isole distano 160 km da Ishigaki che fa parte delle Sakishima (anche dette Yaeyama) del più grande arcipelago delle Ryukyu. Le Senkaku divennero un territorio sfruttato economicamente soltanto dopo l'occupazione giapponese di Taiwan nel 1895. Una azienda vi installò una fabbrica per la lavorazione del pesce dal 1900 al 1940, poi ritornarono disabitate. Formalmente e dal punto di vista legale, le isole Senkaku passarono sotto l'amministrazione giapponese, insieme alle isole Ryukyu, il 15 maggio 1972, con la consegna da parte degli Stati Uniti che le controllavano dal 1945.  

Considerando la posizione geografica, le isole Senkaku (chiamate Diaoyu dai cinesi) dovrebbero essere sottoposte a una gestione condivisa fra Giappone, Taiwan e Repubblica Popolare Cinese, ma la rigidità delle reciproche posizioni ha provocato la rottura di ogni accordo, arrivando a un aspro e violento scontro. 

Gli osservatori più equilibrati e onesti ritengono che alcune isole minuscole e disabitate nel Mar Cinese non possano essere attribuite alla sovranità di una nazione in particolare, ma dovrebbero essere gestite congiuntamente anche attraverso la mediazione della Asean (Association of South-East Asian Nations). Purtroppo si sta affrontando la questione con un pericoloso confronto fra nazioni che ricorda la rivalità bellicosa fra le potenze imperiali del XIX secolo, riportandoci indietro nel tempo a ritroso per centinaia di anni. 

La tensione si è ulteriormente aggravata con l'estensione dello spazio di difesa aerea unilateralmente decisa dalla Cina, e annunciata il 23 novembre 2013 con un minaccioso comunicato che avvertiva del rischio di abbattimento per i velivoli trasgressori. Lo spazio aereo cinese si sovrappone adesso a quelli di Corea del Sud, Giappone e altri paesi della regione.         

  

La preparazione militare del Giappone 

La Cina è senza dubbio un gigante economico e una potenza militare ragguardevole, tuttavia il Giappone non può essere sottovalutato, anzi ha molti punti a suo favore. Il Giappone è comunque la terza potenza economia mondiale, e può vantare un'industria tecnologicamente avanzata e all'avanguardia, capace di competere nei settori più innovativi. La Cina, invece, è ancora dipendente dal trasferimento di tecnologie russe (ex sovietiche), e nonostante stia decisamente superando questo limite, subisce un ritardo significativo. I governi cinesi hanno investito enormi risorse nella ricerca scientifica e tecnologica, ma le difficoltà hanno origine anche nelle strutture burocratiche e politiche. 

Le forze armate e il loro impiego, in questi due paesi, risentono quindi dell'influsso delle condizioni socio-economiche, politiche e culturali, senza trascurare anche quel fattore morale e psicologico altamente considerato da Karl von Clausewitz. 

Il Giappone ha deciso di svoltare a favore di un consistente riarmo con la vittoria del centrodestra alle elezioni del 16 dicembre 2012. Il capo del Partito Liberaldemocratico (Jiyuminshuto), Shinzo Abe, aveva interpretato il ruolo del leader capace di risvegliare l'orgoglio della nazione e in grado di suscitare rispetto e ammirazione per le forze di autodifesa. Per indicare questa svolta, Abe ha usato più volte l'argomento della modifica della Costituzione, spesso con fini puramente propagandistici considerando anche l'influenza del Partito della Restaurazione (Ishin no kai) di Toru Hashimoto e Shintaro Ishihara. 

Il nazionalismo giapponese ha registrato così  un revival, spesso amplificato dalla stampa internazionale che paventava un ritorno al passato militarista e autoritario, esprimendo un timore forse esagerato. Infatti le posizioni più estreme degli ultranazionalisti sono condivise soltanto da una minoranza esigua, e trovano sempre l'opposizione e la critica della maggioranza dei moderati. 

Comunque, nonostante le critiche, il governo giapponese ha provveduto a un potenziamento dell'apparato militare consolidando i programmi e garantendo le risorse. Shinzo Abe annunciò, nel gennaio 2013, la decisione di aumentare il budget della Difesa di 100 miliardi di yen, ovvero del 2% su una spesa complessiva di 4700 miliardi di yen (equivalenti in quel momento a 41 miliardi di euro). Questo aumento, pur non essendo enorme, è comunque il più importante e consistente nell'ultima decade, e indica una tendenza verso il riarmo intrapresa con decisione. Inoltre, il Giappone si situa così intorno al sesto posto circa per le spese militari con un dato rilevante che non può essere ignorato. 

La qualità degli armamenti del paese del Sol Levante risulta eccellente per molti aspetti, e sta conoscendo un significativo ammodernamento. La forza di autodifesa aerea (JASDF, in giapponese Koku jieitai) sarà dotata a breve del cacciabombardiere stealth Lockheed Martin F-35 Lightning II, il più avanzato velivolo di quinta generazione attualmente disponibile. Intanto, pur nella consueta e tradizionale riservatezza nipponica, procede il programma di un intercettore per la superiorità aerea prodotto localmente. Il nuovo aereo dovrebbe essere denominato F-3, e sarebbe costruito da Mitsubishi con la collaborazione di Ishikawajima Harima per la fornitura dei propulsori. Un dimostratore tecnologico, il Mitsubishi ATD-X Shinshin, è stato costruito per valutare la fattibilità del progetto. 

La Forza di Autodifesa Terrestre (JGSDF, in giapponese Rikujo jieitai) sta adottando nuovi mezzi che ne miglioreranno notevolmente le capacità di impiego. Il carro armato Type 10 (in giapponese Hitomaru shiki sensha) è già entrato in servizio nel gennaio 2012, e altri esemplari sono in fase di acquisizione. Il potente mezzo è dotato di un formidabile cannone L44 da 120 mm prodotto da Japan Steel Works Ltd., e può vantare le migliori capacità C4I (command, control, communications, computers and intelligence) grazie all'avanzatissima tecnologia elettronica. 

Un altro veicolo in fase di sviluppo è il 105 mm MCV (Maneuver Combat Vehicle), in giapponese Kidosentosha, un blindato 8x8 molto simile all'italiano Centauro. Le caratteristiche del veicolo consentono grande mobilità e facilità di trasporto con la possibilità di essere caricato anche su un aereo cargo Kawasaki C-2. 

La Marina giapponese, ovvero la Forza di Autodifesa Marittima (JMSDF, in giapponese Kaijo jieitai), è fra le più consistenti e attrezzate al mondo, con circa 50 grandi unità da combattimento, fra cui 38 DD (caccia di squadra) e DE (caccia di scorta o fregate), 8 DDG (grossi caccia lanciamissili), 2 DDH (caccia portaeromobili) e 3 LST (navi anfibie). Le unità più importanti sono i 6 cacciatorpediniere dotati di sistema AEGIS, derivati dagli Arleigh Burke della US Navy. Queste navi appartengono a due classi, la prima composta da DDG-173 Kongo, DDG-174 Kirishima, DDG-175 Myoko, DDG-176 Chokai, e la seconda da DDG-177 Atago e DDG-178 Ashigara. I cacciatorpediniere della classe Atago sono stati migliorati e ingranditi fino a 170 m di lunghezza, con un dislocamento superiore alle 10.000 t. L'arma principale è il missile Raytheon RIM-161 Standard SM-3 specializzato contro i missili balistici. Anche i cacciatorpediniere più piccoli possono vantare elettronica avanzatissima e armamenti temibili, come la classe Akizuki e Takanami dotate dei missili antiaereo e contro i missili antinave Raytheon RIM-162 Evolved Sea Sparrow. Recentemente è stata varata anche la DDH-183 Izumo, la prima di due unità portaeromobili da 27.000 t a pieno carico e lunga 248 m, che segna un ulteriore salto di qualità.    

    

Lo scenario futuro 

Un fenomeno che dovrebbe essere considerato attentamente, è il modo in cui sta cambiando la percezione nell'opinione pubblica della questione del riarmo del Giappone che ormai è avvertito come un'esigenza improcrastinabile. Anche nella cultura popolare giapponese, le forze armate stanno riscoprendo una rivalutazione e un apprezzamento considerevole, come dimostra la recente serie d'animazione intitolata Arpeggio of Blue Steel (Aoki Hagane no Arupejio), una storia fantascientifica che esalta il ruolo e l'importanza dei militari in un contesto di minacce di invasione. 

La sicurezza non può essere ritenuta semplicemente come un argomento di propaganda da usare in campagna elettorale, ma ha bisogno di una prospettiva certa  e di risposte concrete. Nel prossimo futuro le forze armate giapponesi, si chiamino ancora Forze di Autodifesa oppure Esercito Nazionale, saranno sicuramente rafforzate e ammodernate. Indipendentemente dallo schieramento politico al governo, diverranno un simbolo riconoscibile dell'affermazione del paese del Sol Levante nel XXI secolo, e ciò comporterà anche una più forte responsabilità nei confronti della comunità internazionale. Ciò che le autorità politiche cinesi sembrano non aver compreso, è come il loro atteggiamento intransigente e aggressivo stia accelerando il processo di riorganizzazione e riarmo delle forze armate giapponesi. Si ritiene di poter terrorizzare e scoraggiare i propri avversari semplicemente minacciando la guerra, tuttavia non si capisce che il popolo giapponese possiede virtù guerriere e capacità di abnegazione che sarebbe meglio non mettere alla prova. Il teorico dell'arte della guerra Sunzi (meglio noto come Sun Tzu) scriveva che chi non conosce il proprio avversario è destinato alla sconfitta. Evidentemente questo è un caso nel quale si applica alla perfezione la celebre massima del saggio orientale. 

Alcuni analisti escludono la possibilità che uno scontro fra Cina e Giappone possa tramutarsi in una guerra di ampie dimensioni, e ricordano correttamente che un simile conflitto sarebbe irrazionale perché avrebbe conseguenze drammaticamente dannose per le attività commerciali della Cina che vedrebbe le rotte marittime bloccate. Purtroppo i sociologi, come Vilfredo Pareto, hanno spiegato che i comportamenti umani sono raramente guidati dalla razionalità, e spesso si giustificano istinti e sentimenti con false argomentazioni logiche. I cinesi hanno costruito un'immagine del proprio paese come una superpotenza in crescita inarrestabile e invincibile, dotata di una forza militare superiore agli avversari, e credono di poter imporre senza intralci l'egemonia sull'intero globo. Purtroppo il Giappone è un ostacolo temibile per le loro ambizioni, e il "sogno cinese" potrebbe essere bruscamente interrotto.