giovedì 17 agosto 2023

Critiche e interpretazioni della A2/AD

Articolo pubblicato dalla rivista "Panorama Difesa". 

Cfr. Cristiano Martorella, Critiche e interpretazioni della A2/AD, in "Panorama Difesa", n. 394, anno XXXVIII, marzo 2020, pp. 50-61.   




Critiche e interpretazioni della A2/AD 

Il dibattito sulle "bolle difensive" è sempre più acceso, ed emergono opinioni diverse e contrastanti che richiedono una riflessione approfondita e ponderata per consentire un'autentica comprensione della questione.  

di Cristiano Martorella 


Con l'acronimo A2/AD (abbreviazione di Anti-Access/Area Denial) si indica un insieme di difese in grado di precludere un'area e impedirne l'accesso. L'uso di questo termine è divenuto molto frequente per riferirsi alle "bolle difensive" create con le proprie batterie missilistiche dalla Cina e dalla Russia, e considerate capaci di ostacolare o rendere vane le operazioni militari degli Stati Uniti e della NATO in prossimità delle aree protette. In particolare, l'A2/AD cinese è diventata quasi un'ossessione degli analisti, tanto da avere determinanti risvolti strategici, decisamente molto importanti e recenti. Infatti, alcuni analisti ritengono che la decisione del ritiro degli Stati Uniti (2 agosto 2019) dal Trattato INF (Intermediate-range Nuclear Forces Treaty), che regolava il possesso dei missili balistici a raggio intermedio e medio, sia stata dettata dalla necessità di contrastare la Cina, che non aderendo a nessun trattato ha incrementato a dismisura questo tipo di armi. Si capisce quindi che la questione ha immediate e vaste ripercussioni a livello planetario, e non riguarda soltanto qualche lontano atollo speduto nel Mar Cinese Meridionale come potrebbe apparire superficialmente. Le conseguenze sono intuibili e facilmente comprensibili: la fine del Trattato INF espone l'Europa alla minaccia dei missili balistici a raggio medio e intermedio che la Russia potrebbe schierare in grandi quantità al confine con i paesi europei, innescando una corsa al riarmo inaspettata e indesiderata. Si può parlare, in questo caso, di "effetto farfalla" riprendendo un'espressione usata in fisica e coniata dal matematico Edward Lorenz. Secondo la teoria del caos, piccole variazioni nelle condizioni iniziali producono grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema. Così Edward Lorenz semplificava il concetto affermando paradossalmente che il battito delle ali di una farfalla in Brasile può scatenare un tornado in Texas. Nel nostro caso ciò che accade ai confini cinesi ci riguarda direttamente perché può influenzare la politica della difesa dei nostri paesi, ed è perciò decisivo ribadire che la grande attenzione degli analisti nei confronti della A2/AD cinese è del tutto giustificata, anzi è assolutamente indispensabile per la comprensione degli eventi mondiali. 


Le critiche alla A2/AD

Una parte importante della A2/AD di Pechino comincia nel Mar Cinese Meridionale, dove sono state costruite isole artificiali e avamposti militari, i più rilevanti sulle isole Spratly e Paracel. Significativa è soprattutto l'attività sugli isolotti Mischief Reef, Fiery Cross Reef e Subi Reef, dove sono state costruite piste per aerei e attracchi per le navi, e sono state installate batterie missilistiche antiaeree e antimissile. In proposito l'ammiraglio Harry Harris, allora comandante della Flotta del Pacifico della US Navy, usò nel 2015 l'espressione "Great Wall of Sand" (La Grande Muraglia di Sabbia) per indicare l'eccezionalità di queste fortificazioni cinesi su isole artificiali. La natura di queste installazioni è però particolare, perché costruite su piccole isolette che sono la causa di un vasto contenzioso territoriale. Infatti la Repubblica Popolare Cinese rivendica circa il 90% del Mar Cinese Meridionale, secondo una decisione unilaterale presa nel 1947 da Chiang Kai-shek, e ripresa da Zhou Enlai nel 1949 in un documento detto Nine-Dash Line (Linea dei nove tratti) che traccia i confini pretesi. E tutto ciò avviene nonostante l'evidenza che mostra come questo tratto di mare si estenda fra altri paesi insulari che possono vantare diritti ben più fondati (ciò è facilmente verificabile attraverso la semplice consultazione di una cartina geografica). Così la Cina è in conflitto permanente per il possesso di queste isole con quasi tutti gli stati confinanti, ossia Filippine, Vietnam, Taiwan, Malaysia, Indonesia e Brunei. Si deve notare che non è nemmeno vero che vi sia un controllo unico cinese sulla zona, perché se la Cina occupa militarmente 9 atolli, il Vietnam occupa 6 isolette e 17 scogliere, le Filippine 7 isole e 3 scogliere, la Malaysia un'isola e 5 scogliere, e Taiwan un'isola e una scogliera. Perciò queste diatribe non sono affatto concluse, e sembrano destinate a esacerbarsi, perché anche se la Cina considera come proprie acque territoriali questo tratto di mare, tutti gli altri paesi le ritengono acque internazionali oppure di propria pertinenza, e regolarmente vi fanno transitare anche navi da guerra e vi organizzano esercitazioni militari. Anche l'US Navy è impegnata attivamente a ribadire la libertà di navigazione con periodiche crociere di navi da guerra nel Mar Cinese Meridionale, e altrettanto avviene per la JMSDF (Japan Maritime Self-Defense Force) che ha aumentato la sua presenza nella zona. Comunque, gli avamposti militari cinesi fanno parte di una strategia chiamata "collana di perle" che prevede la progressiva occupazione militare di una serie di isole per estendere la propria influenza in una regione, ed è quindi parte integrante della logica A2/AD. 

Per molto tempo si è valutata la difesa A2/AD realizzata dalla Cina come un efficace deterrente in grado di scoraggiare qualsiasi operazione militare avversaria, ma col passare degli anni sono emerse le molte debolezze e criticità di questa strategia, evidenziate anche dallo stallo sui contenziosi territoriali che non hanno avuto alcuna risoluzione nonostante l'assertività di Pechino. Gli analisti perciò hanno iniziato a dedicare approfondimenti sull'argomento che mettevano in risalto aspetti tralasciati, trascurati o sottovalutati. Fra i tanti critici della A2/AD cinese spicca per competenza e chiarezza l'analista giapponese Daisaku Sakaguchi, che è l'autore di numerose pubblicazioni dedicate a questo tema, ed è attualmente colonnello e professore presso l'Accademia Militare di Yokosuka (Boei Daigakko). Secondo Daisaku Sakaguchi, nella strategia di Pechino per l'avanzata sui mari (naikaika) è facile rintracciare alcuni punti deboli di natura geopolitica. Infatti, davanti alle coste della Repubblica Popolare Cinese vi è il mare aperto, e non esistono paesi rivieraschi che intendano offrire a Pechino le proprie basi militari, ed è impossibile dominare i mari attraverso il solo controllo delle coste. Per realizzare un simile obiettivo è invece necessario, oltre a vincere battaglie navali ed effettuare blocchi marittimi, imporre la propria volontà su tutti i territori dei paesi davanti alla Cina. Quindi, per compiere l'avanzata sui mari è assolutamente necessario assicurarsi una testa di ponte sulla riva opposta. Al momento sono gli americani ad aver realizzato questa avanzata sui mari, avendo il totale controllo dell'Oceano Pacifico grazie alle basi militari e al sostegno dei paesi alleati nella regione. La situazione è ben diversa per Pechino perché le acque che bagnano la Cina, ovvero il Mar Giallo, il Mar Cinese Orientale e il Mar Cinese Meridionale appartengono al mare aperto, e inoltre non possiede alleati e basi da utilizzare sulle rive opposte. Così la conquista dei mari per i cinesi diventa complicatissima e difficile da compiere. Seppure la Cina costruisse basi militari nel Mar Cinese Meridionale, come ha cominciato a fare, senza controllare i territori che si trovano sulle rive opposte non potrà mai sfruttarle pienamente perché troppo isolate ed esposte. Per impedire l'accesso al suo territorio, la Cina ha ideato una A2/AD con due linee di difesa teoriche composte dalle catene di isole che ha di fronte, ma finché non avrà nella sua disponibilità i territori che le sono davanti, tali linee avranno poco valore pratico, e il controllo dei mari risulterebbe impossibile se imperniato soltanto sugli snodi principali come immaginato con la cosiddetta strategia della "collana di perle". Queste sono le conslusioni di Daisaku Sakaguchi, che coincidono in gran parte con quanto sta accadendo nella realtà, e con il momento di difficoltà della Cina, che è anche alle prese con il crescente dinamismo militare del Giappone. 


L'interpretazione della A2/AD

Le isole meridionali del Giappone chiamate Nansei Shoto, e composte principalmente dall'arcipelago delle Ryukyu, rappresentano nella strategia militare la prima catena di isole che bloccano l'espansione della Cina. Nei piani di Pechino si auspica perciò una poderosa e ambiziosa occupazione di numerose isole dell'Oceano Pacifico per creare la cosiddetta "collana di perle" costituita da una serie di basi militari fortemente difese. Questo progetto costituisce l'asse portante della A2/AD, e rappresenta il punto cruciale della geopolitica e strategia cinese. A partire dal 2012 le autorità militari cinesi hanno cominciato a dichiarare esplicitamente la possibilità di occupare militarmente parte dell'arcipelago delle Ryukyu, con il pretesto del "regolamento di conti" per il possesso di cinque piccolissime isole, le Senkaku, che si troverebbero più vicine al continente, e perciò reclamate nonostante non siano mai state abitate da un cinese, e nemmeno vi siano fondamenti storici per rivendicarle. Questi contenziosi territoriali acquistano un significato soltanto alla luce della comprensione degli ambiziosi progetti militari di Pechino, che abbiamo già visto in dettaglio precedentemente. Paradossalmente la pressione militare sulle isole meridionali del Giappone ha provocato una reazione che ha condotto alla realizzazione di una A2/AD equivalente e speculare, ma con caratteristiche specifiche e particolari, tanto che i funzionari del Ministero della Difesa (Boeisho) la chiamano "l'interpretazione giapponese della A2/AD". La quantità di batterie di missili disposte su queste isole ci consente di parlare con cognizione di termini di una difesa anti-intrusione giapponese che merita di essere analizzata con maggiore precisione perché tutto ciò ha importanti implicazioni geopolitiche. 

In questo contesto sono innanzitutto determinanti le postazioni di sorveglianza e controllo, con un ruolo determinante per i radar. Infatti radar mobili sono già stati dispiegati dalla JGSDF (Japan Ground Self-Defense Force) nelle isole di Yonaguni, Miyako, Ishigaki e Iriomote. Inoltre, il 28 marzo 2016 è stata inaugurata una nuova fondamentale base militare a Yonaguni, l'isola più remota del Giappone posta a sud-ovest, dotata di una stazione radar permanente presidiata da un contingente di 160 soldati della Coastal Observation Unit (Enkaikanshitai) della JGSDF, comandata dal tenente colonnello Daigo Shiomitsu. Con questo potente radar si estendono di oltre 320 km le capacità di sorveglianza marittima e aerea. Ricordiamo che a Yonaguni si trovano postazioni radar anche nelle località di Kubura e Sonai. A queste installazioni si aggiungono gli impianti radar più grandi che si trovano nelle basi militari della JASDF (Japan Air Self-Defense Force) a Okinoerabu, Kume, Yozadake e Miyako. La base di Okinoerabu ospita un radar J/FPS-7 aggiornato con funzioni antibalistiche in grado di intercettare i missili balistici, mentre a Kume c'è un radar aereo J/FPS-4, e sulla più distante isola di Miyako si trova un altro radar J/FPS-7 con le stesse capacità antibalistiche, e infine a Yozadake sull'isola di Okinawa è installato un J/FPS-5C, fra i più moderni e potenti impianti radar, anch'esso dotato di funzioni per l'intercettazione dei missili balistici. Quindi il dispositivo di controllo radar impiegato nelle isole meridionali giapponesi è molto esteso e potente, ma anche decisamente aggiornato e raffinato, e costituisce un formidabile ostacolo che impedisce l'effetto sorpresa di un attacco, e inoltre rappresenta anche uno strumento fondamentale per coordinare una risposta efficace e un contrattacco determinante contro il nemico. Si noti che molti impianti radar sono posti su isole vicine, e ciò non significa che siano un inutile doppione, ma risponde all'esigenza di ridondanza in previsione di un possibile attacco, con la possibilità di avere più radar in funzione anche se qualcuno è stato colpito e distrutto.   

Con il Mid-Term Defense Program 2014-2018 si è provveduto a un consistente potenziamento delle difese A2/AD che possiamo vedere nei particolari, descrivendo i rafforzamenti esistenti, realizzati o in corso di completamento per ciascuna isola. Su Ishigaki, l'isola più vicina alle Senkaku e distante da esse solo 150 km, è stato pianificato un aumento delle truppe della JGSDF fino a 600 soldati, ma soprattutto è stato realizzato lo schieramento dei missili antinave Mitsubishi Type 12 SSM con una gittata di 200 km, e in grado quindi di inibire l'accesso alle navi nemiche in prossimità delle isole contese, e inoltre a essi si aggiungono anche le batterie dei missili terra-aria Mitsubishi Type 03 Chu-SAM in grado di abbattere aerei da combattimento supersonici e missili cruise. Sull'isola di Miyako sono installate altre batterie di missili Type 12 e Type 03, e truppe della JGSDF che arriveranno a un massimo di 800 soldati. Anche sull'isola di Amami Oshima le difese sono state rafforzate nello stesso modo, con missili antinave e antiaereo, e 550 soldati. Infine c'è la più grande delle isole Ryukyu, la ben nota Okinawa, dove si trova la base navale della JMSDF, adiacente alla US White Beach Naval Facility a Uruma, e l'aeroporto della base aerea di Naha. Per salvaguardare le strutture militari da un attacco missilistico a sorpresa l'isola è dotata di batterie di missile antibalistici PAC-3, ma a queste si aggiungono anche quelle dei missili antiaerei Type 03, utili per intercettare missili cruise e supersonici a quote più basse. In proposito ricordiamo che le batterie di PAC-3 sono state già disposte nelle isole di Ishigaki e Miyako, e nell'isola di Okinawa a Naha e Nanjo, ma essendo facilmente trasportabili via nave o aereo possono in poco tempo essere dispiegate in qualsiasi isola delle Ryukyu dotata di porto o aeroporto (in quest'ultimo caso sarebbero impiegati gli aerei cargo Kawasaki C-2 per il trasporto). 

La mobilità è appunto una delle caratteristiche fondamentale dell'interpretazione giappponese della A2/AD, perché riprende i principi esposti dalla dottrina del Dynamic Defense Plan ideata da Yosuke Isozaki, e sviluppo delle National Defense Program Guidelines del 2013. Già con le National Defense Program Guidelines del 2010 del governo di Naoto Kan si introduceva il concetto di Dynamic Defense Force (Doteki boei ryoku), ma è appunto con National Defense Program Guidelines del 2013, durante l'esecutivo di Shinzo Abe, che viene definito il concetto di Dynamic Joint Defense Force (Togo kido boei ryoku), versione estrema dell'idea di difesa mobile e interforze con l'impiego congiunto del potere aereo, navale e terrestre. Per raggiungere questi obiettivi le Forze di Autodifesa (Jieitai) hanno rivoluzionato i propri concetti operativi, e soprattutto hanno implementato nuovi armamenti innovativi. Innanzitutto si è provveduto alla realizzazione di un Transporter Erector Launcher (TEL) particolarmente agile e mobile, il Mitsubishi Omosowa, noto anche come Jusorin sharyo (autocarro pesante), ricavato dal carro recupero della JGSDF chiamato Jusorin kaishusha. Quest'ultimo è un veicolo ottenuto dalla collaborazione fra Mitsubishi e Kato Works, ed è derivato in particolare dal carro gru Kato Works KA-900 All Terrain Crane. L'Omosowa è lungo 11 m e largo 2,5 m, pesa 24,8 t, e può trasportare un carico di 15 t.  Ha una trazione integrale 8x8 che permette una eccezionale mobilità, potendo raggiungere una velocità massima di 100 km/h. Contemporaneamente si è realizzato anche il potenziamento dei missili antinave costieri e aerei, con il continuo miglioramento dei missili in dotazione. Attualmente si sta realizzando anche una nuova versione del già eccellente missile antinave costiero Type 12, chiamata Type 12 Kai (kai significa modificato) che dovrebbe vantare una gittata doppia, intorno a 300-400 km. Ciò è sorprendente se si pensa che il Type 12 è già un miglioramento del Type 88, ancora in servizio. Comunque, già ora la combinazione dei missili Type 12 e del TEL Omosawa è decisamente micidiale. Infatti, le capacità del Type 12 sono notevoli, potendo essere programmato per effettuare manovre complesse, in modo da consentire l'arrivo simultaneo sul bersaglio da diverse direzioni e con differenti profili d'attacco. Inoltre offre una maggiore flessibilità d'impiego, potendo adottare traiettorie programmate con numerosi way-point. Il sistema di guida include un sistema di navigazione inerziale (INS), un sistema di guida GPS, e un radar per la fase terminale del volo. Il sistema GPS interviene nella fase mid-course, migliorando la precisione e permettendo una esatta conoscenza della topografia del terreno. Così è possibile che il lanciatore resti protetto dietro un'altura, ricevendo le coordinate del bersaglio dal centro di comando e controllo. In tal modo il missile compie una serie di manovre fra le colline, prima di attaccare le navi nemiche. Perciò il lancio può avvenire anche a grande distanza dal mare, nell'interno del territorio. Il missile è in grado di volare a un'altezza di soli 5 metri dal suolo e dalla superficie del mare, riducendo drasticamente la sua visibilità. L'arma è collegata tramite network a diverse piattaforme che possono selezionare e cambiare gli obiettivi anche durante il volo. 

L'Omosowa può vantare, nonostante le grandi dimensioni, una straordinaria maneggevolezza e mobilità, ed è impiegato come lanciatore non soltanto per i missili antinave Type 12, ma anche per i missili superficie-aria Type 03 Chu-SAM. Quest'arma sta subendo un ulteriore sviluppo con la versione Kai che sembrerebbe dotata di capacità superlative, ancora in gran parte coperte dal segreto. La prima versione del  Chu-SAM è costituita da un missile a stadio singolo dotato di un razzo a propellente solido, pesante 570 kg, e lungo 4,9 metri con ha un diametro di 32 cm. La velocità massima raggiunge Mach 2,5, mentre il raggio d'azione è superiore ai 50 km, con un'altitudine massima di 10 km. La struttura è apparentemente semplice con impennaggi cruciformi, ma soprattutto ha il vantaggio di utilizzare un ugello orientabile con spinta vettoriale (thrust vectoring noozle) che permette al missile una grande manovrabilità. Questa eccellente maneggevolezza unita alla buona autonomia lo rendono un'arma assolutamente temibile, con caratteristiche che lo pongono al vertice della categoria. Fra le peculiarità migliori del Chu-SAM spicca il sistema di guida, e in particolare il sofisticato network per l'acquisizione dei bersagli. Il missile viene guidato dal radar dell'unità a terra nella prima fase di volo (mid-course), oppure può usare i dati ricevuti da altri canali, successivamente quando è in prossimità del bersaglio utilizza il proprio radar. L'intercettazione avviene garantendo le massime prestazioni, e infatti il sistema può seguire tracciando simultaneamente 100 bersagli, e colpirne 12 contemporaneamente. Queste caratteristiche sono esaltate dalla versione evoluta Chu-SAM Kai che oltre ad aggiungere nuovi sensori e migliorare il radar, valorizza e potenzia i data link e i collegamenti network. Il missile può quindi utilizzare un data link che permette la comunicazione con gli aerei radar Boeing E-767 AWACS e Northrop Grumman E2D Advanced Hawkeye, ma anche i cacciatorpediniere dotati di sistema Aegis, così in grado di guidare l'arma direttamente sul bersaglio. 

La mobilità delle batterie di missili Type 12 e Type 03 è garantita dal trasporto aereo fornito dal cargo Kawasaki C-2, un aereoplano che può caricare anche i lanciatori M902 dei missili Patriot PAC-3, e ha fra le sue migliori caratteristiche la possibilità di atterrare su piste particolarmente brevi. Infatti il C-2 ha la capacità di atterrare e decollare in brevissimo spazio: con un carico minimo di 26 t può utilizzare una pista di soltanto 500 metri. Ciò significa che l'aereo può raggiungere e rifornire anche le isole più piccole e remote del Giappone. 

Un'ultima osservazione riguarda le differenze morfologiche fra le isole del Mar Cinese Meridionale e quelle del Mar Cinese Orientale, dove si trovano gli arcipelaghi giapponesi delle Nansei Shoto. Ebbene, gli atolli del Mar Cinese Meridionale sono piccolissime e fragili strutture costituite da coralli, e quindi da materiale calcareo, mentre le isole Nansei Shoto sono molto grandi, create da eruzioni vulcaniche, e quindi costituite da materiali come granito e basalto, ma soprattutto sono di dimensioni notevoli ed essendo abitate da civili hanno strade, aeroporti e porti, ma anche una fitta vegetazione dove poter nascondere truppe e veicoli. Le dimensioni di queste isole sono importanti, perché le truppe giapponesi vi si possono nascondere molto più agevolmente, mentre gli atolli del Mar Cinese Meridionale hanno una larghezza di un paio di chilomentri circa, ed espongono totalmente qualsiasi struttura militare, armamento o gruppo di soldati. Anche gli interventi praticati dai cinesi non hanno cambiato la loro morfologia, perché si sono limitati a versare con le draghe la sabbia raccolta dai fondali, così da costituire un allungamento dell'atollo per ricavarne una pista per gli aerei e attracchi per le navi. Però questi lavori non possono essere considerati delle vere fortificazioni, e le strutture realizzate continuano a poggiare sui coralli e su un fondale sabbioso instabile. Non si può quindi pensare che in caso di bombardamento queste strutture possano offrire una qualche resistenza, anzi sono praticamente esposte alla distruzione. 


La strategia nucleare

Il controllo del Mar Cinese Meridionale è per Pechino una questione fondamentale perché è collegata direttamente con la strategia di deterrenza nucleare della nazione. Infatti il Mar Cinese Meridionale è considerato il "santurario dei sottomarini cinesi" perché tutti i battelli dotati di missili stazionano in questa zona di mare. I sottomarini lanciamissili balistici (SSBN) cinesi, diversamente dagli omologhi statunitensi, russi, britannici e francesi, non hanno la consuetudine di effettuare lunghe crociere oceaniche, e ciò rappresenta una stranezza peculiare di un'impostazione sui generis della Marina cinese. Secondo Pechino è preferibile mantenere i sottomarini nella zona A2/AD, protetti dal dispositivo di difesa garantito dalle batterie missilistiche e dall'aeronautica, e addirittura vengono impiegate perfino le portaerei per fornirvi protezione (un altro insolito e innaturale impiego perché normalmente sono i sottomarini d'attacco a proteggere le portaerei e non viceversa). Ciò avviene perché i sottomarini cinesi sono decisamente di qualità inferiore rispetto a quelli occidentali e russi, e spesso sono più rumorosi, rischiando seriamente di essere localizzati dal dispositivo aeronavale avversario (così come è avvenuto più volte a opera della JMSDF). D'altronde ciò rende i sottomarini lanciamissili cinesi più vulnerabili, perché disposti in una zona di mare precisa e circoscritta, e quindi più facilmente rintracciabili. Si consideri anche che il Mar Cinese Meridionale è caratterizzato da bassi fondali che non offrono un adeguato rifugio ai grossi battelli. Un altro punto cruciale riguarda la gestione delle testate nucleari, che non sono mai impiegate operativamente, ma sono invece immagazzinate sotto il controllo diretto della Commissione Militare Centrale, che le distribuirebbe ai reparti destinati solo in caso di un allarme nucleare. Questa impostazione riflette la necessità di mantenere un controllo politico molto stretto sulle armi nucleari, tuttavia ciò rende il potenziale deterrente nucleare altamente vulnerabile nei confronti di un possibile "first strike" per disarmare l'avversario. Inoltre evidenzia la totale sfiducia che c'è nei confronti dei militari da parte del Partito Comunista Cinese (PCC), e non potrebbe essere altrimenti considerando le numerose epurazioni volute dal presidente Xi Jinping per eliminare i propri avversari politici e militari. Lo sontro fra il presidente cinese e i suoi militari è tuttora molto forte, e l'incarcerazione di molti generali, fra cui ricordiamo i casi clamorosi di Xu Caihou e Guo Boxiong, ha esasperato la situazione già molto tesa. Il timore di un possibile colpo di stato, con la decapitazione dei vertici del partito attraverso un attacco nucleare a sorpresa alla capitale, è molto sentito, e viene ritenuto altamente probabile. In realtà, il governo di Pechino teme più una rivolta interna piuttosto che un attacco straniero dall'esterno, e ciò spiega molti comportamenti apparentemente insoliti. 


Le implicazioni politiche 

Il concetto di A2/AD è direttamente collegato a una concezione del mondo, e quindi ha importanti implicazioni politiche, e perfino filosofiche, come vedremo oltre. La A2/AD si ricollega infatti a una concezione politica che ritiene i confini come rigidamente segnati e determinati, e dunque fondamentali per l'identità dello stato, e questa tendenza si inserisce pienamente nelle definizioni del sovranismo, che vale la pena di analizzare in dettaglio. Il sovranismo è una corrente di pensiero politico che si differenzia dal concetto già esistente di nazionalismo perché nasce in contrapposizione all'idea di globalizzazione, e propone insieme a una più forte sovranità dello stato, anche l'opposizione alla libera circolazione delle merci, una maggiore considerazione di una produzione legata al proprio territorio, il contrasto al fenomeno della delocalizzazione delle fabbriche, e la convinzione della necessità di difendere i confini anche contro fenomeni sociali come le migrazioni. Si può notare che il nazionalismo, nato a cavallo dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, aveva caratteristiche ben diverse perché nato in un contesto differente, e così coesisteva un nazionalismo insieme a una grande libertà di circolazione delle merci, essendo le grandi nazioni anche imperi coloniali fondati sul mercantilismo. Questo contesto non esiste più, e il sovranismo è essenzialmente una concezione che si oppone alla globalizzazione, alla libertà di circolazione di persone e merci, a un mondo concepito senza frontiere. Ciò che sembra fallita è dunque l'idea, nata negli anni '90, circa un mondo unito da un modello di pensiero unico, e descritto ampiamente all'epoca da illustri filosofi. Fra questi merita di essere citato Francis Fukuyama, politologo statunitense che scrisse il libro La fine della storia, in cui sosteneva l'avvento di un nuovo mondo dominato dal liberalismo e dal modello di vita occidentale. Ovviamente questa prospettiva entrò in crisi davanti ai gravi problemi degli USA, con l'erosione del loro potere politico ed economico, e lo scontro epocale con il terrorismo che si è manifestato dopo l'attentato dell'11 settembre 2001. La concezione di Francis Fukuyama si opponeva alle idee di un altro importante autore, Samuel Huntington, che aveva pubblicato il volume Lo scontro delle civiltà, nel quale sosteneva che il mondo fosse caratterizzato da sfere di influenza dominate da alcune grandi civiltà che vantavano una propria cultura, religione, forma politica e organizzazione sociale specifica. Anche le idee di Samuel Huntington si sono però rivelate nel tempo troppo semplicistiche perché la complessità delle società contemporanee è troppo elevata per essere ridotta a schemi tanto deterministici e rigidi. Per esempio, l'Islam non può essere inserito in una categoria unica perché esistono troppe correnti religiose (le principali sono sunniti e sciiti), e nemmeno può essere ridotto a una caricatura. Altrettanto si può dire delle grandi civiltà dell'Estremo Oriente, molto differenti fra loro, ciascuna con una propria storia, cultura, istituzioni, religioni e forme di governo. 

La difficoltà maggiore che emerge è la tendenza alla semplificazione, imputabile sia ad Huntington che a Fukuyama, che è poi diventata una perniciosa abitudine di molti politici. Ed è grave anche l'ingenuità che afferma l'idea che i problemi politici possano essere risolti dai militari attraverso un più potente apparato tecnologico, mentre nella realtà le questioni politiche vanno responsabilmente affrontate dai politici. Purtroppo la preoccupazione principale sembra essere l'ottenimento del consenso tramite una propaganda che semplifica la realtà in banali slogan. Per comprendere la complessità della realtà contemporanea servono invece strumenti intellettuali altrettanto complessi, ed è ciò che si richiede insieme a una maggiore serietà della politica.